PENSIONATI IN FUGA ALL’ESTERO IN CERCA DI UN COSTO DELLA VITA MIGLIORE E MENO TASSE
SONO 373.265 LE PENSIONI LIQUIDATE ALL’ESTERO, CIRCA 60.000 SONO GIA’ COLORO CHE “SI VANNO A GODERE LA PENSIONE” ALL’ESTERO
“Addio Italia, vado a godermi la pensione all’estero”. Sono sempre di più i pensionati che, dopo avere lavorato e versato i contributi in Italia, decidono di varcare il confine e trasferirsi in un altro paese o, comunque, di prendere la residenza all’estero.
Itinerari previdenziali ha indagato il fenomeno e ha cercato di spiegarlo.
In particolare, il quinto Rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano a cura del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, per il 2016, ha contato 373.265 prestazioni pensionistiche liquidate all’estero per un importo complessivo di poco più di 1 miliardo (per la precisione, 1.057.428.584 euro).
A sua volta, questo numero va ripartito tra cittadini italiani, che rappresentano la maggioranza dell’82,6%, e stranieri (17,4 per cento).
La maggior parte dei pagamenti è destinata all’Europa, il che significa che il Vecchio continente è la principale meta dei pensionati che percepiscono il pagamento della prestazione oltre confine. Seguono l’America settentrionale, l’Oceania e il Sud America.
Occorre fare delle distinzioni. Innanzi tutto, di queste oltre 373.265 prestazioni, 227.367 rappresentano pensioni di vecchiaia, 132.479 ai superstiti e 13.419 di invalidità .
Soprattutto, però, l’84% delle prestazioni riguarda pensioni calcolate in “regime di convenzione internazionale”, vale a dire frutto di contributi versati in parte in Italia e in parte all’estero, mentre il restante 16%, pari a 59.537 prestazioni per poco più di 559 milioni di euro, corrisponde a prestazioni calcolate in “regime nazionale”.
In altri termini, la contribuzione durante gli anni di lavoro è stata interamente versata in Italia.
E’ su quest’ultimo dato del 16% delle prestazioni complessive, che fotografa appunto i pensionati italiani “in fuga” all’estero, che si concentra il centro studi di Itinerari previdenziali, presieduto da Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare dal 2001 al 2005, sotto il governo di Silvio Berlusconi.
“Benchè di rilievo numerico ancora contenuto — si legge nel rapporto — i dati obbligano a fare i conti con i pensionati italiani che ‘fuggono’ verso l’estero. Un fenomeno di grande interesse sociale che pare riconducibile a due ragioni principali: il costo della vita e i possibili vantaggi fiscali”.
“Da un lato, la ‘migrazione’ è motivata dalla ricerca di paesi con un costo della vita minore rispetto all’Italia e riguarda prevalentemente, anche se non solo, le pensioni di importo modesto, a volte integrate al minimo o con maggiore sociale, e quindi non soggette a tassazione in Italia e per le quali non è richiesta l’applicazione delle convenzioni contro la doppia imposizione fiscale. Dall’altro lato, però, la scelta di trasferirsi è riconducibile anche ai vantaggi fiscali offerti da taluni paesi e riguarda prevalentemente le pensioni di importo medio-alto, assoggettate ad alte aliquote Irpef che, nel paese estero scelto, incide normalmente in misura di gran lunga inferiore o non incide affatto, in virtù di convenzioni che evitano la doppia imposizione o che addirittura esentano il pensionato residente per un periodo di cinque o dieci anni dal pagamento delle imposte”.
Per meglio comprendere il ragionamento, occorre ricordare che il pensionato che risiede all’estero per di più di sei mesi può domandare all’Inps (Istituto nazionale di previdenza sociale) il pagamento della pensione lorda, optando in questo modo per la tassazione esclusiva nel paese di residenza oppure per l’applicazione del trattamento fiscale più favorevole (ad esempio, imposizione fiscale in Italia solo al superamento di determinate soglie di esenzione).
Quindi, secondo Brambilla, i pensionati con gli assegni più corposi, per andarsi a godere gli anni dopo l’addio alla professione, tendono a scegliere mete con aliquote Irpef meno onerose che in Italia (dove l’imposizione fiscale sul reddito non è certamente leggera).
Una “fuga” oltre confine che va a sommarsi a quella dei molti giovani che, invece, si trasferiscono all’estero in cerca di lavoro.
(da “Business Insider”)
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