MARINE LE PEN VUOLE I “RISTORI”: MONTAGNE DI DEBITI E DI DUBBI
COSTRETTA A LICENZIARE E TROVARE UNA SEDE PIU’ MODESTA: DENTRO LA CRISI DEL RASSEMBLEMENT NATIONAL
Nonostante l’anniversario dei primi dieci anni alla guida del Rassemblement National che ricorre in questi giorni, Marine Le Pen non ha molto da festeggiare.
La sua formazione sovranista e antisistema è sepolta da una montagna di debiti, che alla fine del 2018 ammontavano a 24,4 milioni di euro. E proprio seguendo l’esempio di una delle tante multinazionali straniere spesso indicate come il nemico da combattere, il partito si ritrova a dover licenziare per riuscire a sopravvivere.
A fare le spese del piano di ristrutturazione sono quattro dipendenti del servizio di comunicazione, che secondo quanto annunciato dalla dirigenza verrà esternalizzato.
A questo si aggiungono due prepensionamenti che non saranno sostituiti. Secondo Le Figaro, che ha dato in anteprima la notizia, il partito della Le Pen dovrebbe ridimensionare il suo organico tagliando complessivamente una decina di teste, per arrivare a meno di 30 dipendenti.
La formazione non è nuova a problemi finanziari, visto che nel giugno dello scorso anno è riuscita a rinegoziare le modalità per saldare un debito da 9 milioni di euro contratto presso una banca russa, la Forst Czech Russian Bank, in seguito fallita e passata nelle mani della società Aviazaptchast, specializzata in componenti militari.
La riduzione del personale, però, non è l’unica mossa prevista per diminuire i costi. La storica sede di 2mila metri quadrati situata nel feudo di Nanterre, alle porte di Parigi, con tanto di statua dorata di Giovanna d’Arco all’entrata, è diventata un lusso insostenibile. Così, mentre negli uffici si cominciano a fare i cartoni, il braccio destro della Le Pen, l’eurodeputato Jordan Bardella, ha lanciato le ricerche per un locale più modesto, possibilmente nel centro di Parigi.
Al di là delle ragioni economiche, il trasloco contribuisce all’operazione di restyling lanciata ormai diversi anni fa dalla leader, che cerca di reinventarsi per l’ennesima volta dopo la sconfitta incassata alle ultime presidenziali del 2017.
Ormai sembrano essere ormai lontani i tempi del Front National (nome cambiato nel 2018) del padre Jean-Marie, che intanto si è risposato a 92 anni senza neanche invitare le figlie.
In questo periodo di crisi provocata dal coronavirus Marine Le Pen ha tenuto un profilo relativamente basso, lasciando il presidente Emmanuel Macron gestire una situazione senza precedenti.
Niente dichiarazioni complottiste, toni contenuti e posizioni moderate: un atteggiamento in apparenza responsabile, ma che in realtà ha seguito la curva dell’opinione pubblica evitando così strattonamenti rischiosi. Come sui vaccini, visti con diffidenza a dicembre e poi accettati il mese seguente, dopo che nei sondaggi il numero di francesi disposti ad immunizzarsi è salito al 56 per cento.
Ma la strategia per le prossime presidenziali è ancora tutta da definire. Le Pen ha già annunciato la sua prossima candidatura per il 2022, che dovrebbe essere ufficializzata a luglio durante il congresso nazionale a Perpignan. Nell’attesa, il suo partito è al lavoro per scegliere una linea e, soprattutto, evitare gli errori fatti nel 2017.
Da quanto riferisce Paris Match, Le Pen in questo periodo sta incontrando almeno una volta a settimana il gruppo degli “Orazi”, un collettivo creato nel 2016 che vede al suo interno alti funzionari pubblici, capi di impresa ed ex membri di governo.
Tutti rimasti anonimi tranne il loro portavoce, Jean Messiha, che giustifica la discrezione dei suoi colleghi definendola “indispensabile in una società orwelliana come la nostra”. Con questa èlite di consiglieri, la futura candidata dell’estrema destra francese sta cercando una quadra su alcuni temi cruciali. L’euroscetticismo mostrato alle ultime presidenziali si è rivelato fallimentare, così come le posizioni prese su temi economici, troppo vaghe e incomprensibili.
A questi dossier si aggiunge poi il posizionamento del Rassemblement National, che dovrà decidere su eventuali alleanze nel panorama nazionale, mentre resta in agguato Marion Marechal, nipote di Marine, uscita dalla politica ma onnipresente sui media francesi, dove non risparmia frecciatine verso la zia.
Ma la corsa all’Eliseo, si sa, è piena di ostacoli. Prima delle presidenziali del 2022, i francesi dovranno votare per le regionali e le dipartimentali a giugno (se il governo non deciderà di posticiparle un’altra volta a causa della crisi sanitaria).
Un test fondamentale per l’estrema destra francese, che dopo i deludenti risultati delle municipali dell’anno scorso cerca l’effetto “sorpresa” come scrive Le Monde, nel tentativo di aggiudicarsi la prima regione della sua storia.
Il voto locale è da sempre un tallone d’Achille per il partito, che soffre una scarsa presenza a livello locale ad eccezione di alcune zone nel nord della Francia.
Per questo Le Pen sta serrando i ranghi con al speranza di evitare brutte sorprese provenienti dalle fila dei candidati. Secondo quanto riferisce il settimanale L’Express, il partito avrebbe assunto Nicolas Pierron, vice-delegato dipartimentale della Seine-Saint-Denis, con il solo compito di passare al setaccio tutti i candidati per studiare i loro profili ed evitare figuracce come quelle fatte durante la campagna delle dipartimentali nel 2015, segnata da commenti razzisti, omofobi e antisemiti da parte di diversi rappresentanti dell’allora Front National.
L’ennesimo filtro per un partito sempre più simile a quell’establishmente tanto criticato durante i comizi.
(da “Huffingtonpost”)
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