L’ULTIMA CARTA DI BERSANI: DA LUNEDI DUE AMBASCIATORI DEL PD TRATTERANNO CON GRILLO
IL PATTO CON I MONTIANI… SPUNTA LANZILLOTTA PER IL SENATO
Due “ambasciatori” che verranno scelti in queste ore e ufficializzati lunedì, alla prima assemblea degli eletti del Pd. Pier Luigi Bersani ha deciso di anticipare i tempi con Beppe Grillo.
Non aspetterà l’apertura delle Camere fissata per venerdì.
Già all’inizio della prossima settimana il Partito democratico avrà una delegazione “autorizzata” che chiederà un incontro a tutti i gruppi parlamentari prima della seduta inaugurale.
L’obiettivo principale naturalmente sono i 5stelle che hanno già i capigruppo designati: Roberta Lombardi (Camera) e Vito Crimi (Senato).
Sul tavolo c’è la formazione del governo.
E un passaggio preliminare, uno snodo-chiave per capire il futuro della legislatura: la presidenza delle Camere.
«Proponiamo al Movimento e agli altri un confronto aperto per arrivare ad assetti istituzionali plurali – spiega il segretario del Pd – . In parole povere, non vogliamo lottizzare il Parlamento, non vogliamo trasformarlo in un piano regolatore. Ci si confronta e si decide assieme».
I nomi degli emissari (o kamikaze?) non sono ancora noti, una potrebbe essere la neosenatrice Laura Puppato.
C’è una sola certezza: non toccherà ai capigruppo uscenti Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.
Entrambi in corsa per le presidenze delle Camere, non sono i più adatti a trattare su se stessi.
La difficoltà del dialogo con il comico lascia pensare che i prescelti verranno pescati tra i fedelissimi bersaniani e tra i più convinti dell’intesa con 5stelle.
Ma lo screening del segretario è appena partito.
Sarà questo il passaggio decisivo? Non è detto, ma il Pd ha deciso di seguire la strada indicata da Grillo: eletti che parlano con eletti, Parlamento sovrano, leader in disparte. Almeno ufficialmente.
In attesa delle “consultazioni” tra parlamentari, il gioco delle presidenze è in fase di stallo.
Questo non vuol dire che partiti e protagonisti stiano fermi, tutt’altro. Ma le variabili sono veramente troppe per mettere un punto fermo.
Chi, dentro al Pd, non crede al successo dell’accordo con Grillo, scommette su una soluzione: Franceschini a Montecitorio e Mario Monti a Palazzo Madama.
Il primo ha sulla carta 340 voti e l’elezione in tasca. Il secondo potrebbe vincere al ballottaggio.
Se n’è parlato in maniera superficiale anche giovedì durante il colloquio tra Bersani e il Professore. Ma c’è uno scoglio gigantesco.
Con una crisi lunga, il premier deve rimanere a Palazzo Chigi, non può trasferirsi in altri palazzi.
Il cambio è possibile. In caso di elezione al Senato, il suo posto verrebbe preso dal ministro dei Rapporti col Parlamento Piero Giarda.
Ma Giorgio Napolitano accetterebbe questa confusione?
Dopo l’incontro di Palazzo Chigi, che non ha avuto intoppi,
Pd e Scelta civica concorderanno passo per passo le scelte future.
Compresa quella più lontana ma fondamentale dell’elezione del nuovo capo dello Stato.
Incarico per il quale Romano Prodi rimane tra i favoriti anche grazie a un ottimo rapporto, non sbandierato, con il mondo grillino.
Significa Gianroberto Casaleggio, il fondatore, ma anche l’informazione vicina ai 5stelle.
Dai blog ai giornali. Se per Monti ci fosse l’ostacolo del governo, i centristi non hanno molte altre carte da giocare a Palazzo Madama.
Casini non è della partita visto il pessimo risultato elettorale.
Rimangono Pietro Ichino e Linda Lanzillotta.
La presidenza del Senato s’intreccia a una lotta interna piuttosto feroce dentro Scelta civica: seguaci di Italia Futura contro montiani e fedelissimi di Andrea Riccardi. I montezemoliani rivendicano il grosso dei voti e quindi delle poltrone.
Lanzillotta non è dei loro ma si fa notare quanto sia vicina a Montezemolo.
Questo scenario può cambiare completamente se si trova un’intesa coi 5stelle. Anna Finocchiaro diventerebbe la favorita per Palazzo Madama (con la variabile Piero Grasso) e un grillino andrebbe a Montecitorio.
A Largo del Nazareno sono sempre ottimisti. «Grillo non vuole andare a votare e il suo sogno è sparare su un governo Pd-Pdl – sottolineano i bersaniani – . Bene, mercoledì, in direzione, gli abbiamo fatto capire che non succederà mai. Adesso deve cambiare strategia». Ma finora non sono arrivati segnali di ripensamento dal comico.
(da “La Repubblica”)
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