L’ISIS SI SFASCIA, DISSENSO E CREPE TRA FAZIONI INDEBOLISCONO IL CALIFFATO
SECONDO UN REPORTAGE DEL WASHINGTON POST DIVISIONI E CORRENTI INTERNE TRA LOCALI E FOREIGN FIGHTERS STANNO MINANDO IL PROGETTO
A fiaccare la forza distruttiva dell’Isis potrebbero essere i mal di pancia e le divisioni interne, i dissidi tra diverse fazioni e minoranze.
Lo suggerisce un reportage del Washington Post, che per la prima volta fotografa le divisioni e le correnti intestine che minano la solidità del progetto del sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
Lo Stato islamico, in sostanza, starebbe cominciando a logorarsi anche dall’interno, come mostrano le testimonianze di defezione e dissenso che starebbero logorando l’aura di invincibilità del Califfato.
“La tensione è provocata dal dissenso tra i miliziani locali e i foreign fighter, i volontari stranieri, ma anche dagli infruttuosi tentativi di reclutare cittadini pronti ad andare sulla linea del fronte”, scrive il quotidiano.
Il risultato è che al momento “la maggiore minaccia alla capacità dello Stato Islamico di perdurare sembra arrivare dall’interno, poichè le sue grandiose promesse non collidono con la realtà sul terreno”, ha raccontato al quotidiano l’analista, Lina Khatib, alla guida del Carnegie Middle East Center a Beirut.
Le sconfitte sul campo di battaglia starebbero anche erodendo la capacità dell’Isis di arruolare la popolazione locale che solo pochi mesi fa aveva sostenuto la causa dei jihadisti a fronte della possibilità di avere uno stipendio.
Per questa ragione l’organizzazione terroristica starebbe reclutando un numero crescente di bambini, più vulnerabili alla propaganda del gruppo.
“La principale sfida che oggi l’Isis deve affrontare è più interna che esterna”, ha detto al Wp Lina Khatib.
“Stiamo assistendo a un crollo del principale cardine dell’ideologia dell’Isis, ossia unire persone di origine diversa sotto il califfato. Questo non avviene sul terreno. E li sta rendendo meno efficaci nell’azione di governo così come nelle operazioni militari”.
Il segno più forte di attrito è la tensione tra i foreign fighter e i miliziani locali, sempre più risentiti dal trattamento preferenziale riservato agli stranieri, pagati di più e con migliori condizioni di vita: ai foreign fighter viene permesso di vivere nelle città (dove i raid della coalizione sono abbastanza rari per il timore che vengano colpiti i civili), mentre ai siriani tocca stare negli avamposti rurali, più vulnerabili, ha raccontato al quotidiano un attivista che vice nella città di Abu Kamal, al confine tra Siria e Iraq.
La tensione è tale che ci sono state anche sparatorie in strada, come la scorsa settimana quando alcuni foreign fighter e un gruppo di siriani hanno incrociato le armi perchè questi ultimi avevano disobbedito all’ordine di un comandante kuwaitiano, rifiutandosi di andare sulla linea del fronte con l’Iraq.
E non è stato l’unico episodio di questo tipo: a gennaio a Ramadi, in Iraq, un gruppo di locali si è scontrato con un altro, composto soprattutto di ceceni, dopo che questi ultimi avevano deciso di tornare in Siria.
Ci sono infatti segnali che i jihadisti stranieri, sempre più disillusi, cercano di tornarsene a casa: alcuni attivisti nelle provincie siriane di Deir al-Zour e Raqqa hanno raccontato di tentativi di varcare il confine con la Siria.
A febbraio nella città di Tabqa, nella provincia di Raqqa, vennero ritrovati i corpi di 30/40 uomini, la gran parte dai tratti asiatici: secondo attivisti locali, erano proprio jihadisti che stavano cercando di scappare e invece sono stati catturati.
Non a caso nelle ultime settimane, nel Califfato, l’Isis ha imposto il divieto ai camion di trasportare uomini senza permesso.
E non solo. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, nelle ultime settimane ci sono state 120 pubbliche esecuzioni di jihadisti: alcuni erano accusati di spionaggio, uno di aver fumato, ma la gran parte sarebbero stati invece solo miliziani che cercavano di fuggire.
(da “Huffingtonpost”)
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