LIBERADESTRA: NON BASTAVANO I COLONNELLI, ORA SPUNTANO I CAPORALI DI GIORNATA
LA STRANA EVOLUZIONE DEL PROGRAMMA DELL’ASSEMBLEA REGIONALE DI NAPOLI DELL’ASSOCIAZIONE DI FINI
Che a destra lo spirito di servizio sia merce rara è concetto assodato quasi alla pari con la constatazione che tutti parlano di “meritocrazia” dopo aver ovviamente posto le condizioni per evitare di porla in essere.
Salvo poi lamentarsi della mancata selezione del ceto politico, delle cordate di notabili che impediscono il ricambio generazionale della classe dirigente, del mancato coinvolgimento della “mitica base” nella fase decisionale.
Discorsi sentiti mille volte.
Se i partiti tradizionali di destra, vera o presunta, sono ormai perfettamente strutturati in modo verticistico al servizio di un leader più o meno bolso dove si fa carriera sulla base del tasso di conformismo e alle conoscenze giuste, le premesse di una iniziativa come quella avanzata da Ganfranco Fini nella veste di allenatore e di scopritore di talenti della “destra che verrà ” contengono degli elementi nuovi: assemblee partecipate di base, confronto, individuazione di ciò che unisce, nessuna struttura “pesante”, nessun colonnello, ma ampio spazio a idee e uomini nuovi.
Una iniziativa che Fini ha saputo affrontare con una buona dose di autocritica e umiltà , si sia o meno d’accordo con questo tentativo.
Anche perchè, gli va dato atto, non glielo ha certo ordinato il medico di metterci la faccia.
Abituati a essere liberi e indipendenti nei giudizi, non possiamo quindi non restare stupiti che la seconda assemblea regionale di Liberadestra stia subendo una evoluzione sia grafica che sostanziale.
L’appuntamento di fine mese a Napoli, articolato su cinque relazioni tematiche “aperte” al contributo di tutti e “sintesi finale” di gruppi di lavoro, potevano rappresentare la giusta filosofia per un più ampio coinvolgimento “orizzontale”.
Peccato che nel primo manifesto che vedete qui a fianco non se ne facesse cenno, ma passi…
Ma che a stretto giro il primo testo venga sostituito da un secondo manifesto (in alto) dove si parla vagamente di relazioni programmatiche senza specificarne i temi, e che emerga improvvisa la inderogabile esigenza della presenza di un relatore introduttivo e di un moderatore che non hanno neanche partecipato alla fase di elaborazione delle tesi, ma che sono stati evidentemente assurti a tale ruolo da scelte di vertice, non depone a favore della coerenza e della affinità al progetto originario.
Questione di metodo, non di nomi.
Ma nel processo di rinnovamento della destra italiana è necessario non dimenticare che spesso il metodo errato è stato la premessa e la causa di scelte politiche locali nefaste.
Finito il tempo dei colonnelli, non pare il caso di aprire la fase dei caporali di giornata.
Se qualcuno ha bisogno di accreditarsi per poi spendersi una medaglietta al tavolo di trattative politiche locali faccia come Fini: ci metta personalmente la faccia.
Senza prestanomi e soprattutto “senza secondi Fini”.
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