LO SCIOPERO ROVESCIATO DEI MURATORI DELL’AQUILA
A SEI ANNI DAL SISMA TRA RITARDI NEI PAGAMENTI DA PARTE DELLO STATO, APPALTATORI FALLITI E C.A.S.E. DI BERLUSCONI IN VIA DI DEMOLIZIONE
Aquila giace ancora in sala operatoria. Intubata da ogni parte, sorretta da ponti di acciaio, fili, pannelli di calcestruzzo e polvere.
Fratturata non più dal terremoto, lontano ormai, in quel drammatico aprile del 2009, ma dalle sue stesse ricuciture.
Ci sono stradine, come via del Falco, equamente divise a metà : da una parte, facciate belle e lisce, appena levigate e rimesse a nuovo, dall’altro lato della strada palazzi dimessi, puntellati come alberi morenti.
In via Roma è lo stesso: scendendo lungo uno degli assi che formano la croce centrale della città -l’altro è corso Vittorio Emanuele — sulla destra si staglia il colore arancione e lindo del palazzo fresco di nuovo.
A sinistra, invece, solo lo spigolo del Rettorato, che sembrava stesse per gettarsi sulla strada e ora è come incollato al resto dell’edificio, offre la sensazione di un intervento. Per il resto è una linea continua di sassi vecchi accartocciati sulle porte, di insegne divelte e di ponteggi, tanti ponteggi.
Addobbata dai tubi innocenti
L’Aquila è la città più transennata d’Italia. I tubi innocenti, quasi tutti costruiti dalla Marcegaglia — ogni giunto costa 30 euro e ce ne sono a centinaia di migliaia — costituiscono l’arredo urbano che si staglia sotto il sole di luglio.
Avvolgono il Convitto, opera rimasta sospesa e immobile, al centro del quadrivio, subito dietro la grande e bella piazza inagibile, risparmiano il palazzo comunale che è puntellato da ponteggi in legno, sbarrano l’accesso alle vie laterali dove il tempo sembra sospeso. Addobbano la chiesa dei Gesuiti e sovrastano via San Martino, all’imbocco del quartiere, solo e silenzioso, di San Pietro, abbandonata da un’impresa che è fallita.
L’ennesimo paradosso dell’Aquila, il più grande cantiere d’Europa che incuba perdita di posti di lavoro, chiusura e fallimenti di imprese, vertenze giudiziarie che vengono via come le ciliegie.
La scuola elementare De Amicis, subito accanto alla bella basilica di San Bernardino, tirata a lucido e nuova, a dimostrazione che si può ricostruire, è l’emblema scelto dalla Fillea-Cgil, il sindacato degli edili, per denunciare la situazione del capoluogo abruzzese. Il cantiere è fermo da un anno, nonostante l’appalto da 10 milioni di euro e i 900 mila euro raccolti dal concerto (Amiche per l’Abruzzo , lo chiamarono) di Laura Pausini, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini e Giorgia, tra le altre.
Solo pochi giorni fa l’impresa Mgm Spa che ha la sua sede a Latina — il cui amministratore è stato rimosso dopo l’arresto per frode, corruzione e turbativa d’asta — ha recintato il cantiere e strappato le erbacce sapendo della manifestazione di sabato.
Gli edili della Cgil, infatti, hanno rispolverato l’idea eretica di Danilo Dolci, “lo sciopero alla rovescia”, per attirare l’attenzione di stampa e istituzioni.
E così, davanti alla scuola dai ponteggi più eleganti del capoluogo — immancabilmente by Gruppo Marcegaglia — si sono radunati gli operai, con il caschetto giallo e gli attrezzi in vista per esibilire la voglia di lavoro. In mano cartelli a ostentare l’incredibile: “Sono stato licenziato due anni fa, non riesco a trovare un’altra occupazione. Chiediamo lavoro!”.
Buffo, il lavoro edile qui non dovrebbe mancare, eppure non è così.
“Dal 2008 al 2014, spiega Silvio Amicucci, segretario regionale Fillea, gli iscritti alla Cassa edile — l’ente di solidarietà e assistenza degli edili, ndr. — nella regione sono passati dal circa 23 mila a 18.500”.
Lo stesso per il numero di ore lavorate sceso da 21,7 milioni del 2008 ai 14,7 del 2014. L’agonia riguarda anche le imprese che sono passate da 4 .642 a 3.434.
Un tonfo clamoroso fatto di fallimenti, chiusure e lavoratori disoccupati.
“Nei nostri uffici — spiegano il segretario aquilano, Emanuele Varrocchi — abbiamo calcolato una media di 5 vertenze alla settimana. Vertenze che si concludono con una conciliazione, quindi fondate”.
Dal 2009 sono più di un migliaio. Con questi dati si entra nel vivo del problema sollevato dallo sciopero ispirato a Danilo Dolci.
“Le aziende prendono gli appalti — spiega Cristina Santelli, anch’essa della Fillea — ma spesso non hanno la forza e la solidità per sostenere il ritardo dei pagamenti pubblici. E così, dopo i primi ritardi, chiudono e i lavori si fermano”.
Ad alimentare questo circolo perverso sono state finora grandi aziende, alcune molto rilevanti.
La Mazzi di Verona, ad esempio, ha lasciato ferma la ristrutturazione del Convitto, la Taddei, che occupa circa cento dipendenti, è fallita abandonando buona parte del quartiere dietro via Roma.
La stessa Taddei figura tra le imprese che hanno vinto l’appalto da 150 milioni per la costruzione della Smart City, la città intelligente, dove i servizi idrici, elettrici e del gas passeranno sotto il tunnel.
Solo che anche in questo caso sono già scattati i primi avvisi di garanzia per turbativa d’asta recapitati al presidente dell’Ance aquilana (l’associazione dei costruttori), Gianni Frattale, a Danilo Taddei dell’impresa omonima ma anche al presidente dell’altra società appaltante, la ravennate Amcar, Alfredo Zaccaria.
Tornano i pilastri del sistema degli appalti in Italia, il malaffare, la corruzione e il relativo spreco da essi prodotto.
Il problema resta la mancanza di fondi
Il meccanismo della ricostruzione sembra sia un affare imponente per l’esile struttura burocratica italiana.
Il sindaco accusa i Beni culturali e le lungaggini degli uffici di passaggio. Nel sindacato non vengono però sottaciute le responsabilità del Comune quando si tratta di facilitare i pagamenti alle imprese.
Ma, soprattutto, e a monte, c’è un problema di soldi.
L’Ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere (Usrc) voluto dall’allora ministro Fabrizio Barca — che ha rimesso in ordine la legislazione ordinaria dopo la fase emergenziale gestita dal governo Berlusconi — monitora e coordina la ricostruzione privata, assegnando i fondi ai cittadini, o ai consorzi che si vanno formando, per poi effettuare i lavori.
L’Usrc va molto fiero della propria efficienza vantando velocità e precisione nell’assegnazione dei contributi alle opere.
È appena uscito l’undicesimo elenco (la lista in cui sono dettagliati gli interventi da fare) con un finanziamento, deliberato dal Cipe, di circa 800 milioni. Ma il decimo elenco, uscito nell’agosto del 2014, ha visto l’attribuzione dei fondi solo venti giorni fa.
Il caso delle scuole è emblematico: come riporta l’Usrc, su 136 milioni di risorse complessive, da maggio 2014 sono stati approvati interventi per 52 milioni di euro, immediatamente cantierabili, trasferendo contributi agli enti attuatori per 18 milioni, il 15% del totale.
In ogni caso, si sta parlando di una quota ancora molto marginale di interventi di ristrutturazione.
Una fetta rilevantissima di risorse se n’è andata per le famose C.A.S.E. costruite da Silvio Berlusconi di cui però si inizia a parlare seriamente di demolizione, almeno parziale, perchè sono fatiscenti e in alcuni casi sono state anche evacuate.
Salvatore Cannavo’
(da “il Fatto Quotidiano”)
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