L’IRA DEI DEMOCRATICI SUL PREMIER E SALTA L’INCONTRO TRA BERSANI E MONTI
LA PAURA CHE I CENTRISTI FACCIANO SALTARE LA VITTORIA IN LOMBARDIA E LAZIO… LITE TRA I MONTIANI SULL’USO DEL SIMBOLO
E adesso che il Professore prende le distanze anche dal Pd di Bersani, il tavolo rischia di saltare. Il gentlemen’s agreement che tacitamente i due avevano pattuito pare già archiviato.
Il clima muta repentinamente, al punto che nel giro di poche ore dalla sortita radiofonica di Mario Monti, la segreteria del Nazareno manda in freezer l’incontro tra il presidente del Consiglio e il segretario democratico era stato messo in agenda.
Non è il momento, più in là , forse.
Un faccia a faccia che nelle intenzioni dei due – nel solco della collaborazione che ha segnato questi tredici mesi di governo – avrebbe dovuto spianare la strada a una campagna elettorale all’insegna del reciproco «rispetto».
Colpi di fioretto sì, necessari anche per soddisfare le aspettative dei reciproci elettorati. Ma senza oltrepassare un certo limite: questo nella carta delle buone intenzioni.
Mario Monti invece alza il tiro, azzanna l’ala sinistra della coalizione, taccia di «conservazione». E lo stesso farà con molta probabilità nelle nuove apparizioni tv in programma oggi a Unomattina e forse domani a Sky e in altre ancora già pianificate.
Pier Luigi Bersani non ha gradito affatto la svolta.
Ha lasciato che altri esprimessero tutto il disappunto del partito mettendo in guardia il Professore dalla deriva del «populismo» e della «demagogia», neanche fosse Berlusconi.
Il segretario non replica alle accuse. «Non mi metto a inseguire nessuno sulla polemica spicciola di tutti i giorni, nemmeno Monti – ragiona però coi suoi collaboratori – Io voglio fare un’altra campagna elettorale, senza insulti».
Detto questo, anche per il Pd adesso lo scenario muta.
E i colpi di fioretto lasceranno posto alla sciabola.
Non fosse altro perchè il «partito» del premier ormai «sale in campo» anche nel Lazio e in Lombardia, presentando propri candidati nelle due regioni chiave e rischia di complicare alquanto il cammino di Zingaretti e Ambrosoli.
Da semplice competitor, «Con Monti per l’Italia » diventa avversario.
Democratici poco inclini agli sconti, sebbene consapevoli del fatto che proprio da una buona affermazione della lista unica montiana al Senato nelle regioni strategiche – Lombardia in testa – e dalla conseguente erosione di consensi al Pdl, potrebbe derivare il definitivo successo dell’asse Pd-Sel a Palazzo Madama, la più delicata e incerta.
Monti torna a Roma e incontra Gianfranco Fini.
Matura il via libera definitivo – nonostante le perplessità iniziali del Professore – alla lista Fli alla Camera. Ma col presidente della Camera il premier ha soprattutto affrontato la grana del giorno.
Ovvero la probabile impossibilità di inserire il “timbro” Monti anche nelle liste Udc e Fli e nelle eventuali altre che si presenteranno alla Camera, come era previsto finora.
Il caso è stato sollevato dal pidiellino Peppino Calderisi, richiamando l’articolo 14 del testo unico in materia elettorale che obbligherebbe le liste collegate a utilizzare «contrassegni diversi, non confondibili».
«Senza quel simbolo, per le nostre liste si crea un problema di riconoscibilità nell’apparentamento col leader», insorgono da Udc e Fli.
Che a questo punto non escludono un veto alla corsa della «Lista civica per Monti » a Montecitorio: rischia di essere l’unica col marchio doc.
Il premier si è riservato di decidere, dallo staff minimizzano: «Problema inesistente, il marchio ci sarà per tutti».
Di certo, il leader non intende rinunciare a una sua lista civica e con lui la macchina già in corsa di “ItaliaFutura” (Montezemolo) che ne costituisce l’ossatura.
Monti ha confidato invece tutte le sue perplessità su una lista di ex pidiellini, per il rischio di «disperdere le forze» soprattutto in vista della complicata raccolta delle firme.
Ad ogni modo, Franco Frattini, Mario Mauro e 11 deputati usciti dal Pdl, da Cazzola alla Bertolini a Stracquadanio, ufficializzeranno in questi giorni il movimento “Italia popolare per Monti” (o “Popolari per Monti”) con chiaro link al Ppe.
Ma in assenza di una loro lista – fatta salva la blindatura degli stessi Frattini, Mauro e Mantovano in quella unitaria al Senato – resta il dilemma di dove candidare gli altri alla Camera.
«Non siamo più di una decina e abbiamo consiglieri comunali che possono tornare molto utili per la raccolta delle firme» fa notare Cazzola.
Fatto sta che la Lista civica montiana è aperta ai soli non politici, mentre Udc e Fli hanno già problemi coi loro concorrenti.
Così, gli ex Pdl rischiano di fare la fine degli esodati.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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