MACRON, DRAGHI E IL TRATTATO DEL QUIRINALE: NASCE IL PATTO POST MERKEL
PARTNERSHIP IN TANTI SETTORI
L’arrivo del presidente francese Emmanuel Macron a Roma per la firma del laborioso Trattato del Quirinale suggella la luna di miele tra Italia e Francia, dopo un periodo burrascoso nelle relazioni tra i due Paesi che ha conosciuto il suo picco durante il governo M5S-Lega.
Ripercorrere le origini e le battute d’arresto del contratto con cui Roma e Parigi promettono di rimanersi fedeli sempre, in una molteplicità di settori, è indicativo delle montagne russe che hanno caratterizzato la politica italiana dal 2017 a oggi.
Quanto alla portata del Trattato, basti sapere che per importanza è paragonato a quello dell’Eliseo del 1963, quando Francia e Germania si misero insieme per ricucire un rapporto infranto dopo la Seconda guerra mondiale.
Da sottolineare il tempismo a livello europeo, con il vuoto di potere lasciato dalla cancelliera Angela Merkel ancora tutto da colmare dal suo successore designato Olaf Scholz.
L’idea originaria del Trattato risale al settembre 2017: il presidente del Consiglio italiano era Paolo Gentiloni e Macron aveva appena pronunciato, il giorno prima, il discorso della Sorbona sul rilancio dell’integrazione Ue.
Gli sherpa di entrambi i Paesi iniziarono subito a lavorarci, ma dovettero fermarsi l’anno successivo di fronte agli attriti tra l’Eliseo e il primo governo presieduto da Giuseppe Conte. In quel periodo i rapporti sono entrati in una fase di “profonda crisi”, spiega Jean-Pierre Darnis, esperto di relazioni franco-italiane e professore associato presso l’Université Côte d’Azur e l’Università Luiss Guido Carli di Roma.
L’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini si scontrò apertamente con Macron su migranti e Libia.
Mentre Luigi Di Maio – all’epoca ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, prima dell’approdo alla Farnesina – fece infuriare l’Eliseo incontrando i manifestanti francesi dei gilet gialli (Parigi arrivò a richiamare il suo ambasciatore a Roma).
Sotto il governo Conte II, nel 2020, la discussione sul Trattato è ripartita, ma è solo con l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi che è arrivata l’accelerazione. L’estradizione ad aprile di dieci condannati per terrorismo negli anni di piombo può essere considerata come il ramoscello d’ulivo offerto da Parigi, il segnale che ha aperto la strada alla collaborazione.
Cerimonia in pompa magna
Oggi le tensioni sono acqua passata. L’Eliseo sottolinea che il Trattato del Quirinale “favorirà la convergenza delle posizioni francesi e italiane, come il coordinamento tra i due Paesi in materia di politica europea ed estera, di sicurezza e difesa, di politica migratoria, economia, intelligence, ricerca, cultura e cooperazione transfrontaliera”. La visita servirà anche ad affrontare “temi a livello europeo, come a preparare la presidenza francese dell’Ue” dal primo gennaio prossimo.
Il primo appuntamento per Macron è alle 17.20 per un incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poi il faccia a faccia con Draghi seguito da un incontro allargato alle delegazioni.
Alle 21 la cena al Quirinale offerta da Mattarella; domani mattina la cerimonia per la firma del Trattato e le dichiarazioni alla stampa, prima dell’udienza in Vaticano con Papa Francesco.
Cosa prevede il Trattato
Il Trattato si presenta come un documento di una trentina di pagine, composto da una premessa su valori e obiettivi comuni tra Italia e Francia, e poi da undici capitoli tematici. Sarà accompagnato da un programma di lavoro di altre 30 pagine, che individua più concretamente come i due governi perseguiranno gli obiettivi fissati. Le aree di partnership includono sicurezza, difesa, affari europei, migrazione, industria, settori strategici (inclusi 5G, intelligenza artificiale e cloud), giustizia, capitale di rischio in start-up e imprese innovative, macroeconomia, cultura e politiche giovanili.
L’obiettivo – come spiegato da Michele Valensise su HuffPost – è creare meccanismi di consultazione periodica in ogni settore, attraverso cui verificare i rispettivi interessi, superare eventuali divergenze, promuovere possibili sinergie. Il programma di lavoro allegato evoca riunioni congiunte dei Consigli dei ministri, un vertice bilaterale ogni anno e la ricerca costante di una posizione comune nell’Unione europea ma anche nelle istituzioni internazionali come l’Onu o la Banca Mondiale. I ministeri collegati ai vari settori avranno il compito di coordinarsi con i loro omologhi. La bozza include anche un impegno a rafforzare la strategia di difesa dell’Ue, un tema caro a Macron come complemento alle capacità della NATO.
Cosa significa in chiave europea
Superati i contrasti dell’epoca giallo-verde, Parigi e Roma si sono avvicinate negli ultimi mesi anche per coordinarsi sul piano di ripresa economica post-pandemia dell’Ue. Poiché entrambi i Paesi sono fortemente indebitati, hanno un interesse comune a spingere l’Ue verso posizioni più permissive in fatto di spesa. Tanto più che a Berlino sta per arrivare un nuovo ministro delle Finanze considerato un falco dell’austerity, il liberale Christian Lindner.
La firma del Trattato del Quirinale coincide con l’uscita di scena, dopo 16 anni, della cancelliera Angela Merkel.
Il quotidiano tedesco Handelsblatt descrive il Trattato come “una sfida” per la Germania, sostenendo che Italia e Francia potrebbero “porre il loro marchio sull’Ue nell’era post-Merkel” e spingere per la riforma delle regole europee sul debito. Macron e Draghi – sottolinea il quotidiano – sono “due capi di governo forti nell’Europa del sud, con grandi ambizioni anche oltre il confine” dei rispettivi Paesi.
Nella prospettiva di un’Ue più incisiva, l’auspicio di molti è che si rafforzi il treppiede composto da Roma, Parigi e Berlino.
Per Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi, dopo il Trattato del Quirinale l’Italia dovrebbe lavorare a un’intesa analoga con la Germania per completare quel triangolo Roma-Parigi-Berlino grazie al quale rafforzare l’Ue. Secondo Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo, “dobbiamo metterci in testa che o si ricostruisce l’Europa su un treppiede – Roma, Berlino, Parigi – oppure l’Europa non ce la farà”.
La cooperazione industriale come cartina di tornasole
È probabile che la cooperazione industriale sia una cartina di tornasole per capire se il nuovo patto è più che simbolico. Come suggerisce Politico, la presenza del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire a Roma con Macron sembra puntare in questa direzione.
La politica industriale europea è stata tradizionalmente dominata dal binomio franco-tedesco – che spesso ha fissato l’agenda industriale dell’Ue elaborando piani di investimento congiunti o spingendo insieme per le riforme – mentre il rapporto industriale franco-italiano è stato spesso teso. I legami economici tra i due Paesi sono molto forti, soprattutto in termini di scambi, ma quando si tratta di investimenti, la bilancia pende a favore della Francia. Secondo il ministero dell’Economia francese, la Francia è stata il primo investitore straniero in Italia nel 2019, mentre gli investitori italiani si sono classificati all′8° posto in Francia. Uno dei banchi di prova sarà proprio la capacità di sviluppare relazioni bilanciate e favorevoli a entrambe le economie.
(da Huffingtonpost)
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