ORLANDO DICE NO ALLA CANDIDATURA IN CAMPANIA E MANDA IN SOFFITTA I PIANI DI RENZI
AVREBBE LIBERATO IL POSTO PER GRATTERI… E DE LUCA NON MOLLA
Nella complessa partita a scacchi tra regionali, rimpasto di governo, alleanze nel centro destra e agenda di governo, la pausa pasquale ha portato qualche schiarita.
La prima mossa si chiama Andrea Orlando, il ministro guardasigilli buttato nell’arena campana con un doppio obiettivo: da una parte rompere l’asse tra il governatore in carica, l’azzurro Stefano Caldoro, e Ncd di Alfano che rischia la scissione in tre parti; dall’altra togliere dall’agone un’altra fonte di imbarazzo nel Pd che si chiama Vincenzo De Luca, l’ex sindaco di Salerno stravotato alle primarie e però condannato in primo grado e quindi destinato, in caso di vittoria, a dimettersi dopo un minuto.
Il ministro Orlando ha letto nei giorni scorsi vari retroscena che lo riguardavano e lo mettevano in una casella piuttosto che in un’altra.
In questi giorni di pausa, parlando con i suoi collaboratori, ha provveduto a chiarire alcuni punti.
Il primo: “Io non mi candido a governatore da nessuna parte, meno che mai in Campania. Se proprio avessi dovuto fare una scelta del genere, avrei certo preso in considerazione la Liguria dove, tra l’altro, partivo da un consenso della base piuttosto forte”.
Un consenso, sia detto per inciso, molto più alto di quello della candidata attuale Raffaella Paita, pupilla dell’ex governatore Burlando che, secondo i sondaggi, non sembra far impazzire il popolo del Pd mentre strizzerebbe l’occhio a Ncd e Fi orfani di Scajola.
Paita, tra l’altro, se la dovrà vedere con Giovanni Toti.
Detto questo, Orlando ha chiarito con i suoi collaboratori che il suo compito è “portare fino in fondo la riforma della giustizia”.
Percorso faticoso, pieno di insidie ma che comincia a dare qualche frutto. Si pensi all’anticorruzione e alla riforma della prescrizione che hanno avuto il primo via libera del Parlamento (Senato la prima, Camera la seconda) e dovrebbero avviarsi verso letture definitive nel prossimo mese.
L’idea di piazzare Orlando in Campania è balenata in testa al premier Renzi che, una decina di giorni fa (come aveva scritto L’Huffington Post), aveva anche convocato De Luca a palazzo Chigi nel tentativo di dissuaderlo dalla candidatura folle, causa legge Severino, in Campania.
Lo stesso De Luca però avrebbe fatto saltare i piani di Renzi.
“Voglio proprio vedere – avrebbe detto con tono di sfida il candidato governatore – come fai a farmi ritirare con tutti i voti che ho preso”.
Lo schema di Renzi prevede Orlando al posto di De Luca nel tentativo, anche, di costringere Ncd a non allearsi con Caldoro e FI e quindi spezzare anche in Campania, come già in Veneto, il vincolo del centrodestra.
Quella di Orlando, secondo palazzo Chigi, non sarebbe una candidatura dall’alto ma “una conseguenza logica” del fatto che Orlando seppe portare in fondo benissimo il mandato di commissario del Pd quando nel 2011 Bersani lo inviò a riparare i guasti dell’ennesimo pasticciaccio primarie.
Il punto è, come il Guardasigilli ha ribadito in questi giorni di riposo, che lui resta “a fare il ministro”.
Una sottolineatura destinata, oltre a Renzi, anche alle orecchie del vice procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri che, come molti ricorderanno, nel febbraio 2014 non divenne ministro solo perchè l’allora presidente Giorgio Napolitano invitò il premier a riflettere un attimo sopra quella scelta. Gratteri, convinto di fare il ministro, restò a fare il procuratore antimafia (che sa fare benissimo) e ottenne da palazzo Chigi l’incarico di redigere un nuovo codice antimafia.
Il testo ha preso forma, contiene riorganizzazioni e tagli importanti quello quello della Dia.
Di recente ha allargato il contributo anche alle intercettazioni contro la cui pubblicazione Gratteri prevede il nuovo reato di pubblicazione arbitraria.
Non c’è dubbio che l’attivismo normativo di Gratteri sommato ai presunti piani del premier, abbiano indotto più di un Giovane Turco (la corrente di Orlando che sta in maggioranza ma ricorda sempre di avere un peso) a mettere le mani avanti rispetto al fatto che possa prendere corpo davvero l’idea di un clamoroso coinvolgimento di Orlando nella partita delle regionali.
A scanso di equivoci il Guardasigilli pianta bandierine sulla giustizia. Incassa il via libera alle riforme, seppure perfettibile, e ribadisce che “le intercettazioni saranno materia da discutere insieme con il disegno di legge sulla riforma del processo penale”.
Anzi, di più, “saranno proprio le intercettazioni a fare da volano alla riforma del penale necessaria per dare tempi certi al processo”.
Nessuno stralcio, quindi. Nessuna fuga in avanti come invece chiede Ncd.
Il partito di Angelino Alfano spinge anche per modificare la riforma della prescrizione già approvata dalla Camera ed ora all’esame del Senato e chiede un intervento sulla disciplina delle intercettazioni.
Da verificare tempi e modalità di approvazione delle norme anticorruzione, in arrivo a Montecitorio dopo essere state licenziate da palazzo Madama.
La partita a scacchi resta complessa. Ma un punto fermo c’è: “Orlando resta al suo posto”.
Senza se. E senza ma.
(da “Huffingtonpost”)
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