MATTEO SALVINI È FINITO AL MURO: IN SARDEGNA LA LEGA È TRACOLLATA SOTTO AL 4% E LA BASE DEL NORD SCALPITA PER FARGLI LO SCALPO
SENZA IL TERZO MANDATO, ZAIA È PRONTO A RICOSTITUIRE LA LIGA VENETA… IL NODO CANDIDATURE IN ABRUZZO E BASILICATA: DOPO LA DISFATTA DEL “TRUX” TRUZZU, È LIBERI TUTTI
Il patto di non aggressione è durato pochissimo. Lunedì Giorgia Meloni aveva chiesto unità ai suoi alleati. Matteo Salvini ha taciuto, ma poi ieri è tornato alla carica, prima direttamente e poi, con più veemenza, attraverso i suoi dirigenti più fidati.
C’è una paura che si fa sempre più concreta: l’effetto domino nelle altre Regioni al voto. In Abruzzo (al voto il 10 marzo) in realtà i sondaggi regalano qualche margine di sicurezza, ma il rischio di venire travolti da una spirale di sospetti reciproci è grande.
I timori più grandi si concentrano sulla Basilicata, che va alle urne il 21 aprile, sulla quale si è scatenata da mesi una battaglia tra gli alleati.
Il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa lo spiega con una certa franchezza: «Cinque anni fa Salvini era fortissimo e si vinceva con qualunque candidato, oggi non è più così. La differenza? Matteo fa le campagne elettorali davvero, Meloni no».
Per dare un segnale di unità, FdI ha cercato di chiudere più velocemente possibile le partite ancora aperte, in particolare la Basilicata. I colonnelli di Meloni non sono così convinti che ricandidare l’attuale governatore forzista Vito Bardi sia la scelta più adeguata, ma l’urgenza di apparire uniti prevale.
Al tavolo convocato a mezzogiorno nell’ufficio del meloniano Giovanni Donzelli a Montecitorio i leghisti, guidati da Roberto Calderoli, chiedono la Basilicata, con un proprio nome, oppure con un civico.
L’atmosfera non è così serena, tanto che nel mirino finisce anche il forzista Giorgio Mulè che in un’intervista a Repubblica aveva criticato Meloni. Un piano più sotto, c’è Crippa che alza un muro: «Con la decisione di non candidare Christian Solinas in Sardegna è saltata la regola di puntare sui presidenti uscenti e quindi ora trovare una soluzione per la Basilicata sarà complicato».
Nella serata poi Salvini inizia ad abbassare le pretese, il negoziato va avanti per tutta la notte, c’è una nota pronta che prevede le candidature di Bardi, Donatella Tesei (Umbria, Lega) e Alberto Cirio (Piemonte, Forza Italia). La nota in realtà non arriva mai, «è ferma per delle limature» dicono da via Bellerio, in attesa di un via libera di Meloni.
Forza Italia dà per prossima la firma del patto, sul quale mancherebbe solo un via libera dei leader. Ma da Fratelli d’Italia c’è molta più cautela, «niente è chiuso»,. Il problema, infatti, è che la Lega vuole approfittare di questo eventuale accordo, non solo per confermare la sua governatrice in Umbria, ma per arrivare all’obiettivo massimo, lasciare Luca Zaia alla presidenza del Veneto.
Per Fratelli d’Italia, ovviamente, le cose non sono collegate, non può certo bastare un via libera al generale Bardi, per ottenere la riforma del terzo mandato dei governatori, che pregiudicherebbe molte delle aspettative.
Eppure la Lega rilancia: «Meloni non faccia in Veneto l’errore che ha fatto in Sardegna», dice Crippa alla Camera, confermando che l’emendamento sull’abolizione del tetto per i presidenti di Regione, bocciato in commissione, verrà riproposto in Aula, con lo stesso Salvini che, da senatore, potrebbe votare contro l’indicazione della premier.
In Veneto la pressione sul segretario federale resta fortissima. C’è chi lo dice esplicitamente, come l’assessore vicino a Zaia, Roberto Marcato e chi lo sussurra, ma la leadership di Salvini è di nuovo sotto attacco.
Al tavolo delle amministrative, che resta ormai aperto in forma permanente, si è discusso soprattutto di città, l’accordo è praticamente fatto per Lecce (con il ritorno in scena di Adriana Poli Bortone) e Prato. In dirittura d’arrivo ci sarebbe anche Firenze, dove il nome più forte resta quello di Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi.
Il Carroccio continua a pretendere il candidato sindaco di Cagliari (al voto a giugno), ma per delicatezza si evita di forzare l’addio dell’attuale primo cittadino Paolo Truzzu che potrebbe guidare l’opposizione in consiglio regionale.
(da La Stampa)
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