MONTI SI PIEGA ALL’ILVA, FERRANTE ATTACCA I GIUDICI
VIA LIBERA AL DECRETO SALVA-AZIENDA
Quello che andrà in scena oggi, con la decisione del Consiglio dei ministri di varare il decreto “salva-Ilva”, è una manovra di accerchiamento della magistratura tarantina all’insegna dell’unità nazionale.
Nonostante il presidente del Consiglio abbia assicurato di “non volere lo scontro con la magistratura”, a dare il senso di quello che sta per accadere sono stati, ancora una volta, il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini.
Il primo ha sfoderato, dopo mesi di aplomb istituzionale, il volto determinato dell’azienda sparando a zero contro i giudici.
“L’autorità giudiziaria ha alterato le regole” ha detto l’ex prefetto di Milano – che ha anche ricevuto un dura reprimenda da parte del Corriere della Sera – capovolgendo quella che ai più sembra un’altra verità : è l’Ilva che viola le regole mentre la magistratura interviene per far rispettare le leggi.
A quanto pare non è così e, secondo il presidente dell’azienda siderurgica, sarebbero i giudici a provocare “gravi ripercussioni sull’occupazione” tanto che ieri è stata annunciata la possibile chiusura dello stabilimento di Genova.
Giù in strada, sotto Montecitorio, mentre a Palazzo Chigi il governo, con Monti, Fornero, Clini e Passera, incontrava l’azienda, i sindacati al massimo livello, la Confindustria con il presidente Squinzi, a manifestare c’erano proprio gli operai genovesi, zuppi di pioggia e di rabbia. “Assassini” e “parassiti”, le urla preferite per chi ha ormai chiaro il gioco che si sta giocando: “Non ce l’abbiamo con gli agenti (in tenuta anti-sommossa, ndr) ma siamo qui per farci sentire”. Del decreto pensano che sia inutile perchè in due anni è impossibile bonficare l’azienda, oppure che costituisca un regalo all’azienda: “Qui ci vuole un decreto non per salvare l’Ilva ma Taranto” hanno spiegato. A Genova ai loro compagni è andata peggio perchè dopo gli scontri con la polizia uno di loro è rimasto ferito.
L’azienda, però, è sembrata cavalcare questa rabbia avanzando la minaccia della chiusura dello stabilimento tarantino e, a cascata di tutti gli altri: Genova, Racconigi, Novi Ligure.
Eed è qui che interviene il ministro Clini, che ha spiegato la sostanza dell’operazione.
Il decreto, infatti, non solo assumerà l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), già varata a ottobre, come punto di riferimento obbligato facendone il centro della norma di legge ma istituirà un “comitato di garanzia” con compiti di “monitoraggio e sorveglianza” in modo da avere una “funzione di controllo più strutturata”.
In altre parole, il Tribunale di Taranto viene definitivamente escluso da funzioni di controllo che passano esclusivamente al minister con l’istituzione del classico “osservatorio”.
Un escamotage tipico della politica italiana quando deve cercare di conciliare interessi contrapposti. “Chi vuole può ricorrere alla Corte costituzionale” ha quindi affermato Clini acuendo, ancora una volta, la distanza con la magistratura tarantina.
Complice anche il tornado dell’altro ieri, il vertice ha assunto quindi i connotati di un tavolo di unità nazionale.
Anzi, come ha detto Monti, si è trattato di una “vera prova per il Paese”.
Il presidente del Consiglio ha assicurato di aver “sentito il dolore della città ”, dopo la tempesta dell’altro giorno e, con queste premesse, l’assenso delle parti sociali al decreto è apparso piuttosto scontato.
Entusiasta quello del presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, secondo il quale la chiusura dell’Ilva avrebbe “gravi ripercussioni sul tessuto industriale nazionale”.
Convinto anche quello di Cisl e Uil che, con Bonani e Angeletti, parlano di “emergenza nazionale” e della necessità di un “commissario nazionale”.
Più cauta invece la Cgil che con Susanna Camusso ha chiesto una maggiore “responsabilità pubblica” e, con Maurizio Landini, la garanzia di un piano di interventi pubblici in grado di assicurare la bonifica degli impianti.
“Però io il decreto come sarà fatto non l’ho capito” ha dichiarato il segretario Fiom.
Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano“)
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