PASTICCIO PROVINCE, ELETTI IN RIVOLTA: “DOBBIAMO LAVORARE GRATIS?”
PARLANO PRESIDENTI, ASSESSORI E CONSIGLIERI CHE RIMARRANNO IN CARICA FINO A DICEMBRE, MA SENZA INDENNITA’
“Per fare l’assessore io mi sono messo in aspettativa e così hanno fatto molti altri. È chiaro che venendo a mancare lo stipendio da amministratori molti di noi dovranno tornare a fare il loro lavoro: non siamo in pensione. Si tratterà di capire come garantire comunque continuità alla nostra attività . Certo è strano che, per legge, uno che lavora non debba essere pagato ».
C’è chi pensa di fare le valige, punto e basta; chi vuole rinviare la partenza, comunque prevista alla fine dell’anno; e chi, come Graziano Prantoni, assessore al Lavoro della Provincia di Bologna, cerca di coniugare necessità e senso di responsabilità nei mesi di vita che restano alle Province dopo la loro abolizione.
Via gli amministratori, rimangono moltissime competenze. Su un costo complessivo di 2 miliardi, vengono tagliati 32 milioni: le indennità di presidenti, assessori, consiglieri.
E nemmeno questo risparmio minimo, come tiene a precisare Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino e dell’Unione Province italiane (Upi) può essere dato per scontato.
A metterlo in dubbio è un’audizione della Corte dei Conti in Parlamento.
«Alcune competenze delle Province, ora indicate come causa di tutti i mali, dovranno tornare alle Regioni, dove il contratto dei dipendenti costa il 27% in più rispetto a quello dei dipendenti locali», commenta amaro Saitta.
E se qualcuno pensa che occuparsi di strade o crisi aziendali sia inutile, ecco come lo smentisce Prantoni, che negli anni del suo mandato ha coordinato e seguito cinquecento trattative tra imprese e sindacati.
«Un’attività in cui erano o sono in gioco 20-25 mila posti di lavoro, il destino di aziende come Alcisa, Moto Morini, Officine Rizzoli, Mandarina Duck. Nel 96% dei casi sono stati raggiunti degli accordi. Questo è il compito che ci hanno affidato le parti sociali, salvaguardare lavoro e tessuto produttivo. Non ce lo siamo inventati noi una mattina».
A chi gli chiede se il suo lavoro continuerà come prima, Prantoni ricorda che l’impegno era pressochè quotidiano e che nei prossimi sei mesi non sarà possibile assicurare lo stesso tipo di presenza
Durissima la posizione della sua presidente, Beatrice Draghetti, che parla di un «provvedimento non dignitoso e rabberciato».
Lei rimarrà al suo posto fino all’ultimo. «Scelgo di accompagnare in porto questa nobile Istituzione, che è ed è stata la Provincia, che sembra fare ribrezzo a tutti, incolpata di ogni profilo di inutilità ed inefficienza – ha scritto – dalla quale tuttavia si pretenderà fino all’ultimo giorno l’erogazione dei servizi che derivano dalle sue competenze, cosa che avverrà – nelle condizioni date e come sempre — grazie anche e soprattutto ai dipendenti, di cui nessun decisore finora ha mostrato la responsabilità di occuparsi»
Servizi e competenze, sì, ma voto no.
«Ci si dichiara soddisfatti perchè non si vota più per le Province – dice Saitta – ma in questo modo si dà spazio alla tecnocrazia. Noi amministratori abbiamo una visibilità molto maggiore, se c’è una frana e mi telefona un giornalista io devo rispondere, anche se è domenica o sono in ferie. Questa è la differenza ».
Andrea Barducci, presidente della Provincia di Firenze, misura le parole, ma il suo giudizio è franco quanto quello dei colleghi.
«Ci è stato chiesto dal legislatore un impegno per traghettare l’ente in una fase di transizione – spiega – A questo bisogna guardare con responsabilità politica e istituzionale, ma è chiaro che da oggi cambiano le regole di ingaggio. Siccome non prendo tangenti io dovrò sostenere me stesso e la mia famiglia».
Il passaggio delicato delle competenze alle nuove città metropolitane e alle Regioni andrà seguito con molta cura, aggiunge Barducci.
Ad esempio la gestione dei fondi europei per la formazione professionale. «Noi ce ne siamo occupati fattivamente, bisognerà fare molto lavoro perchè i nuovi organismi siano in grado di recepire tutte le nostre competenze».
Con ironia, il presidente parla di «una bella rivoluzione» che finirà «per accentrare su poche persone molte responsabilità ».
E i presidenti delle città metropolitane non saranno cariche elettive, ma i sindaci dei Comuni capoluogo. «È prevista un’elezione diretta, ma ci vuole una legge dello Stato», spiega Saitta, «nel frattempo è probabile che quei sindaci pensino ai voti della comunità che li ha eletti, la città capoluogo, e meno alla provincia ».
Gigi Marcucci
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