LE MINISTRE DI BERLUSCONI? NON PERVENUTE
CHE FINE HANNO FATTO? MENTRE IN ITALIA SI DISCUTE DI TEMI DI LORO PERTINENZA (LAVORO, GIOVANI, DONNE, TURISMO, EUROPA, AMBIENTE, SCUOLA), LE “BAMBINE CHE BISOGNA SVEZZARE E PROTEGGERE” SONO EVAPORATE… PER ESERCITARE UN RUOLO POLITICO BISOGNEREBBE ANCHE AVERE IDEE E SAPERLE DIFENDERLE
Che fine hanno fatto le ministre?
Le dame di Silvio Berlusconi (la definizione è sua: la usò chiamandole sul palco al primo e unico congresso del Pdl) sono titolari di dicasteri nell’occhio del ciclone della crisi: giovani, donne, turismo, relazioni europee, ambiente, scuola e università .
Ma le loro tracce si sono perse da settimane.
L’ultima apparizione di Mara Carfagna risale al celebrato matrimonio con Marco Mezzaroma. Di recente abbiamo appreso che i novelli sposi hanno scelto per le loro vacanze un discreto resort in Puglia: altre segnalazioni non risultano, nè è dato sapere cosa ne pensi la titolare delle Pari opportunità dell’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici, dell’eventuale applicazione del quoziente familiare all’eurotassa e di altre simili quisquilie.
Non pervenuta pure Giorgia Meloni: la sola apparizione segnalata nel suo blog è a “Cortina Incontra”, qualche giorno fa, per la presentazione del libro “Naufraghi con spettatori”.
Titolo evocativo, ma non si parlava del Titanic italiano.
Era una storia di droga scritta dalla compagna del paroliere Mogol.
Francamente avremmo preferito conoscere l’opinione della ministra sugli ultimi, catastrofici dati su disoccupazione giovanile e precariato, sugli incidenti in Gran Bretagna, sulla possibilità di un autunno caldo anche da noi, sulla radicale modifica della cultura del lavoro e delle garanzie sociali legata all’aggiramento dell’articolo 18. Mah.
«Sono bambine che bisogna svezzare e proteggere» disse a suo tempo, secondo la leggenda, il presidente del Consiglio riferendosi alle donne del suo governo.
E forse aveva ragione lui.
Per tutelare “le bambine” persino i settimanali di gossip, quest’anno, sono avari di notizie sulle ministre.
Appena un servizio su Chi della Gelmini con la figlia a Maratea e qualche sparsa segnalazione sulle presentazioni del suo libro di favole (Mondadori, of course) che Mariastella definisce «un quaderno speciale dove i bambini potranno lasciare il loro segno».
Vabbè: ma il pensionamento ritardato agli insegnanti? La buonuscita pagata dopo due anni anzichè dopo sei mesi? Giusto, sbagliato, oppure che?
Della Prestigiacomo sappiamo che sta a Panarea. Che si è arrabbiata per la cancellazione dei sistema di tracciabilità dei rifiuti che avrebbe dovuto partire il 1° settembre e che lo ha definito «un regalo alle ecomafie».
La questione è finita lì.
Non risulta che il ripristino del Sistri sia entrato nel tortuoso dibattito sulle modifiche alla manovra.
Perse le tracce anche della neo-nominata Anna Maria Bernini, che pure come ministro delle Politiche Comunitarie dovrebbe avere qualcosa da spiegarci dopo il summit Merkel-Sarkozy.
In affanno afasico Michela Brambilla. Davanti alla rivolta dell’intero settore turistico per la cancellazione dei ponti, si limita a farci sapere attraverso un’intervista al Corriere che «sta riflettendo».
Un anno dopo l’estate velenosa dello strappo con Fini e l’autunno caldo del Bunga Bunga, quando erano state le ragazze del Cavaliere a tenere la prima linea delle risse televisive e della difesa a lingua armata del premier, la componente rosa del governo appare improvvisamente sfiorita, oscurata, disinteressante.
Eclissata la Santanchè. Ammutolita la Ravetto. Sparita la Polidori.
Signore che a suo tempo valevano un apertura di pagina a ogni sospiro.
Pure l’Ape Regina Sabina Began ha dovuto affidarsi a una paparazzata con Italo Bocchino per riconquistare qualche titolo, lei che è stata la regina delle interviste e delle fotografie, ricercata più di Pippa Middleton e ascoltata più di Rita Levi Montalcini.
Il fatto è che per esercitare un ruolo politico, persino in Italia, persino nell’Italia berlusconiana, alla fine è necessario avere un’opinione e un po’di coraggio nell’esprimerla.
Non è un lavoro da bambine nè da damigelle di corte.
E non basta essere le più belle del reame per impararlo.
Flavia Perina
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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