PRESSING DI BOSSI E CONFALONIERI: “MEGLIO UN ACCORDO CON FINI, QUA FINISCE MALE”
PER LA SUCCESSIONE I NOMI DI LETTA, TREMONTI E ALFANO….IL SENATUR FURIOSO: “ORA BERLUSCONI CI DEVE DIRE CHI SAREBBERO I FINIANI PRONTI A SOSTENERLO”….CONFALONIERI E MARINA: UN TRACOLLO METTEREBBE A RISCHIO MEDIASET
Ora i conti non tornano più.
Ora che anche le colombe finiane firmano la mozione di sfiducia, ora che la “dichiarazione di guerra” viene depositata alla Camera con 85 firme in calce, ora che il premier Berlusconi guida un governo di minoranza (309 voti contro 317), adesso Umberto Bossi non si fida più del Cavaliere.
Un presidente del Consiglio fiaccato di minuto in minuto dalle banderillas dei dossier WikiLeaks, costretto sulla difensiva, a rintuzzare una rivelazione dopo l’altra.
E infine a correggere a distanza le tabelle che gli ex “colonnelli” gli avevano girato sulla tenuta della maggioranza.
“Dove sono i 320 di cui si diceva certo? Adesso deve chiarire, chi sono questi di Fli disposti ancora a votargli la fiducia?” è stato lo sfogo del Senatur raccolto da uomini di governo leghisti.
Attende Berlusconi al varco, Umberto Bossi, al rientro dalla lunga missione internazionale.
Proverà a “farlo ragionare: avevamo ragione noi, bisogna sedersi al tavolo e trattare con Fini”.
La mediazione che anche nelle ultime 48 ore ha portato avanti Gianni Letta col presidente della Camera, aprendo sulla riforma della legge elettorale, non ha sortito i risultati sperati.
Adesso i leghisti vogliono che sia il premier ad aprire un confronto coi “nemici”.
Tentare così l’unica via d’uscita ormai possibile: dimissioni e Berlusconi-bis. Dato che, per dirla con Roberto Castelli, “facendo i conti della serva, la maggioranza non c’è più”.
Ma ci sono altre pressioni che il presidente del Consiglio subisce già da qualche giorno.
Sono quelle del presidente Mediaset Fedele Confalonieri.
L’amico di una vita si è fatto portavoce del pensiero e delle preoccupazioni dei figli di Berlusconi, Marina e Pier Silvio, invitandolo a muoversi con maggiore cautela.
Perchè incaponirsi?, è stato il ragionamento: un tracollo politico metterebbe “a rischio la tenuta del gruppo”.
Il suggerimento insistente è quello di cedere lo scettro a un uomo di fiducia, sia Gianni Letta o Giulio Tremonti o Angelino Alfano.
Purchè “Silvio” si tiri fuori da un gioco che si fa “pericoloso”.
Ma sono consigli non richiesti e già cestinati.
Non appena, in serata, i tre capoversi della mozione di sfiducia sono messi a punto, il premier chiama da Astana Verdini e Alfano e detta la controffensiva. “Nessun accordo con Fli e Udc per un Berlusconi-bis” dichiara il coordinatore pdl, “il presidente non si dimette” annuncia il Guardasigilli.
Si va alla guerra, insomma.
Nel vertice mattutino nella stanza del presidente della Camera, Fini, Casini, Rutelli, Lombardo e Tanoni la sfiducia la danno ormai per scontata.
Si soffermano sul dopo. Confidano ancora in prudenti dimissioni del premier prima del voto in aula.
Reincarico a Berlusconi? “Decide il capo dello Stato, non noi” risponde Pier Ferdinando Casini a chi gli chiede.
Il fatto è che un B-bis viene escluso da tutti i big del nuovo polo.
“E ho elementi abbastanza solidi che mi inducono ad escludere le elezioni anticipate” ripete loro Gianfranco Fini.
Il nome di Gianni Letta è l’unico fatto tra i cinque quale possibile alternativa per un governo di centrodestra allargato all’Udc. “Ma non ci sono preclusioni su altri nomi che dovessero essere indicati dal premier” hanno ripetuto.
Il governo d’emergenza da affidare a un tecnico sarebbe l’ultimo passaggio, appena accennato nel vertice in presidenza.
“Ma se qui si parla solo di sfiducia io mi alzo e vado, pensavo si parlasse di terzo polo” sbotta il libdem Tanoni, che rappresenta la Melchiorre e il rientrante (dopo la fuga) Grassano.
“È chiaro che qui si pongono le basi per la costruzione della futura alleanza elettorale” è la riflessione di Rutelli sulla quale tutti concordano.
Ma prima ci sarà la mozione da approvare.
“Mozione costruttiva”, la definisce Bocchino.
Nel senso che servirà a costruire il nuovo governo senza Berlusconi. Raccogliere le firme non è stato facile, Fini ha dovuto riunire tutto il suo gruppo, è lì che si annidavano gli ultimi incerti.
Unico assente ingiustificato, e ormai “ex”, Giampiero Catone.
Gli altri danno battaglia, da Menia a Consolo, perplessi per l’accelerazione “eccessiva”. Patarino, Moffa e Polidori firmano solo in un secondo momento, ma alla fine lo fanno tutti. Le sigle Fli sono 35.
Forte del risultato, Fini incontra più sereno Montezemolo.
Il presidente della Ferrari gli conferma, prima del convegno Telethon, che per ora non ha alcuna intenzione di fare un passo avanti in politica.
Quindi, Pisanu, ancora una volta. Il senatore voterà la fiducia.
Entrerà in gioco con altri colleghi Pdl dopo l’eventuale caduta di Berlusconi alla Camera.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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