METTI UN IMPUTATO ALLA CENA DEL PD
L’IMPRENDITORE FURIO MONACO A PROCESSO PER ESTORSIONE PRESENTE ALLA CENA DA 1000 EURO CON RENZI ALL’EUR
Alla cena di finanziamento del Pd di Matteo Renzi, al Palazzo delle Fontane dell’Eur di Roma, c’era anche un imputato.
Era seduto al tavolo numero 50. Si chiama Furio Monaco, imprenditore edile.
Il suo nome spunta in un’inchiesta della procura di Roma – condotta dai pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini – per tentata estorsione.
Il gip Stefano Aprile ha disposto il suo rinvio a giudizio e ora, il rampollo della famiglia Monaco, che ha finanziato con almeno mille euro la cena di fund raising del partito di Renzi, dovrà difendersi dalle accuse di Alessandro Filabozzi, manager del Consorzio cooperative costruzioni.
Secondo gli inquirenti Monaco, in concorso con Riccardo Mancini, ex ad di Eur Spa e braccio destro di Gianni Alemanno, avrebbero indotto Filabozzi, a non presentare ricorso al Tar, minacciando di escluderlo da tutti i rapporti di lavoro con l’amministrazione capitolina.
L’impugnazione riguardava un appalto di circa 200 milioni di euro, per la realizzazione del “corridoio filobus Laurentino”, vinto da Monaco, vertice di un’associazione temporanea d’impresa.
I fatti risalgono al 2008, nel periodo a cavallo tra la giunta Veltroni e Alemanno, e l’indagine nasce da un’inchiesta più ampia, su una presunta tangente da 600mila euro, versata dalla Breda Menarini alla società Roma Metropolitane, controllata dal Comune di Roma, come garanzia per la fornitura di 40 vetture.
La gara per la costruzione dei binari per i filobus è indetta dall’amministrazione di centrosinistra e aggiudicata da quella di centrodestra.
Il neo assessore ai trasporti di Alemanno, Sergio Marchi, a giugno, decide di sospendere l’iter di assegnazione. Ma a novembre la Monaco Spa si aggiudica i lavori e Filabozzi, secondo classificato, manifesta l’intenzione di impugnare l’appalto con una richiesta d’accesso agli atti.
Ed è proprio in questa fase che, secondo l’accusa, s’inserisce l’estorsione a Filabozzi “affinchè rinunci, a seguito di serie e concrete minacce, al ricorso giurisdizionale”. Filabozzi racconta ai pm di aver “ricevuto una telefonata da Monaco… il quale mi suggeriva di non presentare ricorso e m’invitava a una colazione di lavoro con Mancini, espressione della nuova amministrazione”.
Durante l’incontro – continua Filabozzi – “Mancini, alla presenza del Monaco, disse che tenuto conto del nuovo orientamento di maggioranza un appalto di tale portata non poteva essere aggiudicato al CCC (azienda di Filabozzi, ndr) e aggiunse che, se ci fossimo rivolti al Tar, ci avrebbe impedito la materiale esecuzione del lavoro ed escluso da ogni successiva partecipazione sul territorio comunale. Se non avessimo impugnato l’atto, si sarebbe potuto parlare dei lavori del prolungamento della Metropolitana B”.
Ma Filabozzi presenta comunque ricorso.
E le minacce diventano concrete: “Mi venne disdetto l’appuntamento per discutere dei lavori della metro. E decisi di recedere dal ricorso”.
Il gip ritiene le dichiarazioni di Filabozzi “logiche” e “attendibili” e quelle di Monaco “laconiche” e “reticenti”.
E c’è un’altra inchiesta nella quale — sebbene non abbia avuto ripercussioni penali — compare il nome del costruttore, ospite alla cena del premier
Ne parla Lorenzo Cesa agli inquirenti di Piazzale Clodio, nell’ambito dell’inchiesta in cui fu condannato a 3 anni, poi prescritto, sulle tangenti Anas da 30 miliardi di lire.
È il 1993 e Cesa, portaborse dell’allora ministro Giovanni Prandini, racconta di aver conosciuto il giovane Furio Monaco, che gli presenta suo padre, per chiedergli di sbloccare una pratica pendente all’Anas.
Per il disturbo — racconta Cesa — “Monaco portò nel mio studio una busta di carta rigida contenente denaro destinato al ministro (…) Penso che la somma si aggirasse intorno ai 15 milioni di lire”.
Il Fatto Quotidiano ha contattato Monaco che ha confermato di esser stato presente alla cena del Pd, versando la quota di mille euro. “Sono stato invitato dal mio amico Domenico Tudini, ex ad di Ama, e ho deciso di partecipare perchè nutro stima profonda nei confronti di Renzi”.
Loredana Di Cesare
(da “il Fatto Quotidiano“)
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