MORTI SENZA NOME E SENZA AIUTI
IN TUTTO LE VITTIME DEL NORMAN POTREBBERO ESSERE OLTRE 40… “C’ERANO CLANDESTINI IMBARCATI”
“Li ho visti, nella stiva della Norman Atlantic c’erano decine di clandestini”. I camionisti sul traghetto in fiamme confermano che, sull’imbarcazione alla deriva, c’erano persone non registrate: per la precisione stranieri che cercavano di entrare illegalmente in Italia.
Ed erano nascosti proprio tra il centinaio di tir imbarcati nella stiva dell’imbarcazione, là dove è divampato l’incendio.
Anche se tre clandestini sono stati visti buttarsi in mare. Una parte di loro, o forse tutti, non si trovavano nella stiva al momento dell’incendio.
La presenza di irregolari a bordo è stata confermata anche dalle autorità italiane: alcune delle persone tratte in salvo non comparivano infatti nella lista ufficiale di passeggeri fornita dalla compagnia greca.
In questa situazione appare quasi impossibile avere un conteggio delle vittime affidabile.
Il bilancio ufficiale, ma solo parziale, parla di dieci morti e 432 tra passeggeri ed equipaggio tratti in salvo dall’imponente spiegamento di mezzi messo in campo da Marina, Guardia costiera e Aeronautica.
Il numero di dispersi oscilla invece tra i 18 e i 38, a seconda che venga presa in considerazione la lista d’imbarco in possesso delle autorità italiane o quella dei greci (più numerosa).
Poi, appunto, ci sono gli irregolari. Nessuno sa quanti fossero, e non è detto che si riuscirà a scoprire nemmeno quando, finalmente, il traghetto verrà agganciato e si riuscirà a decidere in che porto dovrà essere trasportato.
La stampa greca parla anche della moglie di un marinaio, non si sa se uno dei 34 greci o dei 22 italiani, che sarebbe stata trovata a bordo pur senza comparire nella lista “ufficiale” dei 478 passeggeri.
L’armatore e il capitano sono finiti nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo, ma si tratta di un provvedimento obbligato in questi casi, che non dice nulla sulle effettive responsabilità .
Gli inquirenti di tre diverse procure pugliesi stanno cercando di capire come sia originato l’incendio. Nella serata di ieri il ministero dei Trasporti ha fatto sapere che la nave, benchè ancora alla deriva al largo delle coste albanesi, sia stata posta sotto sequestro.
Ed è proprio dal confronto tra la magistratura italiana e quella albanese che si deciso di trasportarla a Valona.
Anche sulla questione dell’origine dell’incendio gli irregolari che presumibilmente percorrevano la rotta dell’immigrazione clandestina potrebbero avere giocato un ruolo chiave. Non è infatti da escludere che all’origine del rogo ci possa essere proprio una stufetta utilizzata dai migranti per riscaldarsi.
Rimane in piedi però anche la prima ipotesi, quella dello sfregamento di una delle cisterne d’olio contro il tetto della stiva.
Secondo il racconto degli stessi autotrasportatori alla stampa greca, “i tir erano schiacciati come sardine, ballavano per le onde alte. Facile che una scintilla sia partita da lì”.
Per questo la procura sta cercando di capire se la nave fosse stata caricata oltre il limite consentito.
E resta ancora da chiarire se i sei malfunzionamenti rilevati dall’ispezione del 19 dicembre svolta dall’agenzia internazionale Paris Mou siano stati risolti prima della partenza, come sostenuto dall’armatore veneto Carlo Visentini.
Tra le irregolarità era stato rilevato anche un problema con le porte tagliafuoco e alcune mancanze nei sistemi di emergenza.
In difesa della Visemar, l’azienda rodigina proprietaria del traghetto poi affittato ad Anek Lines, è intervenuto ieri l’ammiraglio della Marina Carlone: “La nave era stata ispezionata il 19 dicembre a Patrasso: erano state riscontrate sei deficienze di cui due immediatamente risolte” e comunque “senza rilevanza nell’incendio. Per le altre quattro era stata prescritta la soluzione in 14 giorni. La nave era pienamente efficiente, rispondeva a tutti i requisiti”.
Sono però le testimonianze degli stessi passeggeri, raccolte sul sito internet del Fatto Quotidiano, a far pensare che qualcosa possa non avere funzionato correttamente. Stando al racconto dei naufraghi, l’allarme sarebbe scattato in ritardo, quando i passeggeri avevano già avvertito la presenza di fumo e avevano iniziato a svegliarsi l’un l’altro.
Intanto, sul campo sono proseguite tutta la notte le ricerche dei dispersi. Nonostante l’imponente schieramento di mezzi (dodici elicotteri, due aerei, tre motovedette, una nave anfibia, un cacciatorpediniere, cinque rimorchiatori e nove navi mercantili), l’operazione è complessa ed è resa ancor più difficile dalle condizioni del mare, definite “proibitive” dagli ufficiali della Marina.
Nella giornata di ieri sono stati ritrovati nove cadaveri, gli ultimi due solo a tarda sera. Alcuni dei corpi erano a bordo del traghetto.
Ancora non si hanno notizie dell’identità nè della loro nazionalità . Nella conferenza stampa di ieri il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha confermato che sono stati tratti in salvo tutti e 22 i marinai italiani e anche 22 passeggeri.
Un numero che coinciderebbe con la lista di imbarco ma, come ha specificato lo stesso ministro, non si può essere sicuri che i connazionali a bordo non fossero di più. E, infatti, c’è il sospetto che un autotrasportatore messinese, il 57enne Giuseppe Mancuso, sia disperso.
L’ultimo membro dell’equipaggio a essere stato tratto in salvo è stato il comandante della nave Argilio Giacomazzi. L’uomo è provato ma sta bene.
Sbarcherà però solo oggi: dopo il trasbordo si è infatti fermato sulla nave anfibia San Giorgio, dove ha trascorso la notte.
Anche molte delle salme si trovano sulla nave della Marina Militare che non ha ancora ripreso la via del ritorno.
Oltre alla ricerca delle decine di dispersi, l’imbarcazione è alla ricerca della scatola nera. “Questa è per noi un’operazione fondamentale, l’unica in grado di poterci dare indizi precisi sulle cause del disastro” ha spiegato il comandante della capitaneria di porto Mario Valente.
La San Giorgio, fondamentale per il coordinamento e il rifornimento dei mezzi aerei in mare, è attesa al porto di Brindisi nelle prime ore di questa mattina.
Antonio Massari e Alessio Schiesari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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