ROMA, L’ASILO PERICOLANTE DAL 2012, EMBLEMA DI UN PAESE ALLO SFASCIO
DUE ANNI PER UNA DELIBERA E PER STANZIARE 1,5 MILIONI PER DEMOLIRLO E RICOSTRUIRLO, MA TUTTO E’ ANCORA FERMO
L’aspetto più moralmente insopportabile in questa storia, altrimenti da rubricare fra i piccoli orrori quotidiani di un Paese incapace di normalità , è che ci vanno di mezzo i diritti dei bambini.
Diritti calpestati senza riguardo da una burocrazia ottusa e inadeguata, tutta ripiegata a difesa della propria inettitudine: al punto da chiedersi perfino se lor signori sappiano che cosa significa avere dei figli e doverli mandare all’asilo. L’asilo, appunto.
La storia è raccontata in una lettera che l’architetto Leopoldo Freyrie, fino a qualche mese fa presidente dell’Ordine nazionale, ha spedito alla sindaca di Roma Virginia Raggi.
Comincia così: «Le scrivo perchè si ponga urgente rimedio a una situazione che ritengo inaccettabile e grave dal punto di vista civico ancor prima che professionale». La situazione è quella di un asilo nel quartiere Axa, estrema periferia ovest della città , borgata di Acilia.
Quella scuola materna è stata chiusa nel 2012, quando si è scoperto che era pericolante.
Per stanziare la somma necessaria a sistemare l’immobile e dunque rimettere in funzione il servizio ci sono voluti altri due anni: la delibera è del 2014.
Va precisato che non si tratta affatto di una cifra mostruosa per un Comune che ha un bilancio paragonabile a quello di un piccolo stato.
Parliamo di un milione e mezzo di euro, un trentesimo dei soldi che ogni anno il Campidoglio sgancia a un manipolo di palazzinari e immobiliaristi per pagare l’affitto dei residence per la dorata emergenza abitativa.
Con quel milioncino e mezzo si dovrebbe procedere alla demolizione e alla ricostruzione dell’asilo. In qualunque altro Paese europeo la pratica si risolverebbe in pochi mesi.
Qui, invece, le cose prendono ben altra piega.
Di fare il progetto si incaricano gli uffici comunali.
In questi casi è però prevista anche la verifica di un soggetto esterno, che viene affidata a una società di progettazione privata.
«Con l’incarico di verifica» assegnato il 4 agosto 2015, scrive ancora Freyrie, «ci si chiedeva grande urgenza data la grave situazione di disagio dei bambini di quel quartiere. Perciò lavorammo per consegnare al più presto il rapporto di verifica, tant’è che a fine settembre il Comune aveva in mano il rapporto di verifica, negativo». Siamo a dieci mesi fa e qui viene il bello.
Perchè di fronte ai rilievi dei verificatori non accade assolutamente nulla.
Ma continuiamo a leggere cosa scrive Freyrie su un progetto che giudica «debolissimo» da un punto di vista compositivo.
«Dalla verifica del progetto – prosegue la lettera dell’architetto Leopoldo Freyrie – si evince che non rispetta nè formalmente nè sostanzialmente alcuno dei parametri indispensabili per il progetto di un’opera pubblica. Per essere più chiari, il progetto non contiene nè indagini geologiche, nè progetto strutturale, nè progetto degli impianti, nè rispetta le norme antincendio, nè quelle igienico sanitarie, nè quelle del decreto ministeriale sulle scuole, non c’è corrispondenza tra i (pochi) disegni e il capitolato, ogni tanto c’è scritto “questo ospedale” e ci sono prezzi in lire».
Scorrere il testo della verifica è un’esperienza sconcertante anche per i non addetti ai lavori.
Almeno una ventina di elementi presenti nel computo ma assenti dagli elaborati grafici.
Una decina sono invece quelli presenti negli elaborati ma assenti dal computo: cosette quali pavimenti, pensiline, controsoffitti…
Il cronoprogramma non è coerente. Mancano i documenti relativi agli impianti di riscaldamento, igienico-sanitari e antincendio. E si potrebbe continuare.
«Superato lo stupore per tale progetto», prosegue la lettera, «abbiamo consegnato la nostra verifica in seguito alla quale abbiamo richiesto incontri con gli uffici per aiutarli a correggere il progetto».
La risposta? Cinque mesi di completo silenzio. Finchè «dopo molte e inutili insistenze, il giorno 2 febbraio 2016 siamo stati ricevuti dal responsabile del progetto nell’Ufficio Edilizia Scolastica di Roma Capitale.
Nell’occasione siamo stati informati che la nostra verifica negativa non era stata apprezzata e ancora nulla era stato fatto per sistemare il progetto, che gli uffici avrebbero proceduto al completamento del progetto, che ci sarebbe stato inviato per un’ulteriore verifica. Il pagamento dei nostri corrispettivi sarebbe avvenuto alla conclusione positiva del processo di verifica».
Quell’incontro sarà servito a qualcosa, penserete. Ma sbagliate.
Da allora sono trascorsi più di cinque mesi e tutto tace, scrive Freyrie a Virginia Raggi.
«Nessun progetto ci è stato inviato per ulteriore verifica e non ho alcuna risposta alle mie sollecitazioni. La domanda che le sottopongo è se sia possibile che, evacuata una scuola nel 2012, finanziata nel 2014, a fronte di un progetto a dir poco insufficiente e di una verifica che indica con chiarezza tutto quanto va fatto, ci sia una tale inerzia amministrativa che impedisce ai bambini di Ostia di avere un luogo dignitoso, sicuro e, magari, bello. Nel mondo normale per un progetto di questo tipo e dimensione si fanno dei progetti preliminari, definitivi ed esecutivi seri e completi, la gara d’appalto e si iniziano i lavori. La prego di una cortese risposta».
Anche noi aspettiamo una risposta, che dia conto anche delle responsabilità e delle misure adottate per sanzionare inerzie ed eliminare le incapacità amministrative: perchè non se ne può più che finisca sempre tutto a tarallucci e vino.
Sapendo che quella risposta, più che a noi, è dovuta ai bambini di Axa.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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