MARONI SI ISCRIVE A “LA SAI L’ULTIMA?”: “POTREMMO NON CANDIDARCI PER IL PARLAMENTO”
TUTTI RIDONO DEL BARZELLETTIERE TRASOGNANTE, QUALCHE DEPUTATO DEL CARROCCIO CI CASCA E SI AGGIRA DISTRUTTO IN PARLAMENTO: “MA E’ VERO CHE DOVREI INIZIARE A LAVORARE?”
«Lontani da Roma. Più presenti in Padania». Il mantra è vecchio quanto la Lega. Ma da ieri è tornato d’attualità .
Roberto Maroni, alle prese con l’arduo compito di rianimare il partito dopo uno dei peggiori tonfi elettorali che si ricordino (secondo i dati dell’istituto Carlo Cattaneo il Carroccio ha perso oltre il 50% dei voti), ha deciso di rispolverarlo.
«L’ossessione dei partiti è andare in Parlamento, per la Lega conta il territorio – ha detto l’ex ministro dell’Interno, a Cesena per il congresso “nazionale” romagnolo in cui il suo fedelissimo e pluri-inquisito Gianluca Pini ( ma la pulizia con le scope per i compagni di merenda del datore di lavoro di Isabella Votino non valgono) è stato rieletto segretario con oltre il 90% dei voti.
E ha aggiunto una battuta da capocomico: “Non escludo che al consiglio federale possa passare l’ipotesi di non candidarci al Parlamento di Roma. Per noi conta il governo della Padania, tutto il resto è un mezzo e non il fine».
E come farebbe poi a mantenersi la classe dirigente della Lega senza distribuire cadreghe?
La campagna elettorale in vista delle politiche insomma è iniziata e il leader dei «barbari sognanti» una cosa da Bossi l’ha imparata: sparare palle mediatiche.
E a chi gli chiede notizie sull’ufficializzazione della sua corsa per la guida del partito risponde: «Oggi c’è il Consiglio federale, penso che, lì, si dirà qualcosa».
Meglio evitare ulteriori strappi.
In questi giorni, inoltre, anche l’europarlamentare Mario Borghezio ha annunciato la possibilità di una sua discesa in campo «se non verrà dato spazio alle istanze indipendentiste».
Alla forma, Bobo Maroni, antepone la sostanza della leadership.
Boccia per ora anche l’eventualità di un ritorno dell’alleanza nel dopo-amministrative. «Se entro il mese di luglio il Pdl decidesse di togliere il sostegno al Governo Monti e andare al voto in autunno, allora ci possiamo pensare”.
Per Maroni “il congresso servirà anche per rilanciare l’azione politica. Questa pagina, con episodi come quelli della Tanzania e dintorni, è chiusa, riguarda la Lega del passato». Cioè quella Lega dove per venti anni lui ha avuto un ruolo di primo piano, nomine e prebende senza essersi mai accolto di nulla.
Senza contare che a decidere se sia davvero “chiusa”, normalmente sono i magistrati, non i condannati per resistenza a pubblico ufficiale che poi diventano ministri degli Interni.
Sul nuovo simbolo, e sull’ipotesi di togliere il nome di Bossi, Maroni ha le idee chiare: «Il simbolo appartiene al movimento, è parte del patrimonio della Lega ed è amministrato dal consiglio federale al quale spetta ogni decisione. In questi anni lo abbiamo cambiato, il simbolo evolve».
Che voglia metterci un sax stilizzato al posto di Alberto di Giussano?
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