L’EUROPA VUOLE FERMARE I PROFUGHI PER DELEGA
CON UNA GUARDIA COSTIERA LIBICA INDAGATA DALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’
Il Vertice di Parigi ha focalizzato le possibili soluzioni per risolvere la questione dei migranti immaginando di rendere sistematico il modello attualmente sperimentato in Libia dall’Italia, allargandolo anche ad altri Paesi africani: un modello che esternalizza le frontiere affidando i controlli ad altri.
L’Europa ha quindi deciso di spostare le frontiere sul confine meridionale della Libia, e dopo aver chiuso di fatto il Mediterraneo all’azione umanitaria indipendente, decide quindi di appaltare alla Libia il respingimento dei migranti e il confinamento in luoghi che nulla hanno a che vedere con l’accoglienza; già fatto in Turchia, in futuro si farà in altri Paesi.
Il modello Libia, presentato come esempio di future partnership con altri Paesi africani, consentirebbe — nelle intenzioni dei capi di stato – di distinguere nettamente tra rifugiati e migranti economici direttamente sul campo, in modo che i secondi siano respinti indietro. A fronte di questo però ci sono rapporti di organizzazioni umanitarie e inchieste giornalistiche che documentano come le autorità libiche non siano in grado di controllare le operazioni dei trafficanti, nè di prevenire le violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo nei campi di detenzione.
L’Unhcr e alcune Ong hanno anche lanciato l’allarme sulla collusione tra trafficanti e settori delle fragili istituzioni libiche, cosa di cui si era avveduta anche la stessa procura di Trapani.
E la Guardia Costiera libica è indagata dalla Corte Penale Internazionale per gravi crimini – inclusi crimini contro l’umanità — e ha sparato verso i soccorritori delle Ong.
Quindi il nodo centrale di come possano essere assicurati i diritti umani resta irrisolto o forse ancor più stretto.
Come si fa a essere rassicurati quando i diritti umani sono affidati per delega a “autorità ” dalle vacillanti capacità (o volontà ) di aderire ai principi del diritto internazionale umanitario, in un contesto dove neanche gli organismi internazionali — Unhcr e Oim — sarebbero in grado di garantirne il rispetto?
Come si fa a essere rassicurati se si propone un cosiddetto Codice di condotta che avrebbe costretto, così come proposto in origine, le organizzazioni impegnate nelle operazioni di ricerca e salvataggio a violare le norme internazionali firmate sotto gli auspici della Federazione internazionale della Croce Rossa?
Ieri ActionAid Italia insieme a Amnesty International Italia ha sottolineato come il vertice potesse essere un’occasione importante per riconoscere che le migrazioni richiedono un’attenzione particolare e vadano percepite come risorsa in un Paese sempre più anziano, come il nostro.
Quello che esce dal vertice di ieri non sembra presagire nulla di buono. Soprattutto perchè tali provvedimenti non sono accompagnati da questioni che per ActionAid risultano imprescindibili:
1. La richiesta agli Stati europei di promuovere e proteggere i diritti umani dei migranti creando la sola via possibile e cioè l’apertura di corridoi umanitari e di canali di ingresso legale, unico antidoto all’azione dei trafficanti.
2. Il superamento del Regolamento di Dublino – che è stato paventato nel vertice – deve essere garantito e non subordinato alla diminuzione degli arrivi dalla rotta del Mediterraneo centrale, affinchè sia possibile una distribuzione dei migranti tra gli Stati Membri, per assicurare il diritto a una vita dignitosa e il rispetto dei diritti di richiedenti e titolari di protezione internazionale.
3. Mettere a disposizione risorse aggiuntive per consentire di vigilare in maniera indipendente sul rispetto dei diritti umani negli Stati del Nord Africa, inclusa la Libia, invece e prima di delegare loro soccorsi e controllo delle frontiere.
4. Dichiarazioni diverse, in primis dal nostro governo, che non facciano il gioco di quanti animano l’attuale dibattito inseguendo populismo e in alcuni casi dando spazio al razzismo.
Le derive populiste trovano terreno fertile quando le risposte delle istituzioni sono incerte e le dichiarazioni pubbliche lasciano spazio a dubbi sui fatti, sui ruoli e sulle responsabilità degli Stati così come di altri attori.
È sempre più urgente un ritorno ai valori costituzionali, civili, etici e morali fondanti il nostro Paese e l’Unione Europea.
Il rischio sempre più reale è che il nostro Paese e l’Europa avallino le possibili violazioni dei diritti umani commesse oggi in Turchia, in Libia e domani chissà dove, senza chiedersi poi quali siano le condizioni dei migranti e che fine davvero facciano le migliaia di persone che non si vogliono nei nostri Paesi e che non si vuole più nemmeno vedere nel Mar Mediterraneo.
Persone che hanno gli stessi desideri che abbiamo tutti noi. E quindi che hanno diritti che vanno rispettati.
Respingere, bloccare, rimandare indietro in nome di cosa? Sicurezza? Paura? Mancanza di coraggio?
Non si può fare sacrificando diritti e principi democratici.
Marco De Ponte
Secretary General of ActionAid Italy
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