NIENTE REFERENDUM SULLA CANNABIS, I PROMOTORI: ”AMATO DICE IL FALSO”
”NEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTICOLI LA TABELLA FA RIFERIMENTO ALLA CANNABIS”
C’è la tabella di classificazione degli stupefacenti al centro del dibattito più acceso della serata, dopo la bocciatura del quesito referendario sulla cannabis da parte della Corte Costituzionale.
Il presidente Giuliano Amato in conferenza stampa ha spiegato che il primo dei tre sotto-quesiti del quesito sulle sostanze stupefacenti riporta l’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga che prevede «che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3 che non includono neppure la cannabis (che è nella tabella 2) ma includono il papavero, le foglie di cocaina e le cosiddette droghe pesanti».
Per il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, le cose non stanno affatto così.
«Giuliano Amato ha affermato il falso dicendo che il referendum non toccherebbe la tabella che riguarda la cannabis – ha scandito Cappato -. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe – è il suo attacco -. Un errore materiale che cancella il referendum».
Per l’ex parlamentare del Parlamento europeo, tra i promotori del referendum, «non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece riguarda invece esattamente la cannabis. La tabella fa riferimento, nel combinato disposto degli articoli, esattamente alla Cannabis», ha ribadito ancora.
«Purtroppo il danno vero è stato inferto alla credibilità delle istituzioni – ha concluso -. Continueremo a portare avanti le battaglie sulla Cannabis e sull’eutanasia con la disobbedienza civile».
Anche il presidente del comitato Referendum cannabis Marco Perduca ha affermato con convinzione che è Amato a sbagliarsi sulle tabelle perché esse «sono cambiate nel 2014».
«Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato: dall’anno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante e esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista», è la feroce critica diffusa tramite una nota.
E per il comitato il presidente della Consulta dice il falso anche quando si riferisce a obblighi internazionali: «Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti paesi, ultimo tra questi Malta».
«Le sue motivazioni sono intollerabili. Si è persa l’unica occasione di cambiare le leggi sulle droghe che in questo Paese nessuno ha il coraggio di toccare. », ha concluso quindi Perduca, annunciando una conferenza stampa in programma per domani alle 11.
«Con questa nuova fumata nera sono state bruciate quasi 2 milioni di firme raccolte per i referendum eutanasia e cannabis. Si tratta di sentenze politiche che cancellano la più grande mobilitazione popolare della storia recente. È un brutto giorno per la democrazia nel nostro Paese”. Questo il commento di Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente dei Radicali Italiani dopo la bocciatura quesito da parte della Consulta.
«Legalizzare la cannabis e i suoi derivati, lo ricordiamo ancora, vuol dire minare alle basi la criminalità organizzata che ricava la maggior parte dei suoi proventi dal traffico di droga. Significa anche separare il mercato della cannabis da quello delle droghe pesanti e poter finalmente creare decine di migliaia di posti di lavoro, non ultimo significa anche la realizzazione di introiti miliardari per lo Stato».
(da agenzie)
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