MACRON VERSO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA: POTREBBE SFONDARE QUOTA 400 SEGGI SU 577
PRIMA TUTTI A SOSTENERE CHE NON AVREBBE MAI VINTO, POI CHE NON AVREBBE AVUTO I NUMERI PER GOVERNARE, ORA IL PROBLEMA E’ CHE POTREBBE STRAVINCERE… AL FRONT NATIONAL APPENA 10 SEGGI
Domenica i francesi votano per il primo turno delle elezioni legislative, per mandare all’Assemblea nazionale 577 deputati che dovranno sostenere – o contrastare – l’azione del presidente Emmanuel Macron e del primo ministro à‰douard Philippe. Secondo i sondaggi, dopo il secondo turno della domenica successiva (18 giugno), è probabile che il movimento fondato nell’aprile 2016 da Macron – con il nome di En Marche poi diventato La Rèpublique En Marche – conquisterà la maggioranza assoluta dei seggi. §E in modo molto ampio, forse superando la soglia dei 400 seggi su 577.
Un esito imprevedibile fino a pochi mesi fa
Al di là delle dimensioni, la vittoria di Macron anche in Parlamento è un esito che oggi appare quasi inevitabile, e che solo qualche mese fa sembrava impossibile.
Al momento di presentare la sua candidatura all’Eliseo, Macron è stato a lungo giudicato un candidato evanescente, privo di un vero partito e quindi espressione di una «bolla» mediatica destinata a scoppiare presto.
La bolla non è mai esplosa, e quando i sondaggi hanno cominciato a dare Macron come possibile vincitore dell’elezione presidenziale, i suoi avversari hanno sostenuto allora che i guai sarebbero iniziati dopo, quando una volta insediato all’Eliseo il nuovo capo di Stato si sarebbe accorto di non avere una maggioranza solida.
Il rischio di dare «troppo potere a Macron»
A un mese dalla vittoria nelle presidenziali, Macron si appresta invece a ottenere l’appoggio in Parlamento di una maggioranza fin troppo importante.
Tanto che, secondo il Canard Enchaà®nè, il presidente avrebbe confidato ai suoi collaboratori che «avremo molti deputati, quasi troppi, più di 400. Bisognerà inquadrarli per evitare troppa confusione».
E il presidente del comitato di investitura de La Rèpublique En Marche, Jean-Paul Delevoye, che ha selezionato i candidati, dice che «rischiamo di essere oltrepassati dal nostro stesso successo. Decine di deputati potrebbero creare problemi, dovremo essere vigili».
È quel che i francesi chiamano «un problema da ricchi», il genere di preoccupazione che vorrebbero tanto avere i partiti tradizionali, Les Rèpublicains (destra) e il PS (sinistra), che finora sono stati i pilastri del sistema politico francese e ormai sono ridotti ai suoi margini.
Gli ex Rèpublicains ed ex socialisti nel governo
Se i Rèpublicains sperano di ottenere intorno a 140 deputati, i socialisti potrebbero conquistare solo una trentina, una disfatta simile a quella storica del 1993.
Ma numeri a parte, la destra e la sinistra tradizionale patiscono il fatto di essere prosciugati, in termini di candidati e anche di programma politico, dal movimento «di destra e di sinistra» di Macron, che ha saputo cooptare uomini dell’uno e dell’altro schieramento riuscendo allo stesso tempo nell’acrobazia di porsi come una forza anti-sistema.
Figure di primo piano del governo arrivano dai Rèpublicains – per esempio il premier Philippe e il ministro dell’Economia Bruno Le Maire – e dai socialisti – il ministro dell’Interno Gèrard Collomb o quello degli Esteri e dell’Europa, Jean-Yves Le Drian –, tanto che il ruolo di opposizione sembra relegato all’estrema destra del Front National di Marine Le Pen e alla sinistra radicale della France Insoumise di Jean-Luc Mèlenchon.
Ma per il gioco delle alleanze e delle desistenze, il FN potrebbe conquistare non più di una decina di seggi (oggi ne ha due) e la France Insoumise una ventina.
Astensionismo e dialettica politica in crisi
I giochi sembrano fatti, e questo è un elemento che incoraggia l’astensione: secondo un sondaggio Odoxa, domenica potrebbero andare a votare solo il 52% degli aventi diritto (47 milioni e mezzo di francesi), cinque punti percentuali in meno rispetto al precedente record del 2012. Emmanuel Macron invita i francesi a dargli tutti gli strumenti per governare: «Il voto di domenica significa ”stop o encore”» (citazione di una trasmissione musicale radiofonica). Il rischio è che la maggioranza in Parlamento sarà talmente a suo favore che l’opposizione, e la dialettica politica, si farà nei prossimi mesi in piazza, soprattutto quando saranno prese misure impopolari come la riforma del lavoro o i tagli alla spesa pubblica.
Sempre che Macron non torni a stupire ancora.
(da “il Corriere della Sera”)
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