LUCIA BORSELLINO: “MAFIOSO E’ ANCHE CHI STA ZITTO, VIVO NELL’ERGASTOLO DEL DOLORE”
LA FIGLIA DEL GIUDICE UCCISO: “LO STATO C’E’, COME NELLA NUOVA MAGISTRATURA DI CALTANISSETTA CHE HA RIAPERTO LE INDAGINI SULLA STRAGE”
“Per me mafioso è chiunque si renda corresponsabile, sia esso un componente dello Stato o meno. Anche solo con il silenzio. Questo è intollerabile, lo dico da figlia e da cittadina. Provo indignazione per quello che sta accadendo, e per questo ho scelto di sposare l’iniziativa di Rosalba e Dina. Ritengo sia una delle poche se non addirittura la prima voce su un argomento su cui ancora si continua a tacere irresponsabilmente”.
La voce di Lucia Borsellino è pacata, le parole quasi sussurrate.
È minuta come un uccellino, con due grandi occhi nocciola che riempiono il viso, eppure quelle parole echeggiano forti come bombe.
Più forti di quella che il 19 luglio 1992, in via d’Amelio nella sua Palermo, le ha portato via il papà : il giudice Paolo Borsellino.
“Il mio lo definisco un ergastolo del dolore. Purtroppo è una condizione mentale che non si riesce a tirare fuori, per quanto poi si cerchi di dare ogni giorno una ragione al proprio impegno e una propria voglia di cambiare le cose. Mentre prima ero particolarmente ottimista, perchè mio padre lo è stato, oggi sono più con i piedi per terra alla luce di quanto è accaduto. Sono più disillusa. Questo mi aiuta anche ad apprezzare quel piccolo passo avanti, che poi si fa perchè si vuole fare”.
Il piccolo (grande) passo avanti lo sta facendo la Magistratura di Caltanissetta, riaprendo il caso con il Borsellino quater, grazie alle dichiarazioni del nuovo pentito Gaspare Spatuzza. Argomento di cui si è parlato a Mozzecane (piccolo, ma molto attivo Comune in provincia di Verona), nella manifestazione “Verità e memoria” all’ottava edizione.
Ma non è sola, Lucia: c’è anche Tina Montinaro con lei, vedova del caposcorta di Falcone, e l’avvocato Rosalba Di Gregorio, che ha scritto con la giornalista Dina Lauricella il libro “Dalla parte sbagliata”, che mette nero su bianco ciò che Rosalba, inutilmente, ha gridato al vento per anni.
A cominciare da complotti istituzionali e depistaggi palesi.
Una strana coppia, Lucia e Rosalba: lei è l’avvocato dei setti imputati condannati all’ergastolo per la strage di via d’Amelio, ora in sospensione della pena grazie alle rivelazioni di Spatuzza. “Non che ci si aspetti qualcosa — mette le mani avanti l’avvocato Di Gregorio, donna che le cose le affronta tutte di petto-. O meglio, dal quater emerge, finalmente, un pezzo di giustizia in più, fatta su prove e non su preconcetti, preconfezionamenti, teoremi forzati. Un pezzetto di verità ”.
Queste forti donne del Sud, ormai, a Mozzecane sono di casa.
“L’incontro con i ragazzi all’Università , la visita alla macchina distrutta, reperto della strage di Capaci: a Palermo non importa a nessuno — taglia corto l’avvocato Di Gregorio -. Con gli studenti di Giurisprudenza a Verona si è approfondito l’argomento, cosa che a Palermo mai è successa”.
Ma le Istituzioni, le manifestazioni nella ricorrenza delle stragi allora?
“Stai per caso parlando delle manifestazioni farsa, quelle in cui i Ponzio Pilato si battono il petto e si trascinano lì a mostrare che siamo tutti compenetrati e abbiamo bisogno di ricordarlo con una manifestazione costosa?”, sferra Di Gregorio.
“L’antimafia è diventata quasi una categoria sociale — aggiunge Lucia Borsellino -, quando invece dovrebbe essere la normalità delle cose, una condizione esistenziale”.
Parole durissime, le sue. “Un reperto come quello che ho visto a Mozzecane, la macchina della scorta di Falcone, da noi è invece un elemento di vergogna e di disonore. Invece dovremo avere la responsabilità di tenere sempre a mente quanto è accaduto per combatterlo fino all’ultimo respiro. Da noi ci sono ancora forti resistenze culturali che vanno abbattute, ma nello stesso tempo ci sono anche anticorpi fortissimi che si dovrebbero proliferare. Mi accorgo come tante cose siano ancora restie a cambiare, soprattutto nella mia terra. Ma lo Stato c’è, ed è in queste manifestazioni, come nella nuova magistratura di Caltanissetta”.
Anna Martellato
(da “La Stampa“)
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