MELONI NON RACCOGLIE NULLA IN UE E SI AFFIDA AGLI EXTRACOMUNITARI RAMA E SUNAK
AD ATREJU PARLA CON GLI UNICI DUE CHE HANNO TEMPO DA PERDERE
Cosa farebbe Angela Merkel? A Castel Sant’Angelo – dove si fa il punto sulle politiche migratorie- rimbomba l’eco del Consiglio europeo. La via italiana passa per Tirana e Londra, due paesi europei che sono fuori dall’Unione. Ma perchè Meloni non fa come Merkel con la Turchia? Risposta: perchè non riesce a fare breccia tra i partner. A cominciare dai fondi, bloccati dal veto ungherese. Fermati dall’amico- si fa per dire – Viktor Orban. Alla Festa di Atreju i protagonisti politici sono i primi ministri Edi Rama e Rishi Sunak. Ma anche un non politico come Elon Musk concentra il suo messaggio sul controllo dei flussi: “Dobbiamo filtrare chi arriva, distinguere il legale dall’illegale”, dice. Meloni esibisce gli ospiti per dimostrare il credito acquisito fuori dai confini. Tra la passerella a Castel Sant’Angelo e gli incontri a Palazzo Chigi, ottiene la riconferma degli impegni.
Edi Rama – il gigante albanese si presenta alla kermesse di Fdi con la cravatta rossa a scanso di equivoci – rassicura sul protocollo tra Italia e Albania, che a Tirana dovrà passare per il vaglio di costituzionalità dell’Alta corte. “Sarà sbloccato anche prima di marzo”, garantisce. Alleato fedele – anzi ‘fratello d’Italia’ come si definisce – è ben contento di dare una mano a Giorgia. “Non mi conosceva, pensava che io fossi un compagno di quelli non raccomandabili. Ma noi comportiamo come se già facessimo parte dell’Unione europea. Quelli che fanno la morale, cosa direbbero alla Francia se accogliesse dei migranti? Niente, perchè è giusto che l’accoglienza sia a carico di tutti. Non possono essere tutti dell’Italia solo perchè è Paese di frontiera. La geografia non può essere una maledizione. Il problema, semmai, è che in Europa non accettano la redistribuzione. Non sono un problema gli albanesi, perchè gli albanesi accettano di aiutare l’Italia. Il problema sono gli altri che non lo fanno”.
Come dargli torto. Tanto più che il centro di permanenza in Albania è solo un aiuto, uno sforzo, ma non è la soluzione. “Bisogna avere chiara l’orgine del problema. L’Italia non fa più figli, mentre in Africa li fanno. E l’Italia e l’Europa non possono pensare di chiudersi in una Castel Sant’Angelo e lasciare tutti fuori. Bisogna creare relazioni di fiducia coi paesi d’origine e favorire degli ingressi controllati. Io – dice Rama – ho grande rispetto per quello che fa Giorgia: non solo perchè non credo che sia l’apocalisse fascista, ma anche perchè lei cerca di trovare ascolto in Europa, di dire che bisogna lavorare insieme e sostituire a un sovranismo nazionale un sovranismo europeo”. Un approccio che Rama consiglia anche alla sinistra italiana. “Quando parlo all’estero non parlo mai male del mio paese. Non è etico. Negli anni ’80 in Albania i giovani erano divisi tra gli ultras di Lucio Battisti e quelli di Adriano Celentano. Alcuni cantavano “Azzurro” e altri “Acqua Azzurra”. Io li cantavo tutti e due”. E ha un consiglio anche per Matteo Salvini: “Sono un carissimo amico di George Soros, posso dire che il diavolo non è cosi nero come sembra. E giorgia è la prova”.
Ad Atreju Rishi Sunak fa un discorso che è un manifesto di conservatorismo. Cita l’accordo con l’Albania e il trasferimento di migranti in Ruanda come esempi a cui guardare. Concorda con Meloni che Italia e Inghilterra insieme lavoreranno al rimpatrio dei migranti bloccati in Tunisia nei loro paesi d’origine, d’intesa con l’Organizzazione internazionale dei migranti. “Vogliamo interrompere il modello di business delle gang criminali. Se questo ci richiederà di aggiornare le nostre leggi e di avere conversazioni a livello internazionale per creare un framework sull’asilo politico – dice Sunak – dobbiamo farlo perchè se non gestiamo questo problema oggi, i barconi continueranno ad arrivare. Dobbiamo fare in modo che il deterrente funzioni. Devono capire che chi arriva illegalmente non può restare”.
Tutto bene. Ma non basterà. Quest’anno gli arrivi sono stati 153mila. Nel 2022 erano 61mila. Il nodo, posto dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti in un confronto con il titolare del Viminale Matteo Piantedosi, è il coinvolgimento dell’Europa. Il divario demografico è tra le due sponde del Mediterraneo, e “se pensiamo di poter costruire un muro nel Mediterraneo non ci riusciremo. L’Europa deve avere il più rapidamente possibile un piano per l’Africa, per la stabilizzazione, la crescita economica e la prosperità. Ci vogliono soldi per l’ Africa, non chiacchiere”, dice Minniti che cita il precedente dell’accordo tra Ue e Turchia, sottoscritto dopo che Angela Merkel è andata ad Ankara, nel 2014. “Posso dire che se investiamo 6 miliardi per la Turchia, possiamo investirne altrettanti per l’Africa”, dice Minniti che consiglia di mettere il tema in cima alla campagna elettorale delle Europee. “Sul tema immigrazione l’Italia è stata lasciata sola”, dice Minniti che avverte anche sul rischio “di fornire un alibi all’Europa puntando sui Paesi terzi”, trovando da soli paesi dove “parcheggiare i migranti. Non si risolve la questione per questa via”.
Il clima si surriscalda quando il direttore del Domani Emiliano Fittipaldi ricorda che l’isolamento dell’Italia non è solo per il disinteresse di Germania e Francia, ma soprattutto per il veto dell’Ungheria del sovranista Orban. Da ultimo nell’ultimo Consiglio europeo, che ha rinviato l’approvazione del bilancio pluriennale. Dieci miliardi dovevano andare alla gestione delle politiche migratorie. Parole che la platea di Atreju accoglie con una selva di fischi: “Non venire qui a fare propaganda”, gli gridano. E deve intervenire il moderatore per riportare la calma. Tocca a Matteo Piantedosi rispondere, senza tuttavia chiarire più di tanto. I dieci miliardi – assicura- arriveranno. e probabilmente confida nella riunione del Consiglio di gennaio. “I soldi non ci sono ma ci saranno”, dice. E annuncia che questo sarà l’anno della svolta: “Abbiamo la ragionevole aspettativa che questo sarà il primo anno in cui registreremo la decrescita della curva di crescita”. Un gioco di parole che lascia tutti a bocca aperta.
Il gelo arriva quando cita Matteo Salvini, di cui era capo di gabinetto al Viminale. “Scusate se ricordo che il calo degli arrivi più clamoroso c’è stato con Salvini al ministero dell’Interno, meno 11 mila arrivi in un anno”. In sala qualcuno applaude, nelle prime file dove siedono i maggiorenti di Fdi, nessuno batte le mani.
(da Huffingtonpost)
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