PER MOLTI IN RUSSIA PRIGOZHIN È DIVENTATO UN MARTIRE: DAVANTI AL QUARTIER GENERALE DELLA WAGNER A SAN PIETROBURGO È APPARSO UN MEMORIALE IMPROVVISATO
CENTINAIA DI PERSONE, MERCENARI MA ANCHE PADRI FAMIGLIA E PENSIONATI, RENDONO OMAGGIO AL CUOCO DI PUTIN: “ERA UN VERO PATRIOTA, È STATO COLPITO ALLE SPALLE”
Un piccolo memoriale improvvisato è apparso ieri mattina di fronte al palazzo in acciaio e vetro che ospitava il Wagner Center, il quartier generale pietroburghese di Evgeny Prigozhin.
Gente di tutti tipi – padri di famiglia con bambini, giovani, pensionati – si avvicinano alla spicciolata per depositare dei fiori.
Si tratta di uno dei raduni spontanei comparsi in tutta la Russia per commemorare il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, il suo braccio destro Dmitry Utkin e gli altri mercenari rimasti uccisi in una catastrofe aerea il giorno prima.
Salito alla ribalta con l’invasione dell’Ucraina, Prigozhin ha saputo catalizzare un sentimento di crescente rabbia e frustrazione nella società russa sullo sfondo degli insuccessi militari dell’anno scorso. Ha rappresentato un movimento nazionalista radicale che parte dal basso e che si contrappone all’élite, percepita come corrotta e incompetente, contro la quale Prigozhin si scagliava regolarmente.
«Era un vero patriota, e non un funzionario corrotto che ha paura di perdere la sua poltrona», dice Tatyana, una pensionata sessantenne, con la voce rotta dalle lacrime. «È una grande tragedia per la società russa», concorda Oleg, 37 anni, imprenditore. Sulla maglietta, il teschio simbolo della compagnia di mercenari. Tutt’ora le circostanze della sua morte sono ignote, e forse non si sapranno mai. «È stato un colpo alle spalle, un tradimento», dice Oleg. Come molti dei presenti, non crede alla teoria secondo cui dietro la morte di Prigozhin ci sia lo zampino dei servizi segreti ucraini e occidentali. «Ci dicono che i nemici sono gli europei, gli americani – dice Oleg – ma la cosa più orribile è quando i nemici sono in casa, ma prima o poi ce ne libereremo», si sfoga.
Intanto, al memoriale si avvicinano alcuni uomini in mimetica, alcuni con il volto coperto e le spalline della Wagner. Il memoriale inizia a riempirsi di altri fiori, compare il tricolore russo e persino la mazza, il simbolo della ferocia con la quale i mercenari eliminavano i traditori della patria. «Era prevedibile che accadesse. Hanno solo aspettato un po’ per non farne un martire», dice Roman, 32 anni, ex combattente della Wagner e veterano della battaglia di Bakhmut.
Come altri mercenari, è sicuro che Prigozhin sia stato vittima di una resa dei conti interna al Paese. È di questa opinione anche un altro mercenario, noto con il nome di battaglia “Karat”, comandante di una brigata d’assalto della Wagner. «Lo Stato non ha lasciato correre», dice, riferendosi all’ammutinamento. «È stata un’azione pianificata dai servizi segreti russi», dice.
Dopo la ribellione di due mesi fa, le operazioni della Wagner sono rimaste sospese in un limbo. Secondo le ultime dichiarazioni di Prigozhin, la compagnia si sarebbe trasferita per qualche tempo in Bielorussia e continuerebbe ad operare in Africa. Ora, con la scomparsa della sua leadership, le sorti della Wagner appaiono ancora più incerte.
«Non fate nulla di stupido», è stato l’avvertimento rivolto ai mercenari dal canale Telegram Grey Zone vicino alla leadership della Wagner. «Chi ha eliminato Evgeny Viktorovich sappia che noi non ci fermeremo», dice Karat. «Morivamo per il nostro popolo, per il nostro Paese, per la nostra terra e continueremo a farlo».
(da La Stampa)
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