POLEMICHE SUL MES FONDATE SUL NULLA
SUL FONDO SALVA-STATI NESSUN PAESE CON DEBITO ALTO HA AVUTO NULLA DA RIDIRE, SOLO IN ITALIA CI SONO CAZZARI CHE STARNAZZANO NON AVENDO ALTRI ARGOMENTI
La linea che segna il limite entro cui si possono spingere le critiche dei 5 stelle e delle opposizioni sul Mes, Roberto Gualtieri la tira quando sono passate due ore e mezza dall’inizio della sua audizione in Senato.
Domanda: la riforma può ancora essere oggetto di trattativa? Risposta: “La mia valutazione è no. Il testo è stato chiuso”.
La scia della blindatura arriva in meno di un’ora alla Camera. In aula parla il deputato del Pd Piero De Luca. Ricorda che la trattativa sulla riforma è stata fatta quando al governo c’era la Lega.
I deputati del Carroccio gridano “venduti, venduti”. Anche dai banchi del centrodestra si alzano urla e proteste. Parte la rissa, Fico è costretto a sospendere la seduta dell’aula. Scoppia la bagarre. Ma Gualtieri, con una nota, chiarisce: “Il testo della riforma del Mes non è firmato, le polemiche sono pretestuose”. Il senso è che la sua valutazione è politica, non giuridica.
Le tensioni sulla riforma del Fondo salva-Stati esplodono dopo le parole di Gualtieri, che difende la linea portata avanti dal premier per arrivare a un testo che tutto fa tranne che penalizzare l’Italia.
Quello che il ministro dell’Economia lancia da palazzo Madama è un messaggio di blindatura: riaprire i giochi in Europa significherebbe rendere gli italiani “meno sicuri” e “meno forti”. C’è un ragionamento, che viene riproposto nelle risposte ai senatori, a fare da base al punto che viene messo sul Mes: non ci sono rischi per l’Italia. Prende forma così l’operazione verità per spazzare via “manipolazioni” e fake news che parlano di un rischio di stabilità finanziaria per l’Italia, di mercati pronti a scatenare la tempesta, dell’egemonia dell’asse franco-tedesco in Europa che tutto fa e tutto decide.
Passano pochi minuti dalla conclusione della relazione introduttiva del titolare del Tesoro e il senatore grillino Elio Lannutti lo incalza. Parla di una sovranità dell’Italia in pericolo.
Eppure il ministro è stato chiarissimo: tutto quello che si è generato negli ultimi giorni sul Mes è stato frutto di informazioni infondate e non corrette. Con pazienza, il titolare del Tesoro mette in fila tutti gli elementi necessari per dissipare i dubbi. Sottolinea che la riforma non prevede una ristrutturazione preventiva del debito, che il backstop, cioè la disponibilità del Mes a essere utilizzato dal fondo per le risoluzioni bancarie, raddoppia i fondi disponibili per salvare le banche ed è quindi “un successo per l’Italia”.
E soprattutto spiega che tutto è stato fatto alla luce del sole: niente sotterfugi o contenuti tenuti nascosti al Parlamento.
Nella lunga e articolata difesa del Mes, di cui non vuole diventarne tuttavia un “pasdaran”, Gualtieri rivendica come il lavoro svolto da Conte in Europa sia stato determinante per tutelare gli interessi dell’Italia da un disegno che alcuni Paesi, cioè quelli nordici, volevano decisamente duro e foriero di pericoli per l’Italia.
Da qui la necessità di non rimettere tutto in discussione. Farlo, incalza Gualtieri, significherebbe dare un’immagine dell’Italia debole, fragile. Anche perchè – è il ragionamento – dalla Polonia all’Olanda, tutti hanno concordato sul fatto che l’intesa raggiunta sul Mes va bene.
L’Italia, insomma, rischia di essere la pecora nera, andando a sbattere contro il muro dell’Europa che tra l’altro ha partorito un progetto che non fa male a Roma.
La convinzione di Gualtieri si fa granitica quando prende la parola Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia, che parla di critiche alla riforma del Mes di Maria Cannata, ex dirigente del Tesoro per il debito pubblico, del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e del presidente dell’Abi Antonio Patuelli.
Il ministro ribatte in modo netto: “Lei ha manipolato l’affermazione del governatore Visco, che ha precisato che questa riforma non prevede nè annuncia un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano, non c’è scambio fra assistenza finanziaria e ristrutturazione debito”. E manipolazione è il termine che Gualtieri usa per replicare a Urso anche sulle affermazioni intestate a Patuelli e Cannata.
Alberto Bagnai, il presidente della commissione Finanze in quota Lega, presiede la seduta. Quando dopo oltre tre ore l’audizione volge al termine, prende la parola. Accusa di Gualtieri di aver irriso il Parlamento e ribadisce la sua contrarietà alla riforma del Mes. Il ministro replica e difende ancora la riforma.
Ma la scia delle sue parole travalica i muri di palazzo Madama e arriva fino a Montecitorio. Lì prende forma la rabbia delle opposizioni. Dopo la bagarre, la seduta riprende. Fico annuncia che il governo si è detto disposto a riferire in aula in tempi brevissimi, domani o dopodomani.
In serata arriva la nota con cui Gualtieri ribadisce il senso delle sue parole in audizione. Ricostruisce, come fatto in Senato, i fatti.
Il 13 giugno l’Eurogruppo ha raggiunto un ampio consenso su una bozza di revisione del Mes. Due giorni dopo, il 21 giugno, i leader all’Eurosummit hanno preso atto delle revisioni proposte e invitato l’Eurogruppo a continuare i lavori su tutti gli aspetti della riforma e del pacchetto più generale che comprende anche la capacità di bilancio per la convergenza e la competitività e la roadmap per il completamento dell’Unione bancaria.
Questo riferimento alla logica di pacchetto è stato inserito su richiesta dell’Italia e a sua volta riflette la richiesta del Parlamento di riservarsi di esprimere la valutazione finale sulla base di tutti gli elementi del suddetto pacchetto.
Da qui le conclusioni finali: “Il consenso definitivo e formale del governo alla riforma del Mes e al pacchetto non è ancora stato espresso e, come ho detto in Commissione, se da un lato il testo non è ancora stato firmato e sono tuttora in corso discussioni e negoziati su aspetti minori interni ed esterni al trattato, la mia valutazione che non ci sia reale spazio per emendamenti sostanziali è di natura politica e non giuridica, in quanto come è noto in questa procedura vige la regola dell’unanimità ”.
(da “Huffingtonpost”)
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