LO SFRUTTAMENTO DELLE BADANTI: SONO 1,5 MILIONI, MA IL 62% NON HA UN CONTRATTO REGOLARE
RAPPORTO DEL CENSIS: IL 44% DELLE COLLABORATRICI DOMESTICHE HA AVUTO UN INFORTUNIO NEL CORSO DELL’ANNO MA TACCIONO PER PAURA DI ESSERE DENUNCIATE….SU 100 ORE DI LAVORO VENGONO VERSATI I CONTRIBUTI SOLO PER 42 ORE
Donna, giovane, spesso diplomata o laureata. E immigrata.
Questo, secondo l’ultima ricerca del Censis, il profilo del collaboratore domestico che lavora nelle case degli italiani, asse portante di una società sempre più anziana, ma non ancora tutelato a dovere.
Nel nostro Paese lavorano circa 1,5 milioni di colf e badanti, il 42% in più rispetto al 2001.
Il 62% non ha un contratto regolare o, se ce l’ha, non riceve una copertura previdenziale regolare.
In media, su 100 ore di lavoro sono soltanto 42 quelle per cui vengono versati i contributi.
Dai dati Censis emerge anche che generalmente si tratta di donne romene (19,4%), ucraine (10,4%), polacche (7,7%) o moldave (6,2%) e che queste collaboratrici spesso sono vittime di incidenti sul lavoro.
Tra le cause più diffuse disattenzione, comportamenti azzardati e incapacità di comprendere le istruzioni di funzionamento di un elettrodomestico.
Nel 2008 sono stati 3.576 gli infortuni, due dei quali mortali, e il 44,3% delle persone interpellate dichiara di aver già subito un incidente nel 2010.
Più colpiti gli stranieri (46,3%) e per lo più da bruciature (18,7%), scivoloni (16,1%), cadute dalle scale (12,2%), ferite da coltelli (8,6%), strappi e contusioni (7,6%), intossicazioni da detersivi (4,2%) e scosse elettriche (3,6%).
Nella maggior parte dei casi le famiglie sanno dell’incidente perchè magari presenti in casa in quel momento (38,7%), perchè le conseguenze fisiche sono evidenti (15,7%) o perchè informate direttamente (16%).
Spesso però restano all’oscuro dell’accaduto (27,5%): nel 18% dei casi colf e badanti tacciono perchè l’incidente non è molto grave, ma anche per paura di essere rimproverate (5%) o licenziate (4,5%).
La sicurezza sembra comunque un problema avvertito solo in parte dagli italiani e infatti un lavoratore su tre denuncia di non ricevere nessun supporto in tal senso da parte dei datori di lavoro (32,6%).
Il livello di istruzione dei collaboratori domestici stranieri è comunque più alto rispetto a quello dei colleghi italiani: il 37,6% ha un diploma di scuola superiore e il 6,8% una laurea (contro, rispettivamente, il 23,2% e il 2,5% dei lavoratori italiani).
La maggior parte (55,4%) lavora per una sola famiglia, ma il 44,6% è “pluricommittente”: il 15,4% lavora per due famiglie, il 13,6% per tre, il 9,8% per quattro e il 5,7% per più di quattro.
Il 26,5% alloggia presso la casa per cui lavora.
La paga mensile media è di 900 euro netti, ma molti ne guadagnano meno di 1000.
In particolare, il 22,9% meno di 600 euro, il 20,2% da 600 a 800 euro e il 24,5% tra 800 e 1.000.
Per una fetta consistente dei collaboratori domestici (32,4%), però, lo stipendio netto mensile supera i 1.000 euro (il 14,6% ne guadagna più di 1.200).
Quello che emerge da questi dati è che il datore di lavoro italiano tende ad approfittare del clima di discriminazione che viene alimentato nel nostro Paese nei confronti del lavoratore straniero.
Gli stessi che si lamentano dello straniero che non lavora, quando poi lo utilizzano per un lavoro spesso non lo pagano come farebbero con un italiano e non gli fanno un regolare contratto, sfruttando lo stato di insicurezza sociale da loro stessi alimentato.
Forse perchè fa comodo a certe forze politiche tenere la badante straniera sempre in bilico tra rischio espulsione e certezza di sfruttamento.
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