MATTEO RENZI, PROVA SUPERATA ALLA FESTA DEL PD: “MI FIDO DI ELLY SCHLEIN”
APPLAUSI PER L’EX SEGRETARIO ALLA FESTA DELL’UNITA’ DI PESARO, POI LA CENA CON LILIANA SEGRE
Guerra e pace. Non è facile rimettere piede nella tua vecchia casa, specie quando molti dei nuovi inquilini la pensano all’opposto di te. Matteo Renzi, specializzato nella mossa del cavallo, sapeva bene che questa grande rentrée era assai delicata. L’ex premier aveva messo in conto pure qualche fischio. Ma la strada, anche con sua sorpresa, è tutta in discesa. «Bentornato Matteo», dice il volontario che lo accoglie sul palco.
Così, dopo due anni di assenza, l’ex premier è tornato sul palco della Festa dell’Unità. L’onda è buona. In platea ci sono 1.500 persone. E l’ex segretario del Pd ne approfitta: «Sono qui perché penso che il centrosinistra debba ripartire. E per questo vi dico: non fate a Elly Schlein quello che è stato fatto a Veltroni, a me stesso e un po’ anche a Zingaretti. Basta al fuoco amico contro il segretario. Ora, per mandare a casa questo governo che non funziona, servono i voti di tutti, anche quelli del centro». Applausi e abbracci. I mesi di bordate di Renzi contro il Pd in campagna elettorale sembrano quasi allucinazioni. «Il passato è passato», ripete.
Ad accompagnare il leader di Italia viva c’è Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro appena eletto eurodeputato, che di Renzi fu fedelissimo. Arrivare a questo evento non è stato per niente facile anche per un esponente di rilievo come Ricci, che ha dovuto fronteggiare i mal di pancia nel Pd marchigiano (e non solo), cioè di tutti quei dem che di Renzi non vorrebbero nemmeno vedere più l’ombra. Ma alla fine è arrivata una chiamata da Roma e i mal di pancia si sono sopiti come per magia. Del resto, non è un segreto che la leader Elly Schlein abbia stretto un accordo con Renzi, basato su un assunto chiave: «Niente veti», perché già dalle prossime Regionali (Liguria, Emilia-Romagna e Umbria) per vincere serviranno i voti di tutto questo agognato «campo largo».
Renzi si rivolge poi retoricamente ai suoi detrattori: «Chi non mi vuole dice: “Renzi fa cadere i governi…”. Bene: è vero. Io adesso voglio costruire un’alternativa, perché vedere al governo Meloni, Salvini e quel bellimbusto del generale Vannacci assieme a Tajani è un male per il Paese», arringa l’ex leader dem. Che poi dice a chiare lettere: «Io posso stare in una coalizione se a capo c’è il Pd. Se invece a capo di questa ipotetica alleanza ci sono “grillini” e “Travaglio boys” allora dico di no. Io mi fido dell’operazione politica di Schlein».
Dopo il doppio flop tra Europee e Amministrative a Firenze, lo spariglio dell’ex premier è sorprendente: «Quando hanno distribuito l’umiltà io ero in ferie — dice scherzando —. Io non sono più il centravanti. I gol io non li faccio più. Però Renzi un po’ di consensi li porta ancora: 1, 2, 3 che siano, questo non importa. Ma questa è una sfida che dobbiamo vincere». Al contempo non mancano però le bordate contro il capo del M5S: «Giuseppe Conte dice che io faccio perdere voti al fronte progressista? Non prendo lezioni da lui. Lo dice uno che da premier ha firmato i decreti sicurezza con Salvini. E poi dice una cosa del genere a me che da premier ho lavorato con Barack Obama, mentre “Giuseppi” oggi non sa se in Usa voterebbe per Trump o Harris o in Francia per Macron o Le Pen».
E siccome in tanti, tra gli stand delle grigliate, gli fanno battute su questo ritorno a casa, l’ex segretario se la cava così: «Non mi sento come il figliol prodigo, anche perché sennò dovrei uccidere il vitello grasso — sorride —. Semplicemente ammiro tutti i volontari e le volontarie che fanno parte di questa comunità». E c’è pure il tempo per spiegare i motivi della sua scissione di 5 anni fa: «Io sono venuto via dal Pd con una scelta che mi è costata moltissimo — riavvolge il nastro —. Ho scelto di lasciare il partito che portai al 40% un minuto dopo aver fatto nascere il governo Conte II. Era un periodo durissimo. Avevano arrestato da poco i miei genitori e i grillini mi facevano il segno delle manette. Non sapete quanto mi è costato. Ma impedimmo il trionfo certo di Salvini».
La campagna d’autunno è iniziata. Intanto Ricci pungola la sua ex stella polare: «Matteo, però in questi anni qualche operazione strana in giro per l’Italia l’hai fatta. Non si può stare a Genova con Bucci e in Liguria con il centrosinistra». Ma il «figliol prodigo», che non ha mai amato il candidato in pectore dem Andrea Orlando, sul post Toti per ora non si sbottona. Anche perché è ora di correre a cena con la senatrice a vita Liliana Segre, che aspetta Renzi e la moglie Agnese sulle colline di Pesaro nella villa di Paola Tittarelli.
(da Il Corriere della Sera)
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