LE REGIONI, RATING IN PICCHIATA, SALVE LOMBARDIA E TOSCANA, IL PIEMONTE NEL GRUPPO CHE RISCHIA IL DEFAULT
LA BOCCIATURA NON RIGUARDA SOLO LO STATO: POCHE LE REGIONI VIRTUOSE, LA MAGGIORANZA DEGLI ENTI AFFONDA
Bocciato il Paese, bocciate quasi tutte le sue regioni: Moody’s ci va giù pesante con l’Italia, ma non è tenera nemmeno con le sue amministrazioni locali.
Dopo lo scossone assestato al nostro debito sovrano a metà luglio (fatto scivolare di due gradini in un solo colpo, dalla classe A3 a Baa2), l’agenzia di rating è rapidamente approdata
all’esame delle giunte regionali, passandone al setaccio bilanci e decisioni.
Ne è uscito, anche in questo caso, un quadro poco lusinghiero: da Torino a Palermo il giudizio cambia di poco.
Il Paese, secondo Moody’s, si sta omogeneamente incartando.
Quasi tutti i «voti» assegnati dalla sempre più discussa agenzia di rating (dal governatore Draghi al premier Monti sono piovute critiche e dubbi sui suoi giudizi) rispecchiano la media nazionale, le eccellenze si contano sulle dita di una mano.
Le sorprese però non mancano: Moody’s non ha mai creduto al default della Sicilia, vede più a rischio, semmai, l’insospettabile Piemonte.
Volendo semplificare, l’agenzia divide l’Italia in tre fasce: gli enti cui assegnare un voto superiore a quello «medio» del Paese, quelli che stanno sullo stesso piano dell’Italia e le amministrazioni da mandare dietro alla lavagna.
Fra le prime della classe, aggrappate all’A3, ci sono le province di Trento e Bolzano e, uniche fra le regioni certificate, la Toscana e le Marche.
Si salva la Lombardia, cui Moody’s assegna il voto Baa1 (ridotto rispetto al precedente A2), grazie al sistema entrate/uscite sotto controllo e al fatto che la Regione genera il 20 per cento del Pil nazionale.
Anche per questo gruppetto di testa, comunque, l’outlook, le previsioni per il futuro, sono negative.
PARADOSSO SICILIA
Molto affollata la classe «media», quella in linea con l’affidabilità e i rischi riconosciuti al sistema Italia.
Nella casella del Baa2 si trovano infatti la maggioranza delle regioni italiane: dalla Basilicata alla Sardegna, dal Veneto (declassato) alla Puglia.
Ciò che sorprende è la presenza della Sicilia, regione che è stata considerata a rischio default, ma che Moody’s non vede poi così male.
«Il debito cresce, ma non è a livello preoccupante» assicurano i suoi tecnici, convinti che la condizione di autonomia e il miglioramento del bilancio sanitario salvino, in fondo, le prospettive finali.
Un giudizio con il quale non concorda la Cgia di Mestre: nell’isola, fa notare, i costi della politica e quelli per l’acquisto di beni e servizi sono doppi rispetto a quelli medi di tutte le regioni italiane. Più che tripli se si guarda al solo costo del personale.
PIEMONTE IN CODA
Qualche stupore arriva però anche dal fondo classifica.
D’accordo, le cose vanno male particolarmente al Sud: lo dice anche Moody’s che confina nel misero Baa3 la Calabria, la Campania e il Molise.
Piove sul bagnato, si potrebbe dire, visto che il Tesoro – «alla luce dei mancati obiettivi per i piani di rientro dei debiti sanitari» – ha appena confermato, per il 2012, la maggiorazione nelle tre regioni dello 0,15 per cento dell’Irap e del 0,30 dell’Irpef.
A far loro compagnia c’è l’Abruzzo, il Lazio (declassato dal precedente Baa2) e, a sorpresa, il Piemonte.
Torino e dintorni, sentenzia quindi Moody’s, presentano rischi maggiori a quelli della Sicilia: «il rapporto debito/Pil assicura – è cresciuto molto negli ultimi anni e le entrate sono in calo».
Pagelle che, criticabili o meno, esercitano comunque il loro potere su investitori e mercato. C’è chi sceglie di farne a meno: l’Emilia Romagna da quest’anno non si fa più certificare il rating.
Le Marche invece accettano i voti, ma un mese fa hanno deciso di dimezzare i giudici: fino allo scorso anno si erano avvalse sia di Moody’s che di Standard&Poor’s, ora hanno tagliato la prima, risparmiando 97 mila euro.
(da “La Repubblica”)
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