L’EUROPA CHIEDE AL GOVERNO LA MANOVRA CORRETTIVA PER EVITARE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE
DOMANI L’UFFICIALIZZAZIONE DELLA RACCOMANDAZIONE… LA MANOVRA CORRETTIVA RICHIESTA E’ DI 3,6 MILIARDI
Una manovra correttiva per evitare la procedura europea sul disavanzo eccessivo. Nonostante gli scongiuri di Giovanni Tria che ufficialmente l’ha sempre esclusa, l’idea viene messa nel conto nel governo alla vigilia delle raccomandazioni della Commissione Europea.
Il braccio di ferro che sta per aprirsi tra il governo Conte e l’Europa si annuncia ancora più duro di quello dello scorso autunno sulla manovra 2019.
“Spigoloso”, lo definisce con Huffpost un’alta fonte di governo. A Roma ne sono consapevoli, mentre la squadra di ‘dialoganti’ capitanata dal premier Conte, dal ministro Tria, dal ministro Enzo Moavero Milanesi e sostenuta dal Quirinale tenta di tenere la rotta ammortizzando le bordate di Matteo Salvini.
Ma nel governo si mastica anche amaro: perchè domani la Commissione chiederà conto all’Italia anche dei saldi 2018, cioè l’eredità lasciata dall’ultima manovra approvata dal governo Gentiloni nel 2017.
Domani, con l’approvazione del pacchetto di primavera, la squadra Juncker consiglierà agli Stati membri dell’Unione (al Consiglio) l’apertura di una procedura di infrazione per l’Italia per l’elevato debito pubblico, già al 132,2 per cento del pil nel 2018 e in aumento al 133,7 per cento quest’anno e al 135,2 per cento nel 2020, secondo le previsioni di Bruxelles.
Il ragionamento della vigilia viene snocciolato ad Huffpost da alte fonti dell’esecutivo. E mette in fila dati oggettivi, più che aspettative.
Domani a mezzogiorno i commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici esporranno alla stampa le raccomandazioni della Commissione per tutti i paesi della zona euro. Quelle per l’Italia chiederanno conto dei saldi 2018 e 2019: entrambi non in linea con le regole europee su deficit.
Quest’anno Bruxelles prevede un aumento al 2,4 per cento e al 3,5 per cento l’anno prossimo, 0,5 punti percentuali oltre il tetto del 3 per cento del rapporto tra deficit e pil, cifra da allarme rosso in Ue.
In sostanza, il governo attuale si trova a dover rispondere anche per ciò che non fu contestato a Bruxelles alla fine del 2017: c’erano le politiche in arrivo in Italia, la Commissione chiuse un occhio, l’ultima manovra di Pier Carlo Padoan, sotto il governo Gentiloni, fu accolta senza sanzioni e conseguenze.
Ora però i nodi vengono al pettine. Tutti. E al timone c’è Conte, con i gialloverdi, i populisti invisi ai partiti tradizionali che si preparano a governare l’Ue anche in questa legislatura escludendo i sovranisti di Salvini.
Per dire, in vista del consiglio europeo del 20-21 giugno, venerdì prossimo c’è un primo vertice a Bruxelles tra Ppe, Pse e liberali sulle nomine al vertice dell’Unione: ci saranno lo spagnolo Sanchez e il portoghese Costa per i socialisti, l’olandese Rutte e il belga Michel per i liberali dell’Alde, il croato Plenkovic e il lettone Karins per i Popolari. L’Italia non c’è.
E all’Italia, dicono fonti di governo, non resta che la manovra correttiva per evitare la procedura di infrazione.
La stessa Commissione domani potrebbe consigliarla, all’interno delle raccomandazioni oppure a latere delle sue comunicazioni.
L’entità non sarebbe elevatissima e comunque dipende da quanto l’esecutivo di Palazzo Berlaymont deciderà di affondare: si parla di un aggiustamento di 3,6 miliardi di euro.
Non è molto ma si intende quanto possa costare in termini di propaganda a qualunque partito, sopratutto ai populisti al governo: tanto.
Però, alla vigilia del calcio di inizio di una sfida a lungo rimandata, la manovra correttiva si staglia all’orizzonte come l’unico modo per evitare una procedura di infrazione, per evitare cioè una catena al collo che l’Italia sarebbe costretta a portare anche per un decennio (dipende dall’entità che verrà decisa dalla commissione), fatta di sanzioni fino ‘all’arma da fine del mondo’ come la sospensione dell’erogazione dei fondi strutturali. Tutto per far rientrare il disavanzo.
Ad ogni modo, dopo le raccomandazioni di domani, sarà il ministero dell’Economia il primo a scendere in trincea nel confronto con Bruxelles.
Martedì prossimo, alla riunione del Comitato economico e finanziario che dovrà esprimere il suo parere sulle raccomandazioni della Commissione, l’Italia sarà rappresentata dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera.
Toccherà a lui rispondere con i numeri del ministero di via XX Settembre che, come dice Tria oggi, promettono una crescita che impedirà di sforare i parametri Ue. “Si aprirà un negoziato — sono le parole del ministro – Ovviamente più andiamo meglio, più cresce l’economia, non c’è bisogno di sforare niente”. E aggiunge: bisogna “impedire di lasciare il debito alle future generazioni”.
Insieme al premier Giuseppe Conte, il ministro Tria è la parte dialogante del governo, la parte che si pone il problema di reggere il confronto con Bruxelles per arginare i danni.
Una squadra di dialoganti — diciamo così — fortemente sostenuta dal Quirinale, squadra che comprende anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, già attivo anche lui lo scorso autunno nell’interlocuzione con Bruxelles nelle settimane di scontro con i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Con la differenza che stavolta la strada è già tracciata: c’è da negoziare poco, si tratta di saldi che vengono contestati e che dunque vanno raddrizzati. Stop.
Ad ogni modo, in prima battuta, sarà Tria ad avere un primo confronto con gli altri ministri della zona euro alla riunione dell’Eurogruppo il 13 luglio a Lussemburgo, benchè non sarà questa la riunione deputata a prendere decisioni sull’Italia.
Quella utile per adottare eventualmente la procedura sarà a luglio, con una riunione dell’Ecofin il 9 luglio pronta a dare avvio formale se nel frattempo da Roma non avranno risposto in quello che in queste ore sembra l’unico modo utile per evitare il peggio: la manovra correttiva.
Un passo di certo meno doloroso della procedura di infrazione, con tutto ciò che determinerebbe sui mercati, ora tutto sommato abbastanza tranquilli, forse perchè, confidano fonti di governo, prevale la convinzione che alla fine Roma e Bruxelles riusciranno a trovare un accordo, come è successo a fine 2018.
Già : ma le europee sono passate, gli equilibri tra Lega e M5s si sono ribaltati, il governo è in condizioni di salute precarie. Chissà .
(da “Huffingtonpost”)
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