LIBIA, COSA C’E’ DIETRO ALLA STRANA CATTURA DEL TRAFFICANTE BIJA
PIU’ CHE UN ARRESTO SEMBRA UNA CONSEGNA CONCORDATA
Ha ragione Nello Scavo, il giornalista di Avvenire che con il suo scoop portò Bija al centro dell’attenzione nazionale. “Più che un arresto sembra la cronaca di una consegna concordata — scrive Scavo – Abdurahman al Milad, quel comandante Bija al centro di scandali e negoziati indicibili sulle due sponde del Mediterraneo, è stato bloccato ieri mattina in un sobborgo di Tripoli. Un fermo dai contorni ancora poco chiari. Bija sarebbe stato tratto in arrestato dalla “rada” una delle “polizie” fedeli al redivivo ministro dell’Interno Fathi Bashagha. Questi era stato dimissionato alcune settimane fa dal premier, a sua volta dimissionario, al-Sarraj. Una cacciata sgradita alla Turchia, principale sponsor militare del governo di Tripoli, ottenendo così il reinsediamento di Bashagha. Dall’aprile del 2019 il guardacoste, poi promosso “supervisore” del porto petrolifero di Zawyah, era destinatario di un mandato di cattura del procuratore generale di Tripoli. L’ordine non era mai stato eseguito, lasciando Bija libero di comandare la milizia al-
Haftar, che dalla Cirenaica ha invano tentato per oltre un anno la conquista della capitale. Nei giorni scorsi diversi emissari delle milizie che controllano il territorio da Tripoli al confine con la Tunisia, hanno negoziato con il governo centrale che intende creare una sorta di federazione delle bande armate allo scopo di centralizzare il controllo dei gruppi combattenti. Bija è uno dpezzi pregiati della trattativa. Una pedina ingombrante, accusata dall’Onu di essere al centro del traffico di esseri umani, coinvolto direttamente nel contrabbando di petrolio e nella gestione del campo di prigionia ufficiale di Zawyah”.
Consegnato
Il punto è proprio questo. La “consegna” di “Bija” è la carta con cui l’”uomo di Misurata”, Bashagha, il “cavallo vincente” sul quale ha puntato il Sultano di Ankara, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, si accredita presso Roma come il sostituto naturale, potente e affidabile, del sempre più marginale e marginalizzato Fayez al-Sarraj. Una lettura che a Globalist viene confermata da fonti accreditate a Tripoli.
Al-Milad è accusato dall’Onu e dalla Corte internazionale- dell’Aja di crimini contro l’umanità per essere uno dei maggiori organizzatori del traffico di migranti, ridotti in schiavitù in Libia, lungo le rotte migratorie del Mediterraneo. Le Nazioni Unite lo considerano “uno dei più efferati trafficanti di uomini in Libia, padrone della vita e della morte nei campi di prigionia, autore di sparatorie in mare, sospettato di aver fatto affogare decine di persone, ritenuto a capo di una vera cupola mafiosa ramificata in ogni settore politico ed economico dell’area di Zawyah“.Il trafficante nel maggio 2017 prese parte ad una riunione sull’immigrazione al Cara di Mineo (Catania) tra le autorità italiane e quelle libiche come emerse da un’inchiesta del quotidiano Avvenire sulla sua presenza, sotto falso nome. Solo un anno dopo, il 7 giugno 2018, il Consiglio di sicurezza dell’Onu dispose sanzioni internazionali su di lui.
Era stata l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) a chiedere l’incontro tra una rappresentanza delle autorità italiane e una delegazione libica. La riunione faceva parte di un progetto finanziato dalla Comunità europea che prevedeva una serie di visite di studio in Italia da parte di una delegazione, i cui componenti venivano stabiliti dagli stessi libici.
In seguito emerse che al-Milad avrebbe ottenuto il visto fornendo al momento della domanda generalità false, probabilmente presentando un documento contraffatto.
Sono un eroe nazionale, e non sono mai stato un criminale. Non h mai preso soldi per trafficare raccontava Aaluglio scorso iin una ntervista.
;Le relazioni contro di me del Consiglio di sicurezza e del Comitato per le sanzioni si basano su un articolo di una giornalista che si chiama 'Nancy'": il riferimento probabilmente è a Nancy Porsia, la giornalista italiana che con
Nello Scavo ha raccontato i misfatti di Bija.
Fathi si accredita
“Non è un mistero che il ministro dell’Interno, il misuratino Fathi Bashaga molto vicino alla Turchia e al movimento islamista dei Fratelli Musulmani, punti da tempo al posto di al-Sarraj a cui potrebbe aspirare anche il moderato Ahmed Maitig stimato da molti negli USA e in Europa. Annunciando il supporto di USA, Turchia ed Egitto al cessate il fuoco, Bashaga ha precisato che ora occorre “un serio dialogo politico”, annota Gianandrea Gaiani, profondo conoscitore della omplessa realtà libica.
“Osama prison”
Il luogo simbolo del potere criminale del clan “Bija” è la prigione della milizia al Nasr, a Zawayah, quelli che, annota sempre Scavo, i superstiti chiamavano “Osama prison”, dal nome del “direttore”, ufficialmente investito di questo incarico dalle autorità di Tripoli. Alla magistratura italiana è noto come il vero capo degli aguzzini. Osama è cugino del comandante Abdurahman al Milad, ai più noto come Bija. Tre dei carcerieri lo scorso anno avevano preso il largo, lasciando la Libia per raggiungere l’Europa. Una volta condotti nel’hotspot di Messina, sono stati riconosciuti da alcuni migranti. A nulla è valso il tentativo dei tre di convincerli al silenzio. Nel corso delle deposizioni le vittime hanno fornito agli inquirenti dettagli riscontrati anche dalle perizie dei medici. E hanno parlato di Osama: «Picchiava, torturava chiunque, utilizzando anche una frusta. A causa delle torture praticate Ossama si è reso responsabile di due omicidi di due migranti del Camerun, i quali sono morti a causa delle ferite non curate. Anche io, inauditamente e senza alcun pretesto, sono stato più volte picchiato e torturato da Ossama con dei tubi di gomma. Tanti altri migranti subivano torture e sevizie di ogni tipo».
Il gup di Messina ha così condannato a 20 anni di carcere ciascuno Mohamed Condè, detto Suarez, 22 anni della Guinea, e con lui gli egiziani Ahmed Hameda, 26 anni, e Mahmoud Ashuia, 24. Errano stati "fermati" il 16 settembre scorso. Sono accusati di vari reati tra cui, associazione a delinquere, tratta, violenza sessuale, omicidio e tortura. Mohamed Condè si occupava di imprigionare i migranti, di torturarli e di ottenere isessioni di tortura. Hameda svolgeva il ruolo di carceriere, torturatore e all’occorrenza cuoco per i prigionieri; Ashuia se lo ricordano perchè quand’era di turno nella camera delle torture picchiava brutalmente anche utilizzando un fucile. Ed ora è la volta del capo dei capi. La carta vincente in mano a Bashaga.
(da Globalist)
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