PD, IL PALCO A ROMA DIVENTA UN PROBLEMA
I CINQUESTELLE PUNTANO A UN MILIONE DI PERSONE IN PIAZZA… IL TIMORE DEI CONFRONTI
In altri tempi, in tempi normali, Roma sarebbe già tappezzata di manifesti con il nome di Pier Luigi Bersani scritto a caratteri cubitali e l’annuncio della grande manifestazione di chiusura della campagna elettorale.
Niente di tutto ciò quest’anno.
Ancora ieri non si sapeva quando e dove (i maligni aggiungono anche un «se») il segretario parlerà nella Capitale.
E c’era addirittura chi sosteneva che Bersani chiuderà la campagna in Lombardia e non a Roma.
Più di una settimana fa, invece, si era parlato di piazza San Giovanni Bosco, al Tuscolano.
Ma ora è tutto di nuovo in forse.
Eppure le date delle altre grandi adunate elettorali si conoscono. E anche i luoghi dove si terranno già si sanno.
Il leader del Pd domenica sarà a Milano, a piazza Duomo. Con lui Giuliano Pisapia, Umberto Ambrosoli e tanti big del partito, a cominciare dall’ex segretario Walter Veltroni.
Poi mercoledì 20 Bersani sarà a Palermo, con Matteo Renzi, e il giorno dopo a andrà a Napoli.
Possibile che solo la data di Roma sia un problema? Possibile sì.
E un grosso problema, oltretutto, con tanto di nome e cognome: Beppe Grillo.
Il comico genovese infatti si sta impegnando a fondo per portare almeno un milione di simpatizzanti a piazza San Giovanni.
E al Pd temono che se per Bersani, lo stesso giorno, ci fosse meno gente, peraltro pure in uno spazio ben più ristretto come quello del Tuscolano, nessun media risparmierebbe il paragone impietoso.
Sarebbe un boomerang comunicativo tremendo.
Il Partito democratico e il suo segretario non possono subire un incidente simile.
Poco male se il leader del Movimento 5 Stelle si è impossessato di una piazza storica della sinistra italiana.
Lo aveva fatto ben prima Silvio Berlusconi.
Il vero guaio è il confronto: è l’inevitabile successo di pubblico di Grillo che temono al Pd.
Ci si può sempre affidare alla Cgil di Susanna Camusso, che di Bersani è buona amica, ma lo stesso sindacato non è più in grado di mobilitare le folle di un tempo.
È comprensibile che il leader del Partito democratico non voglia chiudere la campagna elettorale in modo così controproducente, anche perchè in realtà Bersani nei suoi giri per l’Italia sta constatando che un po’ dovunque c’è interesse per il centrosinistra.
Per esempio, ieri a Napoli, con i costruttori campani, il segretario del Pd si è piacevolmente stupito quando il presidente dell’Ance regionale, Elio Sava, gli ha detto senza troppi giri di parole: spero di incontrarla nuovamente nelle vesti di presidente del Consiglio.
Quella che per il leader dei costruttori della Campania è una speranza è per Bersani una meta a lungo voluta, con determinazione e pervicacia.
Il numero uno del Pd non teme Berlusconi, mentre è convinto che sarà Grillo a fare un exploit elettorale. Però sa anche un’altra cosa: pure se il Cavaliere resta indietro nei sondaggi e se il comico genovese non può aspirare a trasformare il suo movimento nel maggior partito italiano, la possibilità che al Senato il centrosinistra non abbia una maggioranza sufficiente esiste.
Ma neanche questa non propriamente piacevole prospettiva lo fa desistere dai suoi intenti: «Il pareggio non esiste: chi ha vinto alla Camera, vince anche a Palazzo Madama, non possono essere due o tre senatori in meno a pregiudicare la governabilità ».
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)
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