“PIANTEDOSI RESTA UN MINISTRO IN COMPARTECIPAZIONE, SEDICI MESI FA, SALVINI NE POSSEDEVA UN PEZZO, POI MELONI HA PRESO LA SUA PARTE. PERFINO TAJANI HA UNA QUOTA”
“IL FOGLIO”: “HA SOSTITUITO IL MANGANELLO CON IL PUNTO ESCLAMATIVO. QUASI SI ESALTAVA QUANDO GLI DAVANO DEL ‘QUESTURINO’. AVEVA LA LACCA SUI CAPELLI BIANCHI, LA LACCA CHE COME IL MANGANELLO ‘RADDRIZZA’, PRECISA, IL PELO”
Rispetto! Respingo! Preciso! Ha sostituito il manganello con il punto esclamativo. Se ne sono contati almeno quattro quando Matteo Piantedosi informava, Camera e Senato, sulle cariche di Pisa. Precisava (!) che gli agenti delle forze di polizia “sono lavoratori che meritano il massimo rispetto!”, “respingo ogni tentativo di coinvolgere, nelle polemiche il lavoro delle forze di polizia!”, dunque “vengo ai fatti!”.
Lo hanno mandato a riferire, in Aula, e quasi si esaltava quando, da sinistra, i parlamentari, sottovoce, gli davano del “questurino”. Si appassionava perché, raccontano al Viminale, una delle sue frasi preferite è “sono fiero che mi dicano sbirro”. Aveva la lacca sui capelli bianchi, la lacca che come il manganello “raddrizza”, precisa, il pelo.
A un anno dalla sua tragedia comunicativa, la conferenza di Cutro, Piantedosi, il ministro esclamativo, si è fatto scudo con Mattarella che, confida ai collaboratori, “vado a trovare, sento. Non c’è parola del presidente che io non condivida”. E però, dopo il pensiero da nonno avellinese (“quando si giunge al contatto fisico con ragazzi minorenni è comunque una sconfitta”) Piantedosi si trasformava nello zelante Piantedosi, il ministro che riduceva le botte da orbi di Pisa in una specie di fascicolo alla Gogol, un mancato fax alla questura.
Era ancora lui che scandiva, “preciso che la legge stabilisce un preavviso di tre giorni!” (preavviso che a Pisa non ci sarebbe stato) e aggiungo che ai manifestanti “ancora senza alcun esito, venivano nuovamente chieste indicazioni”. Si prendeva con la sua piccola sagoma tutta la scena, i banchi del governo, perché, nonostante la grancassa di Meloni, questa nuova antipatia tra Palazzo Chigi e Quirinale, confermata da deputati di FdI (“è chiaro che lassù, al Colle, qualcuno non ci ama e in particolare il consigliere di Mattarella, Gianfranco Astori”) Piantedosi resta un ministro in compartecipazione.
Sedici mesi fa, Salvini ne possedeva un pezzo, poi Meloni ha preso la sua parte. Perfino Tajani ha una quota dato che è corso da lui, “dall’amico Piantedosi”. Per fargli sentire di non essere solo, Tajani ha dato forfait ai cinquant’anni del Giornale, il quotidiano dove è stato inviato, caporedattore, e si è precipitato da Piantedosi un momento prima che Piantedosi dicesse: “In Italia c’è un clima di crescente aggressività nei confronti delle forze dell’ordine”.
Dicono che qualche stregone, uno di quelli che misura gli umori italiani, avrebbe spiegato, a Meloni e Fazzolari, che l’errore di Pisa sarebbe già superato dall’aggressione delle canaglie torinesi, incappucciate, e che adesso sarebbe questa la musica da suonare.
Visto che il denaro non basta mai, Piantedosi ne garantiva del nuovo, ulteriore, per le forze dell’ordine, per il rinnovo dei contratti, altra urgenza della premier.
La sicurezza torna così a essere il libretto postale della destra e del governo, che potrebbe presto sostituire, oltre al direttore di Aisi (Del Deo è il favorito) anche quello di Aise (al posto di Caravelli, il vice del Dis, Valensise) un governo sempre più esclamativo. E’ una passione linguistica di Meloni e della sorella Arianna che dice, “dai, su!” e per concludere di Piantedosi che alla fine della sua più lunga giornata, salutava così: “Vi ringrazio!”.
(da Il Foglio)
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