NOVANT’ANNI E NON LI DIMOSTRA: LUNGA VITA A TOPOLINO
IL 18 NOVEMBRE DEL 1928 DEBUTTAVA SULLO SCHERMO CON STEAMBOAT WILLY IL TOPO PIU’ FAMOSO DEL MONDO
Con il cuore ancora gravido di dolore per la recente perdita del leggendario Stan Lee (che immaginiamo sfrecciare nelle profondità cosmiche appollaiato sulla tavola di Silver Surfer), la nutrita ed eterogenea comunità dei fumettari festeggia oggi i 90 anni di una delle creazioni più straordinarie del mondo dei cartoons: Mickey Mouse, ovvero Topolino.
Era infatti il 18 novembre 1928 quando il topo antropomorfo ideato da Walt Disney apparve nel cortometraggio “Steamboat Willie”, proiettato al Colony Theater di New York e diretto dallo stesso creatore e dall’altrettanto geniale Ub Iweks. In realtà si trattava del terzo cortometraggio d’animazione della serie Mickey Mouse, distribuito dalla Celebrity Productions: l’esordio era avvenuto il 15 maggio dello stesso anno con “Plane Crazy” (“L’aereo impazzito”), in versione muta. Poichè “Steamboat Willie” fu il primo a venire distribuito, viene di solito considerato l’esordio di Topolino e della sua bella, Minni.
Si tratta a tutti gli effetti di un capolavoro del genere, tra i primi cartoni animati con colonna sonora e dialoghi completamente sincronizzati. E da allora, Topolino si è rivelato uno dei personaggi di fantasia più longevi di sempre, capace di rinnovarsi nel tempo, o meglio, di entrare in quella dimensione mitica che lo ha reso immortale.
Leggenda vuole che Disney concepì la sua creatura durante un viaggio da New York a Hollywood.
In seguito, reduce dal successo riscosso al cinema, decise di trasporla su carta, e dal 13 gennaio al 31 marzo 1930 sul New York Mirror apparve la prima avventura a fumetti in strisce: “Lost on a Desert Island” (“Topolino nell’isola misteriosa”), in cui Disney, con i disegni di Iwerks e poi di Win Smith, serializzò le ispirazioni fondamentali che lo avevano guidato nei lungometraggi.
Era però un Topolino diverso da come lo conosciamo, dai modi infantilizzati per ammorbidirne certe spigolosità e renderlo ancor più accettabile alle aspettative del pubblico.
Nei due anni di vita Topolino, che era diventato una sorta di simbolo americano, punto di riferimento per i bambini, assunse un atteggiamento giocoso e spensierato, a cui si accompagnava la trasformazione del tratto, con una modifica di gambe, pupille, lunghezza del muso, lasciando però inalterata l’iconica forma delle orecchie. Un’ulteriore metamorfosi Topolino la subì grazie al fondamentale apporto di Floyd Gottfredson: con una profonda evoluzione psicologica e narrativa, divenne complesso, sfaccettato, inserito in ambientazioni più realistiche e meno fanciullesche, in contesti squisitamente avventurosi, ed affiancato da nuovi comprimari e nemici.
Ecco quindi apparire il commissario Basettoni, Macchia Nera, Eta Beta, il Professor Enigm e il cavallo Orazio, primo tentativo di affiancargli una spalla ideale. Ma fu soltanto con il personaggio di Pippo, creato da Pinto Corving e Johnny Cannon nel 1932, che quel ruolo di spalla ebbe la sua consacrazione.
Grazie a Gottfredson, il buffo cane divenne infatti il suo miglior amico, conferendo una nota allegra e scanzonata al rigore razionalista e borghese del topo.
Nel 1932 i tempi erano maturi per una autonomia fumettistica: nasce il Mickey Mouse Magazine, rivista su cui venivano pubblicate le storie dei vari personaggi, la cui popolarità cominciava a travalicare i confini nazionali per sbarcare in Europa.
Il 31 dicembre di quello stesso anno infatti Topolino giunse in Italia con l’editore Nerbini, che ne pubblicò le storie con il caratteristico formato a giornale, al prezzo di 20 centesimi.
Nella prima striscia, di appena sei vignette, “Topolino e l’elefante”, oggi bramata dai collezionisti, appariva un Topolino dai tratti ben diversi da quelli moderni, eppure riconoscibilissimo.
Riscosse un immediato successo, e il nome originario venne italianizzato, seguendo le direttive fasciste che intendevano bandire ogni anglicismo, destino condiviso da altri personaggi del fumetto americano, a cominciare da Superman, arrivato in Italia nel 1939 con il nome di Nembo Kid. Nel 1949, per contenere i costi di produzione Nerbini rilanciò Topolino in edicola nel formato tascabile, e il resto è storia odierna: la pubblicazione settimanale ha da tempo superato il numero 3000.
Su Topolino si è scritto di tutto, e il suo contrario, e in questo ha seguito il destino del suo creatore. A Walt Disney sono state attribuite simpatie bolsceviche, filonaziste, esoteriche, qualcuno lo ha tacciato di satanismo, molti altri di essere un criptomassone, un informatore dell’FBI.
Probabilmente lo zio Walt se ne sbatteva di coloriture politiche e ideologiche. Artista geniale, aveva la grande intelligenza di lasciare liberi i suoi creativissimi sceneggiatori: il gruppo impiegava i materiali a disposizione, rielaborandoli ingegnosamente per costruire le trame, reiventando così fiabe immortali.
Questa prodigiosa capacità di servirsi della materia mitica per leggere, se non anticipare, la modernità ha dato vita ad un universo immaginario che in Topolino trova una sintesi superba, in una sorta di conservatorismo avanguardista di complicatissima definizione: non a caso, come si diceva, Topolino è stato oggetto di analisi di ogni tipo, ideologiche, sociologiche, psicoanalitiche, filosofiche, antropologiche; è stato visto come il tipico rappresentante dell’ottimismo borghese statunitense post-New Deal, o, per converso, come il portatore di un messaggio anticapitalista, venato di nostalgie primitivistiche.
La questione è poi complicata dal fatto che in ogni paese il personaggio ha avuto una sua caratterizzazione; ad esempio nella produzione italiana è discernibile una certa attitudine moralista, persino luddista.
Le storie ideate dai soggettisti nostrani hanno non di rado il sapore delle favole morali, talvolta intessute di una vena di anarchica che si è irriverentemente e creativamente confrontata con i classici della letteratura, l’arte moderna, la politica e i suoi protagonisti, con temi sociali quali il femminismo, l’ecologismo, il fenomeno beat, e così via. Come che sia, l’intima sostanza del personaggio rimane forse inattingibile, com’è del mito.
Ma senza troppi intellettualismi basta lasciarsi andare al magico incanto delle storie che continuano ad apparire, e magari curiosare nelle tante attività editoriali in corso per festeggiare l’anniversario, come l’albo numero 3284, offerto anche in edizione da collezione con una splendida copertina celebrativa opera del maestro dell’arte disneyana Massimo De Vita. In questo numero appare la storia “Tutto questo accadrà domani”, sequel di “Tutto questo accadrà ieri”, in cui il Topolino del passato e quello odierno si incontrano grazie alla sceneggiatura e ai disegni di Casty (al secolo Andrea Castellan) e Bonfa (Massimo Bonfatti).
Altro albo da collezione è il numero 3286, da qualche giorno in edicola, che lancia una mini-saga in otto episodi, a cui metteranno mano grandi nomi del fumetto disneyano del nostro paese
E ancora, “La Guida di Topolinia”, raccolta delle avventure del ciclo omonimo con inserti e approfondimenti, e l’albo brossurato “Il Grande Mickey”, che presenta otto aspetti del personaggio associati ad altrettante storie tra cui “Topolino e il villino di sogno”, risalente al 1976 su testi e disegni del geniale Romano Scarpa, e “Topolino e il surreale viaggio nel destino”, firmata da Roberto Gagnor e Giorgio Cavazzano, in cui Topolino, Paperino e Pippo sono alle prese con l’immaginario di Salvador Dalì. Sono solo alcune delle pubblicazioni in uscita per celebrare questa icona transgenerazionale che ha saputo conquistare il cuore di persone di ogni età , catalizzare sogni, ambizioni e talenti di artisti e creatori di ogni genere.
Un personaggio dotato di una grande curiosità intellettuale, un irriducibile senso dell’avventura, un marcato senso della giustizia, mai prono a compromessi, che ci indica con leggiadra ironia la strada da seguire per realizzare un mondo migliore
Dunque, auguri e lunga vita a Topolino
(da Globalist)
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