LE LACRIME DI HUZEYFA SCAMPATO ALLE TORTURE: “BRACCATO ANCHE QUI, DEVO FUGGIRE ANCORA”
“TUTTA LA MIA VITA HO DORMITO CON LE SCARPE AI PIEDI, PRONTO A FUGGIRE, SPERAVO DI ESSERMI LASCIATO IL PASSATO ALLE SPALLE”
Piange Huzeyfa, lacrime che non vogliono fermarsi. Fuori dal centro di accoglienza profughi nel quale vive dal settembre 2013 sembra tornata la quiete, ma c’è il cordone dei blindati.
Lui, con gli altri maggiorenni rimasti nell’edificio, si trova in un gigantesco e freddo stanzone al quale i dipinti colorati alle pareti cercano inutilmente di dare un po’ di calore.
Quanti anni hai Huzeyfa, da dove vieni?
«Ho 21 anni, sono scappato dall’Etiopia ».
Cosa pensi di quello che sta succedendo nel quartiere?
«Non ci capisco niente. Perchè ce l’hanno con noi? Sono quattro notti che non dormo. Siamo terrorizzati. Mi chiedo cosa faranno se entrano… e cosa faremo noi…».
Perchè sei scappato dall’Etiopia?
«Perchè sono stato carcerato senza un processo, picchiato, torturato ».
Ma perchè ti hanno messo in prigione?
«Perchè faccio parte del popolo Oromo, 45 milioni del totale della popolazione, che è 75 milioni di persone. La nostra etnia è schiacciata dall’altra etnia dominante, gli Amhara. E’ per questo che si è formato l’Olf, l’Oromo liberation front, che chiede l’indipendenza della regione degli Oromi. Questo partito è vietato».
Tu facevi parte dell’Olf?
«No, ma a scuola io e altri studenti avevamo formato un gruppo per tenere viva e diffondere la cultura e la storia degli Oromo. Organizzavamo incontri, proiezioni e raccoglievamo fondi per finanziare l’Olf. La stessa cosa facevano altri comitati studenteschi. Una volta abbiamo raccolto 17mila dollari. Eravamo tutti riuniti. La polizia ha fatto irruzione e ci ha arrestato».
Cosa ti è successo?
«Mi hanno frustato con cavi elettrici, mi hanno percosso con bastoni sotto la pianta dei piedi, colpito con il calcio del fucile. Mi hanno portato in un grande carcere, Ganale. Ci sono rimasto per 22 giorni, poi sono fuggito attraverso un tunnel che altri avevano scavato nei giorni precedenti. Mentre scappavamo le guardie ci sparavano dietro» Huzeyfa si interrompe e piange. «Un mio amico è stato colpito, è caduto, mi è morto accanto».
Cosa hai fatto una volta fuggito?
«Non potevo tornare a Robe, la mia città . La polizia aveva già arrestato mio padre e mio fratello perchè io ero scappato, dovevo lasciare il paese. Mio zio mi ha accompagnato fino al confine con il Sudan, poi sono rimasto solo».
Come ti sei mosso?
«Ho dato 700 dollari ai trafficanti perchè mi portassero in Libia attraverso il Sahara. Qui ho lavorato quattro mesi come muratore e cuoco. Ho messo insieme 600 dollari per salire su un gommone e arrivare in Italia. Ma eravamo senza gps, la benzina è finita, siamo stati circondati dalle forze libiche che ci hanno riportato indietro. Sono stato in carcere due mesi a Tripoli, poi sono scappato con altre 300, 400 persone. I militari sparavano, noi correvamo. Mi hanno ripreso, sono scappato ancora. Stavolta sono riuscito a raggiungere Tripoli. Ho incontrato lo stesso scafista, che mi ha portato gratis: 64 persone in un gommone. Ci hanno salvato quelli di Mare Nostrum, ci hanno portato a Pozzallo. Da lì fino a qui, a Roma».
Come immagini il tuo futuro Huzeyfa?
«Non riesco ad immaginarlo… cerco ancora la mia strada».
Cecilia Gentile
(da “La Repubblica“)
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