PATTO ANTI-CINA, ARMI E GAS: MELONI A TRUMP HA DETTO SOLO SI’
TRUMP L’APPLAUDE PERCHE’ HA DETTATO LUI TUTTE LE CONDIZIONI
La simpatia, certo, ma anche la strategia. Trump non lo ha mai nascosto: Meloni è uno dei pochi leader europei che gli piacciono. Anche di più se (o finché) accetta di fare l’America great again. Non solo lo spettro “Zelensky” nello Studio ovale non si è materializzato, ma l’Italia ha ottenuto il plauso diplomatico di una “dichiarazione congiunta”, diffusa ieri dalla Casa Bianca e finora riservata solo all’India di Narendra Modi e al Giappone di Ishiba Shigeru. Non a Emmanuel Macron né a Keir Starmer, primi leader europei a visitare Washington dopo l’insediamento di Trump, non certo a Volodymyr Zelensky. Il comunicato di diverse pagine conferma battaglie ideologiche comuni: la lotta all’immigrazione clandestina (i rimpatri forzati di Trump come il modello Albania) e il contrasto alle droghe sintetiche (vedi fentanyl), considerate correlato dei flussi migratori. Ma soprattutto precisa le condizion
dell’abbraccio di Trump, i termini di “un’alleanza strategica” con Washington come polo attrattore. Sui dazi non ci sono svolte, solo un generico appello a scambi “equi e vantaggiosi” tra Usa ed Europa. La strada per l’accordo tariffario passa da Bruxelles, e forse dall’incontro con Ursula von der Leyen in una visita di Trump a Roma “in futuro”. Il dossier ucraino viene liquidato in due righe di sostegno all’iniziativa di mediazione trumpiana, scavalcando le divergenze sulla Russia sfiorate giovedì.
Il centro della dichiarazione è la strategia dei futuri investimenti. Primo settore menzionato: la Difesa. Oltre al generico impegno per la Nato, si parla di “coproduzione” e “sviluppo congiunto” di tecnologie militari “per rafforzare le capacità industriali della Difesa di Italia e Usa”, tracciato diverso dal “buy European” del piano di riarmo europeo. Sulla spesa militare, Trump ha chiarito che il 2% citato da Meloni è poco, ma il comunicato soprassiede.
Trump incassa l’impegno di Roma ad aumentare le importazioni di gas liquefatto statunitense, gli Usa aprono i porti alle imprese italiane (Fincantieri?) per “la rinascita marittima del settore cantieristico statunitense” e “valuteranno” le opportunità della Zona economica speciale italiana. Ma Trump ottiene soprattutto da Meloni la garanzia di un allineamento strategico ferreo sull’asse nordatlantico. “L’Italia e gli Stati Uniti”, si legge, “collaboreranno allo sviluppo del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa”. È la cosiddetta “via del cotone”, un piano di “integrazione economica e infrastrutture che va dall’India al Golfo. da Israele all’Italia e fino agli Usa. Per Trump deve seguire “l’esempio di successo” degli Accordi di Abramo” (tra Israele e Arabia Saudita nel 2018).
Ma è soprattutto un piano per competere con la Cina e la sua via della Seta, a cui l’Italia aveva aperto con nel 2019 con il governo Conte I e da cui Meloni è voluta uscire. L’avversione a Pechino è un tema condiviso tra i due leader, che giovedì ha chiesto a Meloni di allentare i rapporti con la Cina, rallentare gli investimenti del Dragone nel nostro Paese ed evitare la presenza cinese negli appalti pubblici, alzando barriere legali e standard di sicurezza. Meloni accetta. Significa, per esempio, far fuori Huawei dalle infrastrutture tecnologiche italiane, rivolgendosi piuttosto alle Big Tech statunitensi.
Anche qui si registra una saldatura, l’ostilità condivisa ai regolamenti che imbrigliano la Silicon Valley. Il comunicato insiste sull’importanza di garantire “la libera impresa attraverso l’Atlantico” e di “creare un ambiente non
discriminatorio in termini di tassazione dei servizi digitali per consentire gli investimenti da parte delle aziende tecnologiche all’avanguardia”.
Le richieste di Trump hanno sfondato una porta aperta: Meloni era già contraria alle politiche adottate dalla Commissione europea con il Digital Service Act e la web tax. Si vedrà se l’Italia avrà qualche leva in Ue, ma intanto l’intesa tra Trump e Meloni sancisce l’impegno a “utilizzare solo fornitori affidabili” per le reti tecnologiche, cioè fornitori Usa: “Non esiste fiducia più grande della nostra alleanza strategica, motivo per cui non può esserci alcuna discriminazione tra fornitori statunitensi e italiani”. L’Italia si candida a fare da hub. Di Starlink non si è parlato, ma si cita la missione su Marte e l’intelligenza artificiale.
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