OLANDA AL VOTO: “PRIMA IL PERICOLO ERANO GLI ARABI, ADESSO SONO I GRECI”
MARK RUTTE, IL PREMIER USCENTE E’ FAVORITO… IL TIMORE DI UN SUCCESSO DEGLI EUROSCETTICI
La luce è soffusa, dominano il blu e l’amaranto.
Sul palco i sei uomini che puntano a governare l’Olanda sono in piedi, di fronte, tre per parte, la stessa tonalità di abito scuro, il medesimo portamento severo.
Sobrie anche le cravatte, se non per il rosso acceso di Emile Roemer, il socialista che gioca col populismo sventolando la bandiera euroscettica a sinistra, figura emergente che i sondaggi dipingono come terzo incomodo. Sino a pochi giorni fa era al numero due.
Poi Diederik Samsom, il giovane laburista che somiglia a John Malcovich, lo ha superato, cambiando look, difendendo con pragmatismo l’Europa e strizzando l’occhio ai moderati.
Lo sfidante vero è lui, immobile sulla scena davanti al liberalconservatore Mark Rutte, premier uscente e leader dei giorni di crisi che, nonostante deficit e disoccupazione, resta il favorito per l’apertissimo voto di mercoledì.
Il dibattito anima l’Università intitolata a Erasmo, e vola in diretta tv rispettando la scaletta al millisecondo.
Sono tesi, i candidati, ma è nulla rispetto agli elettori, inquieti e incerti come non capitava da tempo.
La gente là fuori trema per la crisi, invoca soluzioni immediate per scacciare la sindrome della pancia vuota. Ha paura.
Il confronto fra le civiltà che aveva gonfiato l’onda antislamica del partito delle libertà fondato dal troppo biondo Geert Wilders è scomparso dall’agenda.
Ora si parla di Economia, di pensioni a rischio, di Welfare insostenibile, dei senza lavoro al 9%, dell’Europa presunta responsabile di ogni male.
«Il populismo che prima sparava sugli arabi adesso tira sui greci», confessa Sophie in ‘t Veld, liberale-liberale del D66. Il nemico è cambiato, la guerra continua.
Lo strano governo di Rutte è caduto in aprile.
Non poteva tenere una coalizione di centrodestra puntellata dall’appoggio esterno di Wilders, s’è frantumata lavorando sui 16 miliardi di tagli necessari per comprimere il deficit sotto il 3% del Pil richiesto dalle regole dell’Eurozona.
Nei quasi due anni di vita, il premier e i suoi ministri sono stati sballottati dallo scomodo alleato populista, hanno fatto ballare Bruxelles, con frequenti sbandate da falchi del rigore impartite con un argomenti al limite dell’euroscetticismo.
Tutto ciò ha reso difficile eleborare le giuste decisioni anticicliche, in Europa come nei Paesi Bassi.
«Abbiamo portato il conto a chi non ha fatto l’ordine», ha tuonato l’altra sera Roemer, 51 anni, ex maestro elementare soprannominato «L’Orso Fozzie», come quello del Muppet Show.
Nell’ateneo di Rotterdam dove ha studiato anche Pim Fortuyn, il padre dell’antislamismo olandese ucciso 10 anni fa, il leader socialista ex maoista lo ha urlato nel faccia a faccia con Rutte.
«E’ naturale pagare il conto della crisi – gli ha risposto il premier -. Ma noi lo faremo tagliando il costo della burocrazia senza toccare i ceti deboli».
Anche Samsom lo ha attaccato frontalmente.
Gli ha dato del bugiardo, accusandolo di parlare del programma laburista più che del VVd. Così ha smentito l’ipotesi patrimoniale, per iniziare.
Samsom è in effetti l’uomo nuovo, anche se potrebbe non farcela.
I polls gli attribuiscono 30 seggi dei 150 in palio, ne aveva 26 dieci giorni fa.
I socialisti raddoppiano a 29, ma di sondaggio in sondaggio perdono peso.
Wilders cala. Rutte è stabile intorno ai 34.
I più prevedono una sua vittoria. Formare il governo sarà un’impresa.
Coi liberali progressisti, si potrebbe arrivare a una Coalizione Porpora, come dal 1994 al 2002: Vvd, laburisti, D66. Sarebbe una maggioranza risicata che almeno disinnescherebbe gli estremismi.
Forse appoggiata ai verdi GroenLinks, «disponibili a trattare se necessario», ammette l’eurodeputato Bas Eickhout.
L’elettorato è diviso, recita Peter Kanne, sondaggista della Tns Nipo. «L’elemento comune è la paura della perdita della sicurezza – spiega -, ma ha sbocchi diversi: a sinistra si contesta la finanza; a destra, si biasima lo stato troppo assistenzialista».
E’ per questo che non si parla più del nemico arabo e Wilders si sgonfia. L’Europa è facile da brandire come avversario, per spiegare o denunciare i tagli inevitabili al Welfare che potrebbe rivoluzionare il modello olandese.
C’è chi crede di potersi chiudere in casa per evitare il contagio e difendere l’identità . «Mai nella vita rispetteremo il 3% col deficit», giura Roemer. «Non daremo tempo e soldi alla Grecia», è l’impegno di Rutte.
Parlare male dell’Europa porta un po’ voti, non necessariamente calma gli spiriti e risolve i problemi. Eickhout nega persino che l’Ue sia vittima della contesa politico: «E’ il contrario, questa campagna sta rimettendo le cose a posto, i laburisti crescono perchè sono con l’Europa».
Ecco fatto. C’è in un paese un tempo liberare e aperto una minoranza rumorosa che vuol «uscire dall’Ue» (come dice Wilders).
E’ c’è una maggioranza più questa che vuole restare nel cuore dell’Europa, dove Amsterdam è sempre stata.
Mercoledì il voto sarà una sorta di referendum.
Sull’Olanda e sull’Europa, progresso contro conservatorismo, populismo contro integrazione.
Tutto il resto verrà di conseguenza.
Marco Zatterin
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