L’ENNESIMO VIAGGIO DELLA DISPERAZIONE DI GIORGIA MELONI IN TUNISIA, TORNA PER LA QUARTA VOLTA IN DIECI MESI ALLA CORTE DI KAIS SAIED
MA IL PRESIDENTE TUNISINO È INCAZZATO COME UNA BISCIA: ANCORA NON HA VISTO MANCO UNO DEI 900 MILIONI DI EURO PROMESSI DAL MEMORANDUM UE-TUNISIA
La premier Giorgia Meloni è giunta al Palazzo presidenziale di Cartagine, dove è stata accolta dal presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied. Dopo la presentazione delle delegazioni, a quanto si apprende, si terranno l’incontro bilaterale fra Meloni e Saied e, parallelamente, la riunione dei ministri con il loro omologhi tunisini.
Come è stato spiegato da fonti italiane alla vigilia della visita, uno dei temi centrali dell’incontro sarà la cooperazione in materia migratoria, ed è prevista la firma di tre strumenti nell’ambito del Piano Mattei: un accordo sul sostegno diretto al bilancio dello Stato tunisino a favore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili; una linea di credito a favore delle piccole e medie imprese tunisine; un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’università e della ricerca italiano e l’omologo tunisino che fornirà il quadro per la cooperazione in questo ambito.
L’obiettivo è tenere buono lo spazientito presidente tunisino, che non ha ancora visto neppure l’ombra dei 900 milioni di euro, il grosso dell’assistenza macroeconomica prevista dal memorandum Ue-Tunisia, firmato nel luglio 2023 alla presenza di Meloni, ancora lei.
Per mesi quell’accordo sembrava aver convinto Saied a frenare con diligenza il flusso migratorio (tunisini ma soprattutto subsahariani) diretto dalle sue coste verso Lampedusa. Ma nelle ultime settimane i barchini metallici strapieni di migranti hanno ricominciato a navigare verso la Sicilia. E così Meloni è ora costretta a ritornare a Cartagine, a calmare Saied.
Ma in che modo? Secondo fonti vicine alla presidenza del Consiglio, proporrà alcuni “contentini” nell’ambito del piano Mattei, la sua idea di cooperazione con l’Africa. Dovrebbero essere firmati tre accordi: uno a sostegno diretto del bilancio dello Stato tunisino a favore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili; una linea di credito per le piccole e medie imprese tunisine; un protocollo d’intesa tra i rispettivi ministeri dell’Università della ricerca.
Non è ancora chiaro a quanto ammontino finanziariamente i nuovi accordi previsti tra l’Italia e la Tunisia, forse alcune decine di milioni di euro: di sicuro non saranno risolutivi per un paese, che resta a rischio di default per le finanze pubbliche.
E le cui esigenze di finanziamento si contano in miliardi di dollari (vedi il prestito del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi di dollari mai arrivato, il cui negoziato è ormai completamente bloccato) o il quasi miliardo di euro (i 900 milioni) del memorandum, vincolati proprio al prestito Fmi.
Stasera Meloni raggiungerà Bruxelles, dove si terrà il Consiglio europeo e forse cercherà di convincere i suoi partner a sbloccare quei 900 milioni, nonostante l’assenza del prestito del Fondo monetario. Ma la Germania e i Paesi del Nord, sensibili al tema dei diritti umani (due parole mai pronunciate da Meloni nelle sue trasferte tunisine) storcono il naso di fronte alla deriva autoritaria di Saied. E non sono d’accordo per il momento a concedergli niente.
Dopo l’incontro con Meloni vedremo proprio come reagirà il presidente tunisino. A Cartagine non si tengono mai conferenze stampa . Agli incontri di questo tipo, seguono in genere video con monologhi dei protagonisti. Nel caso specifico dovrebbero esserci quello di Meloni, poi il video di Saied. Nei giorni scorsi l’uomo, enigmatico e imprevedibile, è sembrato irritato.
Quattro giorni fa ha fatto mettere online un video dove dichiarava che “la Tunisia non accetta di trattare con nessuno (ndr, inteso paese straniero) se non su un piede di parità” e ha ribadito che la Tunisia non vuole essere un paese di transito di migranti, né uno dove possano installarsi. Insomma, che a Meloni non passi per la testa l’idea di un hotspot in terra tunisina.
Lunedì sera altro video e altra bordata: “Chi pensa di metterci sotto tutela, si sbaglia”. Quasi a mettere le mani avanti prima dell’arrivo dell’”amica” italiana, che resta comunque l’unica in Europa capace ancora di parlargli, pur di portare a casa una gestione soddisfacente del flusso migratorio. A uso e consumo della sua campagna elettorale.
(da agenzie)
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