NUOVA MAPPA DEL POTERE A 5 STELLE: VINCENTI E SCONFITTI
COME SULLE SCALE MOBILI: CHI SALE E CHI SCENDE TRA CORRENTI E GRUPPI DI POTERE
Sulle scale mobili 5Stelle c’è un grande traffico. Sia in salita sia in discesa.
A metà del tragitto si incontrano, nelle due corsie opposte, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. Poi il primo sale e “Giggino” continua a scendere.
Beppe Grillo è ancora una volta in cima: ci voleva il vero leader per iniziare a sbrogliare la matassa romana dopo che Di Maio non ha comunicato al Direttorio che l’assessore Paola Muraro è stata iscritta da aprile nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti.
La piazza di Nettuno segna una svolta, quasi un passaggio – amaro – di consegne, che mette in luce un Direttorio fragile e da riorganizzare. Secondo qualcuno da allargare.
Alessandro Di Battista, felpa azzurra, cinquemila chilometri in un mese, ha incassato i complimenti di Grillo in pubblica piazza con standing ovation a seguire: “Bravo, non ha bisogno nè di me nè di nessuno”.
È il protagonista che sale. Sangue freddo e più calcolatore di quel che sembra, con un post su Facebook, in piena crisi capitolina, annulla la tappa del sei settembre: “Devo andare a Roma, abbiamo un problema”.
Agli occhi di tutti è il puro che ha subìto da Di Maio lo sgarbo di non essere stato messo al corrente di quanto stava succedendo.
Tocca a lui concludere la serata alleggerendo il peso della bugia del collega.
Luigi Di Maio, camicia bianca, rigido nei movimenti e pallido in volto, vede crollare le sue bugie e crolla egli stesso.
Cambia versione due, tre volte. La sostanza è che sapeva e non ha detto.
“E la trasparenza?”, gli chiedono i colleghi del Direttorio, mentre Paola Taverna gli dà del “ragazzino che si è montato la testa”.
Quello che era il leader in pectore e un “mostro di bravura”, come aveva detto Grillo, prima afferma di non essere a conoscenza dell’iscrizione di Muraro nel registro degli indagati, poi che sapeva ma non aveva capito la mail che Taverna gli aveva inviato. Infine, inchiodato dalla pubblicazione di questa mail, difficile da fraintendere così come i messaggi, fa mea culpa e si scusa con il Direttorio, sotto lo sguardo severo di tutti. Incassa qualche pacca sulle spalle e qualche sorriso di cortesia.
Beppe Grillo.
Grillo è tornato a fare Grillo. Arriva a Roma e obbliga tutti all’unità , incontra il Direttorio, decide la strategia della pace, da padre perdona Di Maio ma non nasconde la delusione, e si presenta sul palco: “Abbiamo fatto qualche cazzatina” e chiede perdono. Parla con Virginia Raggi, la rimprovera per alcune scelte e ragiona con lei. Non ottiene tutto, ma le ribadisce chi comanda nel Movimento. Quindi: “Vigileremo su di lei”. Per ora non strappa la corda.
Virginia Raggi.
Più che su una scala mobile, il sindaco è sulle montagne russe. Esclusa dal palco di Nettuno, rimane al lavoro in Campidoglio. Grillo non la incontra ma le parla al telefono.
La fiducia nei suoi confronti è scesa e lei si dimostra sempre più cocciuta. Non cede sul passo indietro dei due assessori Muraro e De Domincis. Registra un video in cui solo di sfuggita parla della “riorganizzazione della macchina amministrativa”.
Grillo se ne accorge a le fa aggiungere una postilla in cui le fa promettere di destinare ad altro incarico l’ex alemanniano, vice capo di gabinetto Raffaele Marra.
Raggio magico.
Nella scala 5Stelle potrebbe non scendere. Marra sembra essere cascato in piedi. Sotto attacco per il suo passato e accusato di essere, insieme al capo della segreteria Salvatore Romeo, colui che influenza le scelte del sindaco di Roma finisce nel mirino di chi vuole depotenziare lo staff della Raggi.
Ma il primo cittadino sposterà Marra alla guida del dipartimento dell’assessorato al Commercio, che gestisce molti soldi e segue questioni particolarmente spinose come quella dei camion bar.
Mentre Romeo resta capo della segreteria ma con uno stipendio più basso.
Paola Taverna.
In attesa di giudizio. La pasionaria non ci stava a passare come colei che sapeva dell’iscrizione di Muraro nel registro degli indagati e non aveva detto nulla a Di Maio, quando invece gli aveva spedito una mail molto dettagliata.
Dopo un braccio di ferro durato undici ore, costringe il vice presidente della Camera ad ammettere l’errore. Nello stesso tempo però la mail finisce in mano ai giornali e Taverna diventa la prima indiziata della fuga di notizie.
Giura di non essere stata lei, ma ora il mini direttorio potrebbe essere sciolto definitivamente e con uno strappo difficile da ricucire. Nessuno di loro infatti sale sul palco di Nettuno.
Vignaroli, Perilli, Castaldo.
Non pervenuti gli altri componenti del mini direttorio. Quando il gioco si fa duro, non toccano più una palla. Solo Vignaroli è presente alla riunione fiume del sei settembre, ma è Taverna a prendere in mano la situazione.
Carla Ruocco.
Furiosa dopo che Marcello Minenna ha lasciato l’assessorato al Bilancio, molto critica nei confronti di Raggi e Di Maio per la gestione Roma. I suoi silenzi dicono più di mille parole. È l’unica del Direttorio a non essere intervenuta sul palco spostandosi in seconda fila. Per ora resta stabile, in attesa di uno scatto in avanti o di un passo indietro.
Roberta Lombardi.
Nella scala 5 Stelle sale perchè è scappata in tempo. Dopo aver lasciato il minidirettorio in rotta con Raggi e dicendo che doveva pensare ad organizzare Italia a 5Stelle, adesso si gode lo spettacolo, non senza dire la sua con messaggi per buoni intenditori: “Ci vuole responsabilità ”
Federico Pizzarotti.
Il sindaco di Parma sospeso per aver nascosto un avviso di garanzia dovuto a un esposto di un senatore Pd ha ottenuto la sua vittoria.
Di Maio ammette che sapeva di Muraro ma che ha sottovalutato la questione perchè pensava che le indagini fossero partite dagli esposto dell’ex ad Ama Fortini, nominato dal Pd.
A questo punto, a rigor di logica, Pizzarotti dovrebbe essere reintegrato. Intanto il sindaco, come ha scritto su fb, si trova sulla riva del fiume a vedere passare i suoi nemici.
Roberto Fico.
Pragmatico e realista: “Supereremo questo momento di difficoltà , abbiamo già avuto momenti difficili”. Neanche per un momento ha provato a confondere le acque. Rimane il più ortodosso di tutti e soffre in silenzio.
Carlo Sibilia.
Scende, poco influente nella vicenda. Prova solo a ribaltare la frittata: “Non è la serata della giustificazione, ma dell’orgoglio”. Perplessità anche tra gli attivisti.
La base M5S.
Si ribella, è vigile e si fa sentire. Sale sulla scala pentastellata e qualcuno non perdona.
(da Huffingtonpost“)
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