LE MANI DEI GRILLINI SULLA CASSA
LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI E’ L’OBIETTIVO SULLE NOMINE DEI CINQUESTELLE… DA LI’ PASSANO I DOSSIER PIU’ CALDI, DA TIM A ILVA
È il salvadanaio degli italiani e allo stesso tempo il salvagente invocato dalla politica nelle crisi aziendali di peso. Ma non solo.
Perchè Cassa Depositi e prestiti è anche il crocevia di partite e poltrone importanti, come Ilva, Tim, Alitalia e Fincantieri.
Ecco perchè nel risiko delle nomine nelle società pubbliche, a cui ha dato il via ufficiale il Movimento 5 Stelle, la Cassa è il boccone più ghiotto. Insieme a Saipem, gioiello dell’industria petrolifera, i pentastellati puntano in alto.
Il post del candidato ministro dell’Economia M5S, Andrea Roventini, ha rotto il silenzio dei partiti sulle poltrone in scadenza: da aprile al 2019 ci sono da riassegnare 350 posti in 79 società controllate, direttamente o indirettamente, dal Tesoro.
Per Cdp i tempi sono strettissimi: i vertici scadono a maggio e anche se il Mef ha deciso di spostare l’assemblea a fine giugno, come anticipato dal Messaggero, è già tempo di nomi e strategie.
Una fonte M5S ha rivelato a Reuters che i 5 Stelle stanno pensando di azzerare gli attuali vertici: condizione ritenuta “imprescindibile” per un rilancio della Cassa.
C’è più di un elemento che rimanda alla volontà dei 5 Stelle di rivoluzionare Cdp e non solo in riferimento ai posti di comando.
Innanzitutto le parole di Roventini: quando parla di una Cassa che “non ha contributo come dovrebbe” allo “sviluppo industriale e tecnologico dell’Italia” pone come elemento deficitario la “mancanza di un chiaro indirizzo da parte del potere esecutivo”. In pratica come il governo deve guidare Cdp.
Elemento di un dibattito, già avviato da tempo, che vede contrapporsi sostanzialmente due fazioni: chi vede la Cassa come la vecchia Iri, quindi come un soggetto erogatore di risparmio postale, principalmente per la risoluzione di crisi, assoggettata ai partiti, e chi, come il management attuale, promuove e difende una visione privatistica, legata al solo obiettivo di investire nella competitività del Paese.
I 5 Stelle hanno un’idea ben chiara sulla mission della Cassa. Ancora Roventini per capire il disegno: “È una risorsa dell’Italia che può assumere il ruolo di banca di sviluppo per stimolare l’innovazione, lo sviluppo tecnologico e aiutare le nostre imprese sul mercato nazionale e su quelli esteri”.
Cdp, quindi, come banca di sviluppo, cioè orientata al finanziamento di progetti infrastrutturali e produttivi,che agisce finanziando gli enti locali e con l’aiuto di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.
Ora che il voto del 4 marzo ha dato la forza politica per incidere nella partita delle nomine, i 5 Stelle escono completamente allo scoperto e affinano una vision che era stata già tratteggiata negli anni addietro. Giugno 2015: l’allora presidente Franco Bassanini e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini vengono sostituiti da Costamagna e Gallia con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del loro mandato. Impronta renziana sul cambio al vertice e i 5 Stelle, con un post pubblicato sul blog di Grillo, denunciarono l’operazione.
“Il cambio al vertice – si legge nel post – sarebbe il preludio a un vero e proprio cambio di strategia e finalità operative di Cassa depositi e prestiti destinata, secondo l’intendimento del Governo, ad assumere sempre più i connotati di un investment bank”. Il rischio, secondo i pentastellati, era quello di “mettere a rischio” i risparmi degli italiani. I 5 Stelle criticavano sostanzialmente un’apertura, ritenuta “eccessiva”, al sistema bancario privato. In pratica una Cassa con la veste di banca d’investimento, con un ruolo più da intermediario finanziario, legato cioè a operazioni come aumenti di capitale, scalate e fusioni.
Sotto accusa finì Costamagna. “Cassa depositi e prestiti in mano a Goldman Sachs”, si legge in un altro post, firmato M5S Parlamento e datato 22 giugno 2015. I 5 Stelle puntarono il dito contro il passato di Costamagna in una delle più grandi banche d’affari del mondo, Goldman Sachs appunto, e sul fatto che sedeva nel cda di Luxottica e in quello di Salini-Impregilo, dove ricopriva il ruolo di presidente. Fu definito “l’uomo del destino che svenderà i nostri gioielli nazionali per un piatto di lenticchie”. Roventini, nel suo post, pur senza citare gli attuali vertici di Cdp, puntella la linea delle nuove nomine: “Massima trasparenza, evitando logiche politiche spartitorie che possano promuovere manager appartenenti a circoli di potere, che affondano le radici nella Prima e Seconda Repubblica”.
Rispetto al 2015, la critica dei 5 Stelle oggi è più spostata su Gallia. Costamagna, dal canto suo, non si scompone sull’ipotesi di una possibile uscita: “Noi siamo qui fino alla scadenza del nostro mandato, non sappiamo quello accadrà dopo: ho sempre detto che siamo sempre stati in prestito a questo mondo, veniamo tutti e due dal mondo privato, prima o poi ci ritorneremo, se questo sarà prima o dopo lo vedremo nelle prossime settimane o mesi”.
Allo stesso tempo, però, il presidente di Cdp proprio oggi ha illustrato la performance del gruppo.
Numeri da capogiro. Nel triennio 2015-2017, la Cassa depositi e prestiti ha mobilitato risorse pari a 92 miliardi di euro, in crescita del 17% rispetto ai 79 miliardi del triennio 2012-2014.
L’impatto del gruppo sull’economia italiana, nel 2017, è stato pari a 40 miliardi di euro, con un contributo sul Pil del 2,3%, mentre per quanto riguarda l’occupazione l’impegno di Cdp si è tradotto nel creare o mantenere 490mila posti di lavoro.
Basteranno questi numeri a evitare l’avvicendamento? Poltrone a parte, il punto su quanto sia cruciale e appetibile Cdp si evince anche dal ruolo che gioca nelle partite industriali di primissimo livello. Ilva: Cdp ha presentato un’offerta per rilevare l’acciaieria e Gallia ha ribadito che la Cassa è disponibile a prenderne una quota. Alitalia: la Cassa è pronta a essere il partner finanziario del nuovo proprietario. In Fincantieri, che nella cornice dell’accordo con Stx, è chiamata a giocare un ruolo da leader mondiale, Cdp gioca un ruolo di primissimo ordine: è l’azionista di maggioranza con il 71,6 per cento. Ancora, Tim.
C’è l’ipotesi di una quotazione in Borsa della rete con la Cassa azionista: Costamagna ha affermato che non c’è al momento “nessuna decisione”, ma allo stesso tempo ha confermato che ci sono stati dei contatti con il fondo Elliott, che sta provando a farsi spazio dentro Tim.
Nella partita delle tlc, Cdp, inoltre, ha una posizione forte perchè guida, insieme a Enel, Open Fiber, la società nata nel 2015 per realizzare l’installazione, la fornitura e l’esercizio di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica.
L’altro dossier che sta a cuore ai 5 Stelle è quello di Saipem, società che opera nel settore petrolifero e specializzata nella realizzazione di infrastrutture per la ricerca di giacimenti di idrocarburi, la perforazione e la messa in produzione di pozzi petroliferi, ma anche nella costruzione di oleodotti e gasdotti.
Partita che si intreccia con Cdp, che di Saipem è azionista con il 12,5 per cento e che dal distaccamento del gioiellino petrolifero da Eni ha guadagnato 700 milioni di euro a fronte di 900 milioni di investimento.
Anche la scadenza dei vertici di Saipem è vicina: 3 maggio. Il neo deputato M5S, Stefano Buffagni, rivendica su Facebook il peso dei 5 Stelle: “Il Movimento 5 Stelle – scrive – è la prima forza politica del paese: nessuno sogni di non tenerne conto, a partire da Saipem e Cdp perchè lo sviluppo del paese passa da questi nodi fondamentali”.
È anche tempo di altre poltrone eccellenti da confermare o ribaltare: ad aprile (ma probabilmente ci sarà una proroga in attesa del nuovo governo) toccherà all’Autorità di regolazione Energia, Reti e Ambiente.
Poi a giugno a Eur Spa, Rai e Sogei, la società informatica dello Stato che i 5 Stelle vogliono indirizzare verso la creazione della banca dati unica del fisco. A luglio cambio o conferma ai vertici del Gestore dei servizi energetici e poi a novembre toccherà all’Antitrust.
Tra le società controllate per via non diretta dal Tesoro il 2018 è un anno di direttivi in scadenza per sei società del gruppo Enel, ma anche per alcune società interne di Invitalia, Fs, Poste e Sogin. Nel 2019, infine, toccherà a Fincantieri e Snam. Orizzonte più lungo. Ora la partita più imminente e calda si chiama Cdp.
(da “Huffingtonpost”)
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