MONTE DEI PASCHI, IL TRUCCO PER IMBROGLIARE ANTITRUST E BANCA D’ITALIA
NEL 2009 LA BANCA FA GIRARE 100 MILIONI DI EURO SU UN CONTO CORRENTE ROMANO PER EVITARE MULTE DOPO LA FUSIONE CON ANTONVENETA
Non ci sono solo gli ormai celebri derivati Alexandria e Santorini.
Per la Procura della Repubblica di Siena il Monte dei Paschi è una miniera inesauribile di storie ai confini della realtà .
Tutte, a quanto pare, derivanti dalla sventurata acquisizione della Banca Antonveneta, con cui nell’autunno del 2007 l’allora presidente Giuseppe Mussari segnò di fatto l’inizio della fine della sua carriera di manager e, forse, della stessa banca senese.
Tutte imbarazzanti per le autorità di vigilanza, Bankitalia, Antitrust e Consob: se nel gennaio scorso qualcuno ha accusato soprattutto gli uomini dell’allora governatore Mario Draghi di essere stati quantomeno distratti, adesso appare evidente che il Montepaschi è riuscito con una certa facilità ad aggirare i controlli e a trarre in inganno gli ispettori di palazzo Koch.
I pronti contro termine
Dalle carte dei pm senesi (Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso) risulta che tra novembre e dicembre 2009 i vertici del Montepaschi organizzarono un complesso movimento di denaro dei clienti da una città all’altra, all’apparente scopo di trarre in inganno la Banca d’Italia e l’autorità Antitrust.
La storia va ricostruita perchè finora lo scandalo senese ci ha raccontato manovre spericolate e, secondo la procura senese, illecite per occultare le difficoltà della banca.
In questo caso, invece, pare di assistere a una gratuita e disinvolta furbata per ingannare Banca d’Italia e Antitrust.
La vicenda è sul tavolo dei magistrati senesi.
Il 27 novembre 2009 il direttore amministrativo del Monte, Attilio Di Cunto, telefona a Lorenzo Biscardi, alto dirigente della FondazioneMps, azionistadicontrollodellabanca. Dice Di Cunto: “Bisognerebbe far aprire alla filiale del Monte a Roma un conto corrente intestato alla Fondazione nella quale far trasferire cento milioni di nostri Pct [pronti contro termine, ndr] che al momento abbiamo sulla filiale di Siena, invece di farli sulla filiale di Siena si trasferiscono cento milioni sulla filiale di Roma, questo gli serve perchè ai livelli Antitrust per voler far le statistiche… ”.
Biscardi sembra già informato della cosa, e spiega: “Marco ci ha chiesto codesta… come ti posso dire codesta… ci ha posto la domanda: se e che quando potevamo trasferire su un conto corrente a Roma o a Milano per i motivi dell’Antitrust e quant’altro, perchè non si può avere piu del 58% e via andare…”.
La quota di mercato
Spiegazione del dialogo. Quando Montepaschi acquista l’Antonveneta, l’Antitrust autorizza l’operazione (potenzialmente dannosa per la concorrenza) in cambio di precisi impegni del Monte dei Paschi a ridurre il proprio dominio sul mercato soprattutto toscano.
Saranno venduti numerosi sportelli nella regione e, in particolare, la banca si impegna a ridurre la propria quota di mercato nella provincia di Siena dal 65-70 per cento dei depositi al 58 per cento.
Gli ispettori della Banca d’Italia, per conto dell’Antitrust, devono rilevare a fine 2009 se davvero il Montepaschi sia sceso sotto il 58 per cento della raccolta nella provincia.
Il Marco che, come dice Biscardi, “ci ha chiesto codesta… ”, è presumibilmente il suo capo, Marco Parlangeli, allora direttore generale della Fondazione Mps, ma anche consigliere d’amministrazione di Mediobanca e del fondo pubblico F2i.
Dunque il Montepaschi deve superare l’esame Antitrust e chiede a un cliente fidato come la Fondazione (padrona della banca) di spostare i suoi soldi da Siena a Roma, per far risultare più bassi i depositi a Siena. Si noti che la controllata ordina e la controllante e cliente esegue.
Biscardi solleva un problema, a lui quei 100 milioni servono a Siena. Dice: “Se ce li vuoi tenere i cento milioni da qui al sedici di dicembre va bene, però poi vanno riportati”.
Di Cunto replica pronto: “Loro la rilevazione la fanno al sette di dicembre”. Biscardi si rischiara: “Ah… allora va bene, si può fare… ”. Di Cunto ribadisce: “La rilevazione la fanno il 7 di dicembre… quindi… l’importante è che il 7 di dicembre figurino cento milioni la sopra”.
I magistrati intercettano questa telefonata a fine novembre, e accertano che in effetti la Fondazione ha aperto in tutta fretta, nel giro di tre giorni, il conto a Roma.
Interrogano qualche mese dopo Roberto Bianchini, vicedirettore della filiale di Siena del Montepaschi, che così testimonia: “La richiesta specifica fu quella di azzerare il c/c di Siena riversando il saldo intero sul conto appena aperto a Roma (…). Non so dirle il motivo di tale operazione e perchè ci fosse tale fretta potrei solo fare supposizione e non mi pare quindi opportuno riferire opinioni personali”.
Poi aggiunge: “Per quel che ricordo analoga operazione è stata compiuta su una società del gruppo che si occupa di partecipazioni con sede a Siena mi pare sia la Mps Capital Service ma non ne sono sicuro; in quel caso ricordo che fu attivato un c/c su Milano ove tra l’altro la società ` in questione già operava da tempo in titoli parte dei quali depositati gia` a Milano… ”
La rilevazione di Bankitalia
Il 7 dicembre dunque la Banca d’Italia rileva i dati, e può comunicare all’Antitrust che il Monte dei Paschi è effettivamente nei limiti imposti.
I magistrati a quel punto si chiedono se non ci sia qualcosa di strano in quel tramestio di conti correnti su e giù per l’Italia “per voler far le statistiche”.
E chiedono ragguagli alla stessa Banca d’Italia, specificando che quei movimenti erano sicuramente da mettere in relazione con la necessità di Mps di adempiere entro il termine del 30 novembre 2009 (poi prorogato al 31 maggio successivo) all’obbligo di ridurre la quota di mercato dei depositi detenuta nella provincia di Siena.
La Banca d’Italia risponde che tutto sembra regolare, ma facendo riferimento solo ai movimenti dei soldi da una città all’altra, di per sè normali.
A quanto pare i magistrati non avrebbero informato gli ispettori di palazzo Koch e l’Antitrust delle intercettazioni agli atti, che, all’apparenza, darebbero alle stesse operazioni la luce particolare dell’ostacolo doloso alla vigilanza.
Forse un reato, sicuramente un’altra pagina quanto meno di dubbia eleganza nella ormai sgarrupatissima storia del Monte dei Paschi.
Giorgio Meletti e Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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