LEGGE ELETTORALE: RENZI E BERLUSCONI SONO IN UN PANTANO
ITALICUM, TUTTO ANCORA IN ALTO MARE… LA MINACCIA: “SE NON DECIDETE, ANDIAMO AVANTI DA SOLI”
“Interlocutorio”. Per non dire “andato male”.
L’incontro di ieri tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale non solo non è risolutivo, ma non lascia presagire nulla di buono sul futuro della riforma.
Due ore e mezzo di vertice a pranzo a Palazzo Chigi e un nulla di fatto. “Noi andiamo avanti comunque”.
Il messaggio che il premier consegna ai suoi la dice lunga sullo stallo della trattativa. Soprattutto dopo un silenzio da parte dei Dem andato avanti per tutto il pomeriggio, mentre fonti di Forza Italia accreditavano il fallimento del vertice.
Una minaccia credibile? Di certo necessaria, visto che il capo del Governo vuole portare a casa la riforma entro gennaio.
Per questo, l’incontro è stato più teso degli altri: Matteo sta mettendo pressione all’altro, per costringerlo a prendere una posizione definitiva. E lui resiste.
Da qui alla rottura, però, ce ne vuole: anche perchè nè l’uno nè l’altro se lo possono permettere.
Renzi è accompagnato dal vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini e dal Sottosegretario a Palazzo Chigi, Luca Lotti.
L’ex Cavaliere si presenta con Gianni Letta e Denis Verdini. Formazione classica di entrambe le squadre.
Anche se i renziani, fino all’ultimo momento, avevano sperato che Berlusconi lasciasse fuori Verdini, ora rinviato a giudizio.
Non esattamente il massimo per un premier riceverlo a Palazzo Chigi.
Anche se la linea ufficiale è quella data dallo stesso premier martedì sera a Ballarò: “È giusto fare le riforme con Berlusconi. Il fatto che Berlusconi sia stato condannato e Verdini rinviato a giudizio attiene alla loro vicenda personale, ma finchè ci sono italiani che li votano sono interlocutori per le riforme”.
Se non una difesa a spada tratta, di certo una rinnovata legittimazione.
Motivazioni politiche e modifiche tecniche si incrociano, con Renzi stretto da minoranza Pd e Berlusconi sulle preferenze e soglie di ingresso che mettono in crisi la maggioranza. Prima di vedere B. e i suoi, Renzi aveva incontrato i vertici dem.
Dal vertice mattutino, esce una piattaforma poco negoziabile: premio di maggioranza al partito che ottiene il 40%, ma se nessuno supera questa soglia, ballottaggio tra i due partiti più votati; 70% dei deputati eletti con preferenza in collegi plurinominali, 30% eletti in liste bloccate su base regionale con metodo interamente proporzionale.
Non più i capilista bloccati, di cui si era parlato fino all’altroieri.
“Un’ ipotesi da concordare con gli alleati” ammette la Boschi. Le preferenze sono invise a Berlusconi ma gradite a M5s, cose che permette a Renzi di giocare su due tavoli.
Proprio su questa questione, l’accordo si è arenato.
Speranza ha chiarito ieri mattina a Renzi che sulle liste bloccate (e senza preferenze) il Pd l’Aula non la regge.
E il premier si è presentato a Berlusconi tenendo fermo questo punto. Il leader di FI ha insistito per avere almeno il 50% di candidati bloccati.
Sul premio alla lista e non al partito il leader di FI è invece pronto a cedere, convinto che Renzi al 40% non ci arriverà più, e dunque si andrà al ballottaggio.
E questo cedimento sarebbe barattato con la soglia di ingresso portata al 5%: cosa che ucciderebbe i partitini e li costringerebbe alla coalizione.
Non a caso, Alfano non è d’accordo. E ha ottenuto per lunedì un vertice di maggioranza.
L’ex Cavaliere — che oggi riunisce i gruppi — ha preso tempo. Con Renzi dovrebbero rivedersi all’inizio della settimana prossima, anche se il premier vuole già oggi una risposta di massima.
E se il patto si dovesse arenare? “La legge elettorale si può approvare anche a maggioranza”, chiariscono i vertici Dem. Insomma, un aut aut.
Però, così va in crisi il patto del Nazareno. Vero perno su cui si sta reggendo il governo. Renzi e B. se lo possono permettere? Difficile crederci.
Ed è per questo che al Nazareno ostentano ottimismo: l’unico che potrebbe avere interesse a votare è Renzi, pure con il Consultellum.
Anche se non sarebbe un’ipotesi esaltante: per questo sta cercando di rassicurare B. che riforma elettorale non significa voto anticipato.
Lui si fida poco, i suoi si fidano meno. Si punta sul fatto che Napolitano non scioglierà le Camere e che se si riesce a prendere tempo sulla riforma, si chiude la finestra elettorale di primavera.
Peraltro Fi è abbastanza divisa da non avere ancora un nome sulla Consulta.
Sullo sfondo, la questione giustizia: ieri non se n’è parlato: troppa gente e troppo poco tempo.
Però, Berlusconi avrebbe provato a chiedere modifiche sulla Severino. Trovando, per ora, un muro. Anche se lo stesso premier le sue perplessità su questa legge le ha espresse.
“La Severino non si tocca nella sua impostazione, ma non mi torna che si possa essere sospesi dopo una condanna in primo grado”, ha detto a Ballarò.
Chiarendo che questo “non riguarda Berlusconi”. Nessuna modifica per ora a favore del leader azzurro.
Per ora.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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