MARC LAZAR: “MACRON IL PIU’ FILO-ITALIANO DEI PRESIDENTI FRANCESI”
IL PROFESSORE DI SCIENCE PO SUL TRATTATO DEL QUIRINALE
“Tra tutti i presidenti della Quinta repubblica francese, Emmanuel Macron è sicuramente quello più filo-italiano”.
Anche per questo sono stati portati a termine i lavori per il Trattato del Quirinale, secondo Marc Lazar, professore all’università Sciences Po di Parigi e alla Luiss di Roma e specialista dei rapporti tra Francia e Italia.
L’accordo, annunciato nel 2017 durante il vertice franco-italiano di Lione da Macron e dall’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, sarà firmato domani.
Un’intesa diplomatico frutto di un lunga gestazione che ha attraversato momenti difficili, come quando nel 2019 durante il “Conte I” si aprì una crisi tra Roma e Parigi che portò al richiamo temporaneo dell’ambasciatore di Francia a Roma.
Prof. Lazar, quali sono gli elementi che hanno permesso di rilanciare le trattative per arrivare alla conclusione del Trattato?
Fin dall’inizio del suo mandato il presidente Macron ha mostrato l’intenzione di voler agire con l’Italia per trovare una soluzione a questo rapporto complesso che esiste tra i due Paesi. Il capo dello Stato francese non ha solamente una passione culturale nei confronti dell’Italia, come poteva essere ad esempio quella del suo predecessore, anche lui filo-italiano, François Mitterrand. Secondo la realpolitik di Macron, l’Italia ha un ruolo da svolgere in Europa. A questo si aggiunge poi l’arrivo di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio. Tra i due c’è una stima reciproca molto forte e una convergenza di vedute. Macron ha anche un ottimo rapporto che il il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il rafforzamento dei rapporti franco-italiani potrebbe andare a discapito della Germania?
È impossibile. C’è un riconoscimento da parte di entrambi i Paesi della superiorità delle relazioni franco-tedesche. Questo per ragioni storiche, ma anche economiche. Francia e Germania hanno firmato il Trattato dell’Eliseo nel 1963, il rapporto tra di loro resta molto stretto. L’idea non è quella di creare un’asse Parigi-Roma in contrapposizione a quella di Parigi-Berlino. Il Trattato del Quirinale non sarà un’alternativa ma una complementarità alla forte relazione tra Francia e Germania, di cui bisognerà definire l’esatto contenuto.
L’accordo è stato fortemente criticato in Italia, soprattutto da Giorgia Meloni, che definito “scandaloso” il fatto che “un simile accordo sia firmato di soppiatto senza una discussione parlamentare”. Il testo approderà in Parlamento solo dopo la firma. Come si spiega queste critiche?
È innegabile che in Italia ci sia un sentimento critico nei confronti della Francia. È quanto emerso anche da un sondaggio fatto nel giugno del 2019 nell’ambito dei “Dialoghi italo-francesi” organizzati da Sciences Po e dalla Luiss con la partecipazione del Forum Ambrosetti. Dall’inchiesta risultò che tra il 38% e il 40% degli italiani ha antipatia nei confronti della Francia. Tra le motivazioni addotte dagli intervistati c’era la presunta arroganza dei cugini d’oltralpe, l’ingresso di importanti aziende francesi nel mercato italiano o l’atteggiamento avuto da Parigi su alcuni dossier, come ad esempio quelli riguardanti la gestione dell’immigrazione o la crisi in Libia. È proprio su questo sentimento critico che giocano alcuni partiti politici, giornalisti o commentatori. C’è poi una seconda riflessione: denunciare “l’imperialismo” dei grandi gruppi francesi è più facile rispetto all’interrogarsi sulle responsabilità delle aziende italiane, che hanno permesso agli investitori transalpini di entrare nel loro mercato.
Che tipo di reazioni ha suscitato il Trattato del Quirinale in Francia?
Qui c’è molta più indifferenza. Al momento non vedo reazioni, commenti politici o critiche, anche perché ricordo che i contenuti del trattato non sono ancora stati resi noti.
A cosa porterà un simile accordo?
Tutto dipenderà da come verrà utilizzato in entrambi i Paesi. Potrà rimanere un semplice pezzo di carta firmato e messo da parte o potrà essere utilizzato come uno strumento per sviluppare i rapporti e aumentare la collaborazione in diversi settori, come quello dell’industria o dell’istruzione. Ma su questo pesa l’incertezza politica che sussiste in entrambi in Paesi. In Italia si eleggerà a breve il nuovo presidente della Repubblica, e la destra potrebbe andare al governo quando si tornerà alle urne. In Francia, invece, bisognerà attendere le prossime elezioni presidenziali che si terranno nell’aprile del 2022 per sapere se Macron sarà confermato. In caso di sconfitta, non è detto che il futuro inquilino dell’Eliseo sarà disposto a portare avanti questo trattato.
(da Huffingtonpost)
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