“L’ITALIA NON MI CURA DALL’EPATITE C, HO FATTO 7 MILA KM PER GUARIRE”
IN VIAGGIO CON ANDREA E LO STAFF DI ARIMEDIO PER COMPRARE I FARMACI IN INDIA
“Chi l’avrebbe mai detto che sarei venuto fin qui per comprare il farmaco che può guarirmi dall’Epatite C”.
È quasi l’alba ad Hyderabad, megalopoli a sud dell’India, circa 10 milioni di abitanti. Le ombre lunghe della città si riflettono sul volto di Andrea, 49 anni, gli ultimi 25 (“almeno secondo i miei calcoli”) passati in compagnia del virus dell’HCV, infezione prevalentemente epatica con propensione a dare malattia: cirrosi epatica, in primis, insufficienza epatica e cancro del fegato, nella peggiore delle ipotesi.
Niente di tutto questo, per fortuna, nella cartella clinica di Andrea.
Il desiderio di debellare la malattia, quello sì. Perciò non l’hanno spaventato dieci ore di volo, nè 7000 chilometri per raggiungere l’altra parte del mondo e poter accedere alla nuova cura che con un’ottima percentuale di riuscita potrebbe porre fine alla convivenza forzata con questo subdolo virus, che si contrae in prevalenza per contatto diretto con sangue infetto.
Ad attenderlo lo staff di Arimedio, la società che da aprile del 2016 si occupa di aiutare i pazienti malati di Epatite C a raggiungere nel modo più agevole l’India, dove è disponibile la terapia a costi calmierati.
Ma perchè l’India? Perchè i farmaci che curano l’epatite C, sul mercato italiano dal novembre del 2014, costano moltissimo e sono distribuiti in forma gratuita dal nostro sistema sanitario nazionale soltanto a pazienti molto gravi, secondo i criteri di prioritizzazione stabiliti dall’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco.
Per tutti gli altri pazienti, due strade: aspettare di “aggravarsi” a tal punto da riuscire a rientrare nei parametri oppure comprarli.
Ma i costi sono esorbitanti: vanno dai 13 mila euro, prezzo nelle farmacie vaticane, ai 26 mila euro circa delle farmacie italiane per 4 settimane di trattamento (la cura base è di almeno 12 settimane, ma può arrivare anche a 24). Per questo molti rinunciano.
O viaggiano fino in India, paese a cui la Gilead, casa farmaceutica americana in possesso del brevetto di Sovaldi e Harvoni, i due farmaci innovativi, ha concesso in licenza la possibilità di produrre generici del tutto equivalenti all’originale a costi decisamente più bassi: 400 euro circa per 4 settimane di trattamento, tanto costano nelle farmacie indiane. (A maggio 2016 anche le autorità indiane hanno riconosciuto il brevetto della Gilead. Questo, tuttavia, come ha assicurato l’azienda farmaceutica statunitense, “non ostacolerà la fabbricazione e la distribuzione di versioni generiche di alta qualità ”).
Andrea, l’incontro con Arimedio e il viaggio in India
Andrea è uno di quei pazienti non abbastanza gravi per l’Italia. “Convivo con il virus da quando avevo 24 anni. Ripercorrendo la mia storia, credo di averlo contratto tramite cure odontoiatriche, ma non posso dirlo con certezza. Sono sempre stato bene, ma sono un tipo risoluto e da quando mi hanno detto che avevo l’Epatite C ho subito cercato soluzioni per debellarla”.
Le speranze di guarigione, prima dell’arrivo dei farmaci targati Gilead a base di sofosbuvir e ledipasvir e utilizzabili per tutti e 4 i genotipi, passava per l’interferone: “Per 5 mesi ho fatto iniezioni a giorni alterni. Era devastante, con effetti collaterali altissimi e non è stato risolutivo. Nulla di fatto neanche nel secondo ciclo che ho ripetuto dopo qualche anno. Al terzo, mi sono negativizzato per qualche tempo, ma poi l’infezione è tornata”.
Poi la rivoluzione arrivata dall’America: “La buona notizia è che è stata trovata una cura efficace e definitiva, la cattiva è che non tutti possono usufruirne: io sono fra quest’ultimi. Sapevo che in India le case farmaceutiche producevano lo stesso farmaco a costi ridotti e informandomi su Internet sono arrivato ad Arimedio”.
Questa società , creata da 4 ragazzi, è nata per aiutare un amico francese che aveva nel suo Paese natale lo stesso problema di Andrea.
“Abbiamo pensato che fosse giusto permettere a tutti i pazienti europei o del primo mondo di arrivare al farmaco che può guarirli senza dover sopportare costi così alti”, racconta Luca Xerri, cofondatore di Arimedio, “perciò ci siamo adoperati e abbiamo messo su un’organizzazione che agevoli le persone a mettersi in contatto con le strutture sanitarie indiane, step necessario per poter aver accesso alla ricetta medica e conseguentemente alla terapia”.
“Ho contattato Arimedio e hanno fatto tutto loro”, racconta Andrea. “Non mi sono dovuto preoccupare di niente, se non di inviare preventivamente le mie cartelle cliniche in modo che il medico indiano potesse fare una prima diagnosi e pensare alla posologia. Poi non è rimasto che volare in India”.
(da “Huffingtonpost”)
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