NELLA PADANIA FEDERALISTA SCOPPIA LA GUERRA DEL PROSECCO: VALDOBBIADENE CONTRO CONEGLIANO
IN ATTESA DEL FEDERALISMO, NASCE LA “SECESSIONE DEL CALICE” E SCOPPIANO LE LITI DI CAMPANILI: “LA CAPITALE DELLE BOLLICINE SIAMO NOI”…. IN BALLO 57 MILIONI DI BOTTIGLIE DI SPUMANTE DOCG E UN FATTURATO ANNUO DI 370 MILIONI DI EURO
Fa quasi sorridere la “guerra delle bollicine” esplosa intorno al Prosecco trevigiano: succede che l’amministrazione comunale di Valdobbiadene decida lo strappo rispetto ai partner storici di Conegliano che pure dista solo una manciata di chilometri e condivide il marchio Docg.
L’amministrazione di Valdobbiadene, ritenendosi “la capitale del Prosecco” vuole dare vita a un evento legato specificatamente al proprio territorio.
Addio alla tradizionale e unitaria “Mostra nazionale dello spumante”, organizzata insieme a Conegliano e largo al nuovo evento enogastronomico intitolato “Valdobbiadene brinda alla vita”: quattro giorni di esposizioni, assaggi, degustazioni e convegni a settembre, sponsor il Comune e la Regione Veneto.
Proprio Zaia che si era battuto per il riconoscimento della Doc Prosecco e della Docg Conegliano-Valdobbianese Prosecco, ora si trova in mezzo al fuoco amico incrociato.
Nella zona si tratta peraltro di un giro di affari di 370 milioni di euro l’anno per 57 milioni di bottiglie e un export in crescita del 3% nonostante la crisi internazionale.
Conegliano per ora ha reagito con fair play alla scissione, ma i produttori locali hanno fatto notare che “senza uno sforzo per ridurre l’eccessiva frammentazione, non riusciremo a diventare efficaci sul mercato”.
Il timore, tra gli imprenditori, è che questa frattura rischi di indebolire il fronte vinicolo trevigiano, tuttora convalescente dopo la batosta del Tocai che la Corte europea del Lussemburgo, dopo una battaglia legale decennale, ha riconosciuto marchio esclusivo ungherese, proibendo quindi ai veneti di farne uso.
E alla rassegna a Valdobbiadene non parteciperà un big come Carpenè Malvolti mentre altri invitano ad una unità tra produttori.
Nella patria del federalismo, insomma, il rischio è che la prima secessione sia quella delle bollicine.
Ma emerge anche la considerazione che, per interessi poco nobili, dalla auspicata divisione tra nord e sud poi si passi a quella tra regioni, poi a quella province e infine a quella tra comuni.
A dimostrazione che quando si innesca una catena di egoismi particolari e una mentalità basata sulla convenienza e sul profitto, non si sa mai dove si finisce per andare a parare.
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