“PRONTI A MORIRE PIUTTOSTO CHE VIVERE COSI'”: MARE JONIO, SCIOPERO DELLA FAME DEGLI OSTAGGI DEL SEQUESTRATORE DI PERSONE
ESPOSTO ALLA PROCURA DI AGRIGENTO DELLA ONG: “SITUAZIONE AGGAVAT E NON PIU’ GESTIBILE”… GOVERNO INDEGNO
Ed ora, lo sciopero della fame. Dopo un naufragio in Libia, sei giorni di detenzione in alto mare davanti all’Italia e due drammatici trasbordi d’urgenza per motivi medici, i migranti a bordo della Mare Jonio continuano a crollare, uno per uno. Uno spettacolo indecoroso al quale i volontari assistono inermi.
Questa mattina sono stati convocati d’urgenza nel container in cui i 31 reduci dei 98 inizialmente raccolti sono ancora costretti.
Due di loro hanno smesso di mangiare e bere. Ieri sera hanno rifiutato la cena. E lo stesso hanno fatto a colazione. “Siamo pronti a morire — hanno sragionato — piuttosto che continuare in questo modo”.
La psichiatra di bordo Carla Ferrari Aggradi insieme con il coordinatore sanitario di Mediterranea Stefano Caselli hanno provato a parlare con loro, a convincerli a desistere. Ma non hanno ottenuto risultati concreti.
Panico collettivo
La decisione di intraprendere lo sciopero della fame è arrivata al termine di una notte drammatica. Dopo il tramonto è infatti arrivata una piccola burrasca. Vento fortissimo (fino a 25 nodi), mare e pioggia, con fulmini e tuoni. Condizioni proibitive che hanno sorpreso i naufraghi mentre si preparavano per dormire
La burrasca ha avuto un evidente impatto di natura psicologica sulle persone nel container che, come noto, sono state salvate, meno di una settimana fa, da un naufragio nel quale hanno visto morire sei compagni di viaggio. La reazione del gruppo è stata immediata: terrore allo stato puro. Si sono chiusi nel container in preda a una crisi di panico collettiva.
La nave da Crociera
Pochi minuti dopo, il capo missione Luca Casarini ha contattato le autorità competenti (il Cirm, Centro internazionale radio medico e la Capitaneria di Porto) l’evacuazione dei naufraghi per motivi sanitari. Ma la richiesta si è infranta contro il muro di gomma della burocrazia.
Essere reduci da un naufragio — è la teoria – non è un motivo sufficiente per chiedere l’evacuazione da una nave soccorso finita in un’altra bufera. Eloquente e finale il silenzio seguito all’ultima protesta di Casarini: “Ma scusi se queste persone invece che da un gommone le avessimo raccolte dal naufragio di una nave da crociera ce le lasceresti qui?”.
Carte in procura
Visto l’ennesimo rifiuto di collaborazione da parte delle autorità , Mediterranea è stata costretta a passare alle vie legali. E ha fatto partire una mail, indirizzata alle medesime autorità e, per conoscenza, alla Procura della repubblica: “Il grave deterioramento delle condizioni sanitarie a bordo è tale da non poter più essere gestito in maniera adeguata ed efficace dal personale sanitario presente a bordo della Mare Jonio, data l’insufficienza di contesto e di strumenti. Per tali ragioni si ritiene rilevante comunicare alle autorità interpellate la necessità di un intervento complessivo e — di conseguenza — la sopravvenuta corresponsabilità in relazione a ciò che sta accadendo e potrebbe accadere”.
Meteo in peggioramento
Il riferimento a quanto “potrebbe accadere” è particolarmente rilevante se letto alla luce delle condizioni meteo che le previsioni danno in netto peggioramento nelle prossime ore. Non si tratta di una bufera passeggera, come quella di ieri notte, ma di una tempesta di un paio di giorni.
La Mare Jonio non ha nessuna possibilità di affrontare condizioni del genere. Forzare il blocco, come questa mattina appare inevitabile, oltre a permettere ai volontari di mettere finalmente al sicuro i naufraghi, risolverebbe anche un sacco di problemi a tutti, soprattutto al Pd e al Movimento cinque stelle che non vedono l’ora di poter archiviare questa situazione per continuare la loro trattativa con uno scoglio di meno sul tavolo.
(da agenzie)
Leave a Reply