IL VERO INCUBO DI BERLUSCONI: L’INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI CHE POTREBBE SCATTARE TRA DIECI MESI
IL PROCESSO MEDIASET IN CASSAZIONE A FINE ANNO
Il danno grosso deve ancora venire. Si materializzerà con le condanne definitive, quando arriveranno.
E arriveranno presto, come quella per il caso Mediaset. Fine 2013, primi mesi del 2014. L’incubo del Cavaliere ha un nome preciso, si chiama “interdizione dai pubblici uffici”.
Già prevista dai giudici di primo grado proprio per Mediaset, 5 anni di totale esclusione da qualsiasi incarico pubblico.
L’immediata esclusione dal Parlamento per due anni, visto che gli altri 3 sono cancellati dall’indulto del 2006.
La fine della carriera da leader. Niente più candidature come premier.
Berlusconi come Cesare Previti, cancellato dalla vita politica nel 2007 con la perdita dello scranno di deputato.
Questione di mesi, dai dieci alla dozzina al massimo. Poi l’ultimo giudizio davanti alla Corte di Cassazione.
È per questo che, ormai da giorni, Berlusconi è tornato a riproporre lo slogan della giustizia negata a Milano, ma garantita a Roma.
Per questo l’attacco alla magistratura in generale si è trasformato in quello «a una certa magistratura».
Pm e giudici di Milano, quelli sono i colpevoli.
A Roma invece le supreme toghe si comportano in tutt’altro modo.
Berlusconi le blandisce. Sa, perchè gliel’hanno spiegato fino alla noia i suoi legali, che da loro dipende il suo destino politico.
«In Cassazione avrò giustizia » ripete Berlusconi.
Questa è anche la profonda convinzione del suo avvocato Niccolò Ghedini.
Il quale, più di una volta pubblicamente, ha valutato come singolari ed eccezionali i tempi strettissimi in cui è stato fissato l’appello per Mediaset.
Il 26 ottobre 2012 la sentenza, il 18 gennaio la prima udienza d’appello.
Ghedini sa bene che il medesimo scatto in avanti si può verificare tra appello e Cassazione.
Il calcolo è presto fatto. Legittimi impedimenti permettendo, la sentenza d’appello per Mediaset dovrebbe arrivare entro la metà di aprile.
Era prevista per il 23 marzo, ma a questo punto “l’uveite” dell’ex premier gioca a suo favore.
A Milano sono tutti convinti che i 4 anni per frode fiscale chiesti in primo grado saranno confermati.
A quel punto il Cavaliere entra in una zona estremamente a rischio, in cui l’incastro dei mesi conta molto.
Le scadenze sono poche. Innanzitutto le motivazioni della sentenza, e ci vorranno al massimo due mesi per scriverle, ma anche di meno se prevale la logica dell’accelerazione per evitare che Mediaset venga prescritta entro il giugno nel 2014.
Siamo tra la fine di maggio e giugno. Agli avvocati spettano 30 giorni per presentare il ricorso. Ma a quel punto cominciano le lunghe vacanze dei magistrati.
Se ne riparla dalla metà di settembre in avanti.
A quel punto, con un processo che corre verso la prescrizione, è buona regola alla Suprema corte che l’udienza si faccia e la decisione sia presa in fretta per evitare il rischio che la mannaia del tempo scaduto dell’azione penale annulli tutto il lavoro fatto fino a quel momento.
Per la fine di quest’anno, al massimo i primi mesi del prossimo, il processo sarà chiuso.
Con l’assoluzione, secondo Ghedini e Berlusconi; con la piena condanna, sostengono i giudici.
Il dramma del Cavaliere si gioca qui.
Il suo problema non sarà l’eventuale conferma della condanna a 4 anni, di cui 3 sono comunque coperti dall’indulto dell’ex Guardasigilli Mastella.
E poi Berlusconi, come ultrasettantenne, gode della legge Cirielli che esclude dalla galera chi ha superato giusto i 70 anni.
Ma è l’interdizione dai pubblici uffici che, una volta confermata, diventa una tagliola dalla quale non ci si può in alcun modo sottrarre.
La storia di Previti si ripete identica e Berlusconi rivede il film del suo amico costretto comunque a fare un passo indietro.
A quel punto il Cavaliere è finito.
Daniela Santanchè, neo deputato del Pdl, è pronta ad esorcizzare il pericolo. È convinta che il Pdl, e non Berlusconi da solo, debba contrapporsi alle toghe nella manifestazione del 23: «Gli italiani devono capire che c’è una giustizia domestica solo per il nostro candidato premier ».
È un chiaro invito alla ribellione.
Perchè, dicono nel Pdl, «è inaccettabile che il nostro premier sia fatto fuori politicamente per via giudiziaria».
Liana Milella
(da “la Repubblica“)
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