PD, QUESTIONE MORALE DA NORD A SUD
ECCO I NOMI DI CACICCHI E TRASFORMISTI, I GATTOPARDI ESISTONO ANCHE IN PIEMONTE E IN LIGURIA
“Estirpiamo cacicchi e capibastone!”. Il 12 marzo 2023 Elly Schlein guidava la sua prima assemblea da leader del Pd, colpendo tutti per quel richiamo contro i ras, i porta-voti, i partiti nel partito che spesso controllano voti, nomine e consiglieri nella loro fetta di influenza. Un anno più tardi, la promessa è lontana dall’essere mantenuta. Talvolta Schlein ha dato qualche segnale (per esempio negando a Vincenzo De Luca il terzo mandato in Campania) ma la strada è lunghissima e la mappa d’Italia di “cacicchi e capibastone” mostra intere aree in cui il rinnovamento del partito non è ancora iniziato.
Gli scandali di Bari chiedono il conto di anni in cui Michele Emiliano, pur immacolato dal punto di vista giudiziario, ha gestito il potere senza alcuna selezione all’ingresso, imbarcando trasformisti e personaggi controversi. Una di queste è l’assessora Anita Maurodinoia, indagata, il cui marito Sandro Cataldo è stato arrestato. Ma Emiliano ha addirittura creato un movimento, “Con”, per offrire una casa ai vari transfughi. L’associazione è coordinata da Michele Boccardi, forzista per una vita che si è portato dietro decine di ex (?) berlusconiani, alcuni dei quali condividono il seggio in Consiglio regionale con il dem Michele Mazzarano, fresco di condanna a 9 mesi per corruzione elettorale.
Basta alzare lo sguardo dalla Puglia per capire che non si tratta di casi isolati. A Caserta il Pd è reduce da un disastro, con solito boom di tessere sospetto e congresso congelato. Qui “regna” Gennaro Oliverio, presidente del Consiglio regionale della Campania, in grado di raccogliere 1000 tessere solo nella sua Sessa Aurunca, dove di abitanti ce n’è solo 20 mila e il Pd alle ultime elezioni presero 1200 voti. Quasi più tessere che voti, quindi.
D’altra parte in Campania la macchina di consenso di De Luca è ormai rodata. Capogruppo Pd in Regione è Mario Casillo, recordman di preferenze e figlio d’arte: il papà Franco, ex Dc e poi Margherita, è stato per anni a sua volta tra i più influenti politici locali. A Napoli invece c’è Bobo Esposito, terza consiliatura in Comune e continua fonte di imbarazzo per il Pd. In passato ha patteggiato 6 mesi per una storia di firme fasulle a sostegno della candidatura di Valeria Valente. Nel 2019 Fanpage lo beccò a far votare alle primarie una persona senza certificato elettorale. Nel 2021 intervenne in Aula in difesa di alcuni interinali di una partecipata, “scordando” che tra questi ci fosse pure la figlia. Eppure il Pd lo ricandida sempre. Altrettanta fortuna elettorale ha Franco Alfieri, presidente della provincia di Salerno e per tutti il maestro delle celebri “fritture di pesce” offerte agli elettori nelle campagne elettorali secondo un’improvvida uscita di De Luca durante una riunione con centinaia di amministratori locali. In Basilicata è fresco il caso di Angelo Chiorazzo, per mesi candidato in pectore alla Regione (poi silurato) nonostante una storia personale di vicinanza con Gianni Letta. In Basilicata nel Pd sono ancora ascoltatissimi Vito De Filippo e Salvatore Margiotta, coi rispettivi – sterminati – curricula di incarichi: De Filippo è appena rientrato da Iv; di Margiotta, uscito illeso da diverse indagini, si è tornato a parlare nei giorni scorsi per una sua vecchia cena con Nicola Schiavone, a lungo considerato un prestanome del neo-pentito dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone.
Restando a Sud, è immortale il potere di Mirello Crisafulli, per anni dominus dem nella provincia di Enna e non solo. Alla sesta legislatura all’Ars c’è Antonello Cracolici: uomo di mondo, si è più volte espresso a favore del Ponte sullo Stretto. A Catania invece il Pd aspetta ancora di rinnovarsi: Enzo Bianco, quattro volte sindaco e già min, In Calabria è tornata a farsi sentire con diverse interviste Enza Bruno Bossio, rimasta senza seggio ma sempre componente della Direzione nazionale del Pd. Accanto a lei, due veterani come Carlo Guccione e Mariateresa Fragomeni, quest’ultima “creatura” politica di Sebi Romeo, ex consigliere regionale a sua volta vicino a Nicola Oddati e come lui coinvolto in una inchiesta sugli appalti. Senza dimenticare Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio anche lui tra i fan del Ponte.
In Sardegna, dove Renato Soru se n’è andato da poco perché non ricandidato alla guida della Regione, le carte le danno soprattutto Paolo Fadda e Antonello Cabras, forti entrambi di una lunga militanza nel centrosinistra. Il primo vede ora il figlio Danilo darsi da fare a Cagliari (è stato pure assessore), il secondo va verso la presidenza di Bper ma è indimenticato riferimento di una vasta area dem in Regione, al punto che alle ultime regionali ben 6 consiglieri eletti nel Pd su 11 fanno parte della sua corrente.
Saghe di potere e affetti che portano a Roma e nel Lazio, centro di gravità di molti di questi intrecci. Qui fa carriera Claudio Mancini, al secondo mandato alla Camera, mentre è passata senza conseguenze la folle scenata di Albino Ruberti, ex capo di gabinetto di Roberto Gualtieri ripreso due anni fa mentre minacciava di sparare al fratello di Francesco De Angelis, a sua volta in odore di candidatura coi dem alle Europee. Ruberti continua a collezionare incarichi (l’ultimo all’Ipa, l’ente previdenziale per i dipendenti del Comune di Roma) e pure la moglie Sara Battisti gode di ottima salute politica, eletta al Consiglio regionale. In Abruzzo per parlare col Pd bisogna ancora citofonare Luciano D’Alfonso: ex governatore, vuole fare il sindaco di Pescara. Il partito fa fatica a rinnovarsi, tanto è vero che due anni fa a L’Aquila ha corso l’eterna Stefania Pezzopane, oggi volto della corrente di Stefano Bonaccini.
In Toscana Dario Nardella e Eugenio Giani hanno già costruito una propria rete, ma dietro le quinte è forte la famiglia Perini. Il padre, Nicola Perini, è dirigente locale del partito vicino a Nardella e ora guida Publiacqua, partecipata del Comune di Firenze; la figlia Letizia è consigliera comunale; la “zia” Serena, sorella di Nicola, è presidente del Quartiere 3.
La rassegna (per forza incompleta) porta poi in Liguria, dove a sostegno di Bonaccini si erano rivisti Claudio Burlando e Franco Vazio. Alessandro Terrile, dirigente dem di Genova, ha rapporti trasversali: due anni fa è stato nominato a capo dell’Ente Bacini. Si arriva così al Piemonte, con le inchieste di questi giorni che raccontano le manovre del “ras” Salvatore Gallo, capace di piazzare consiglieri a piacimento. A Torino il Pd esprime il sindaco Stefano Lo Russo, ma il vero riferimento da sempre è Stefano Fassino. Nella classe dirigente locale, quasi tutta allergica all’alleanza coi 5Stelle, spicca il deputato Mauro Laus: “rivale” interno di Schlein, è indagato per malversazione in una vicenda che riguarda la gestione di una cooperativa. Come gli altri pezzi di potere dem, ha la testa alle Europee, oltreché alle Regionali. E a Bruxelles è a fine legislatura Paolo De Castro, collezionista di incarichi e seggi passando per tutte le stagioni dem. Ma è in Lombardia che il Pd ha sfiorato il capolavoro, fermandosi appena prima di un’operazione politica spinta dall’ala centrista del partito, che avrebbe voluto candidare Letizia Moratti alla Regione. Operazione fallita, ma che rende l’idea della concezione del partito diffusa tra certi suoi esponenti.
(da ilfattoquotidiano.it)
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