METRO C ROMA, INDAGATI IMPROTA E INCALZA: “COSTI EXTRA NON DOVUTI PER 320 MILIONI”
CONTESTATA LA TRUFFA AGGRAVATA
Un accordo tra i soliti furbetti. Una grande truffa che ha portato alla lievitazione spropositata dei costi della Metro C e ritardi nei tempi tempi di consegna.
Grazie al patto illegale tra Roma Metropolitane (stazione appaltante) e Metro C (general contractor) a quest’ultima sono stati riconosciuti prima 230 milioni di euro e successivamente 90.
Soldi non dovuti e grazie a due accordi siglati tra il 2011 e il 2013.
“Il tutto scaturente da bonari componimenti delle controversie in corso insorte fra Roma Metropolitane e e Metro C derivante dall’iscrizione da parte di quest’ultima di numerose ‘riserve’ (oltre 40) del tutto pretestuose e, pertanto, non dovute”. L’inchiesta della procura di Roma andava avanti da due anni e oggi gli uomini del II gruppo Roma, guidati dal colonnello Teodoro Gallone, hanno effettuato una serie di perquisizioni.
I finanzieri hanno acquisito documentazione su disposizione del pm della Procura di Roma Erminio Amelio e del procuratore aggiunto Paolo Ielo.
Nel registro degli indagati, che rispondono di truffa aggravata ai danni di enti pubblici, sono state iscritte 13 persone tra ex amministratori locali, dirigenti dell’epoca di Roma Metropolitane e vertici di Metro C.
Indagati l’ex assessore alla mobilità della Giunta Marino, Guido Improta, l’ex dirigente del ministero dei Trasporti, Ercole Incalza.
Per Roma Metropolitane sono indagati: il direttore tecnico Luigi Napoli, il consigliere di amministrazione Massimo Palombi, il responsabile unico del procedimento Giovanni Simonacci, i consiglieri del Cda, Luadato e Nardi, il responsabile unico del procedimento Sciotti. Per Metro C finiti nel registro degli indagati sono: il presidente Franco Cristini, l’ad Filippo Stinellis e il dg Francesco Maria Rotundi e il direttore dei lavori Molinari.
Gli inquirenti hanno ricostruito il cosiddetto “sistema delle riserve” con cui Metro C riusciva ad aggirare “il vincolo derivante dai ribassi presentati in sede di aggiudicazione della gara d’appalto e, dall’altro lato — si legge nel decreto di perquisizione la riduzione dal 20 al 2% del prefinanziamento a cui contraente generale, percentuale quest’ultima poi in realtà restituita”.
Ed così tra una stipula di una accordo bonario e di un nuovo accordo sui prezzi che Metro C ha incassato 320 milioni di euro.
Secondo i pm alcuni indagati “mediante artifici e raggiri inducevano in errore il Cipe quanto all’emanazione della libera autorizzativa del pagamento, lo Stato, la Regione Lazio e il Comune di Roma, enti coofinanziatori della costruzione della linea C della metropolitana di Roma, circa il dovuto pagamento dell’importo di 230 milioni di euro a titolo di “somme” così procurando un ingiusto profitto al General contractor Metro C, in quanto la somma non era dovuta”.
Il capo di imputazione si riferisce al periodo fino al 3 gennaio del 2014. In un secondo episodio ad alcuni indagati si contesta di avere indotto in errore Stato, Regione e Comune di Roma fino al 1 agosto del 2014 quando vennero stanziati 90 milioni di euro, quale “tranche della prima fase funzionali dei lavori”.
Non solo un grande imbroglio “ma anche” “procedure illegittime e illecite consumatesi negli uffici della amministrazione comunale, segnatamente l’assessorato alla Mobilità e negli uffici del ministero delle Infrastrutture, dove lavorava Incalza”.
Già nel 2012 inoltre la Corte dei Conti in una relazione parlava di “costi inaccettabili, quasi triplicati per l’esecuzione di questa importante arteria sotterranea”, senza escludere ipotesi di corruzione.
Un anno fa inoltre l’Autorità nazionale anticorruzione aveva redatto un dossier sull’opera poi inviato alla Corte dei Conti.
Nelle carte si parlava di costi di ritardi e sprechi: costi d’investimento saliti di 700 milioni a fronte di “un ridimensionamento del progetto”; 45 varianti, molte introdotte dopo rilievi archeologici senza “adeguate indagini preventive”; 65 milioni riconosciuti dopo un arbitrato a Metro C per attività “già ricomprese” nell’affido iniziale; “mancanza di trasparenza ed efficienza”; irragionevoli “vantaggi riconosciuti al contraente generale dell’opera”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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