LE PRIMARIE AVVELENATE DI PALERMO: BORSELLINO FAVORITA, OUTSIDER IN RIMONTA
FERRANDELLI E FARAONE DIVIDONO IL PD… MINACCE ALLA BORSELLINO: “RITA RISCHIA LA VITA”….DI PIETRO: “E’ ORA DI DARE UNA MANO A BERSANI”
“Sono quattro anni che ci penso e ora ci credo: io farò il sindaco di Palermo. È venuto il momento. Mi vede? Mi vede come sono carico, determinato, forte e già sicuro dei consensi che avrò? Scriva il mio nome: Fabrizio Ferrandelli”.
I 311 gazebo di Palermo aspettano ansiosi di ospitare la più cruenta lotta fratricida tra i piccoli ma inferociti ras del Partito democratico siciliano.
Si chiamano primarie, ma è una battaglia di sangue.
Col coltello tra le mani attendono di affettare il partito, ciascuno con la propria particina in scena e la propria piccola speranza da tutelare.
Le primarie, queste maledette, potrebbero dare al centrosinistra un esito da perfetto “cetriolo” che il bookmaker Antonio Di Pietro scruta nella riflessione telefonica con un finto Vendola, sparring partner in una trasmissione radiofonica burlona.
Il Pd – unito a Sel e all’Italia dei Valori – ha deciso di indicare Rita Borsellino a futuro sindaco della città .
Temporali in vista: “Paradossalmente in questo momento dobbiamo cercare di dare una mano al segretario del Pd, perchè lo stanno sfasciando in due. Se si rompe il Pd, boh, non so come andrà a finire. Vediamo cosa succede a Palermo… non vorrei che quello che è uscito da me vada a vincere e a noi che abbiamo appoggiato la Borsellino…”.
Fine della telefonata.
Nella straordinaria fauna dipietresca è infatti sbucato il giovane Ferrandelli, 31 anni, capogruppo al Comune, che ha disubbidito sia a Leoluca Orlando che al leader nazionale decidendo di avanzare in solitudine contro la signora simbolo dell’antimafia, figura illustre e mite di una città senza più riferimenti.
Ferrandelli viene parcheggiato fuori dal partito ma nonostante tutto ottiene l’appoggio di due big siciliani del Pd, Cracolici e Lumia, che insieme sostengono lui, essenza dell’antipolitica, e il governo Lombardo.
L’opposto allo stato puro.
Nella corsa si è aggiunto Davide Faraone, e fanno tre candidati.
Con Lombardo anch’egli ma contro Cracolici e contro soprattutto Borsellino e Bersani.
Intitola alla rottamazione del vecchio la sua calata in gioco. Fa riferimento al sindaco di Firenze Renzi, che infatti atterra a Palermo a onorare Davide, suo amico.
Trova in Giorgio Gori uno spin doctor d’eccezione, regista di una campagna elettorale che darà comunque frutti.
Quarto nome in lizza, quello di un’altra donna, la ginecologa Antonella Monastra, impegnata nelle periferie, testimone agguerrita della sinistra senza rappresentanza.
Quattro nomi per una poltrona.
Le cose semplici si sono complicate per strada e la vittoria della Borsellino, finora comunque favorita dal pronostico ufficiale, è divenuta più precaria, più esposta alle correnti velenose dei circoli politici che hanno consumato ogni credito con la città .
Veleno a cubetti, sparso sulle teste di ciascuno come cenere.
E presagi cattivi: una telefonata anonima, ricevuta ieri alla sede del Pd, annunciava l’imminente omicidio della candidata.
E sembra non sortire gli effetti benefici previsti la vicinanza di Leoluca Orlando, per tutti in città ancora “sinnacorlando”, che fa fatica a procedere al travaso della simpatia popolare di cui ancora gode in non modica quantità .
Palermo – già piena di sole – è assente e inerme.
“Persino il malgoverno è andato in tilt.
Finora si auto-rigenerava, in un disegno almeno coerente di conservazione del potere. Nemmeno questo è rimasto”, dice la sociologa Laura Azzolini.
Piegata dai debiti, circa 200 milioni di euro, e dal fuoco di una crisi sociale allarmante che in primavera strariperà nelle piazze quando 1800 lavoratori comunali precari chiederanno lo stipendio, Palermo si nasconde.
Assiste ma non partecipa alla gara per trovare un altro sindaco, dopo che il precedente, Diego Cammarata, ha scelto di togliere anzitempo le tende e fuggire via.
Il centrodestra ha dilapidato un capitale di voti colossale, lasciando agli avversari solo le mura del municipio, divenuto una fabbrica di nulla facenza, sbandata e senza speranza.
Palermo non investe più un euro nella manutenzione, nell’assistenza sociale, nella scuola. Spende i suoi soldi per pagare gli stipendi.
Per asili e scuole la spesa dal 2006 è caduta del 16 per cento: 132 euro procapite contro i 320 di Milano e i 290 di Torino.
Una città dalla quale pure gli autori del malgoverno sembrano dissolti, coperti da una cortina fumogena nell’attesa di tempi migliori.
Il Terzo polo, per dirne una, dovrebbe candidare un avvocato, ex campione di kick boxing, Vincenzo Costa.
Il suo programma è misericordioso: “Voglio liberare Palermo dal peccato e dai peccatori. Sono, come dire, un problem solver”.
Davanti a questo deserto il Pd si è diviso, frantumando le sue legioni e anche le speranze di chi, fino a ieri dall’altra parte, vorrebbe cambiare aria.
“Non si capisce ancora con chi si debba parlare – dice Carlo Vizzini, ex di Berlusconi – il partito è immobile, nell’attesa di vedere come andrà a finire con la Borsellino”.
La mite signora è ferma sul punto: “Non sono abituata a fare pronostici, ma sento la forza di un consenso vasto. Il mio programma è chiaro e soprattutto chiari sono gli amici e chiarissimi i nemici”.
Antonello Caporale
(da “La Repubblica”)
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