PROVENZANO, MELONI E I FASCI: L’INUTILITA’ DEL VOCABOLARIO
LA MELONI HA RINNEGATO FIUGGI MA L’ARCO COSTITUZIONALE NON E’ PIU’ UN MODELLO PRATICABILE
Le parole e il loro significato, se possibile. Con calma, se è (ancora) possibile. Ripartiamo dal testuale incriminato di Provenzano: “Giorgia Meloni aveva l’occasione di tagliare i ponti col mondo vicino al neo-fascismo, anche in Fdi, ma non lo ha fatto. Le parole usate sulla matrice (dei fatti di Roma, ndr) la pongono fuori dall’arco democratico e repubblicano”.
Giudizio politico, anche piuttosto condivisibile, perché si può discutere, anche a lungo, sull’entità del “pericolo fascista”, probabilmente dilatato (anche per esigenze di ballottaggi) rispetto alla consistenza reale, si può proseguire scindendo le responsabilità di una minoranza eversiva (Forza Nuova) che è necessario colpire, dal vasto mondo della protesta di piazza del Popolo, che è necessario anche comprendere, si può anche discutere dell’utilità, anche simbolica, o meno dello “scioglimento” di Forza Nuova rispetto all’applicazione delle leggi vigenti, ma cosa c’azzecchi tutto questo con l’attribuzione a Provenzano dell’intenzione di mettere “fuori legge la Meloni” è davvero incomprensibile.
Di politica e di “cultura politica” si sta parlando, ed è giusto parlarne. Se, nell’arco di una settimana, si scopre che il fior fiore della classe dirigente del primo partito del paese (Carlo Fidanza) si diletta tra saluti romani e battute sugli ebrei assieme a una compagnia, direbbe il poeta, malvagia e scempia e che trangugia le tragedie del novecento come tartine di un macabro aperitivo, e il leader di quel partito dice che, prima di prenderli a calci nel sedere, deve vedere cento ore di girato, come se non bastasse quello che si è visto; e se poi davanti a un assalto da parte di fascisti dichiarati ed arrestati alla sede della Cgil te ne vai dai franchisti spagnoli, eredi della falange, a dire che la “matrice” va acclarata, il regresso culturale rispetto alle svolte compiute dalla destra italiana, da Fiuggi alla visita di Fini a Israele, è piuttosto plastico.
La legge non c’entra nulla, c’entra l’ambiguità, la tolleranza, il riflesso automatico, l’eco, l’allusione, che non sono né nostalgia né progetto politico, ma vengono considerate un giacimento di risorse per nutrire di evocazioni antiche il ribellismo di oggi. In questo senso c’è eccome, un gioco con i confini della Costituzione, un dentro-fuori quasi a verificarne la consistenza e la permeabilità senza voler mostrare il passaporto.
Il concetto di “arco costituzionale” è antico e nobile, e forse anche a quello si riferiva il vicesegretario del Pd. Richiama la tanto vituperata Repubblica dei partiti e quel campo di forze che, assieme, scrissero la Costituzione e ricostruirono l’Italia democratica.
Come noto, il Movimento sociale, non era “fuori legge”, ma veniva considerato non legittimato, politicamente, né ad entrare nell’area di governo né nel gioco parlamentare, fino a Craxi che, per la prima volta e cogliendo il segno dei tempi, fece partecipare alle consultazioni Giorgio Almirante. L’arco costituzionale fu anche uno dei capolavori politici del Pci, la vera conventio ad excludendum stabilizzata dopo il governo Tambroni e i fatti di Genova. Per intenderci: Almirante si presentava alle elezioni, andava in televisione, parlava in Aula, era inserito appieno nel gioco democratico, perché l’Italia democratica era più forte dei nostalgici, ma i suoi voti, anche parlamentari, erano ritenuti inservibili proprio perché non si riconosceva nel sistema di valori repubblicani.
Questo è stata Fiuggi e il dopo Fiuggi: l’uscita dal ghetto non numerico, perché a livello elettorale lo sdoganamento era già avvenuto nelle amministrative del ’93, e Alleanza nazionale esprimeva ben cinque ministri nel governo Berlusconi. Ma politico.
La legittimazione a governare te la dà il popolo, ma in nome del popolo si possono compiere passi avanti o pass indietro. E Fini non aggirò il nodo dell’anomalia della destra italiana: “L’antifascismo – disse – fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. E ancora: “La vergogna incommensurabile delle Leggi razziali brucerà per sempre nella coscienza di uomini e di italiani”.
Un processo specularmente opposto a quello compiuto da Giorgia Meloni che, al contrario, ha utilizzato il consenso per un recupero dell’ambiguità, funzionale al nuovo disegno sovranista. In questo senso sì, c’è un salto enorme, non solo in termini di involuzione a destra, ma anche di coerenza costituzionale. In mezzo c’è che è cambiato il mondo attorno, che impatta anche sulla sensibilità collettiva in materia. Perché Fini colloca Alleanza Nazionale, nell’ambito di quelle destre golliste e conservatrici che il fascismo lo hanno combattuto e sconfitto, Giorgia Meloni non si considera l’eccezione nel mondo che ha espresso come regola Trump, Johnson e la Le Pen. Anzi ritiene che il gollismo e il tradizionale conservatorismo siano superati dalla storia, vecchi arnesi versi i quali ha lanciato la sfida della sua egemonia, anche in buona compagnia della gran parte della destra italiana.
E se regge l’accusa, tutta politica, e sono squadernate le contraddizioni, tutte politiche, di chi ha giurato sulla Costituzione antifascista ma poi ha problemi ad andare a Corso Italia a dare la solidarietà coram populo a Landini, è più problematica la teoria di un nuovo “arco costituzionale” e non solo perché servirebbe una legge elettorale proporzionale – complicato mettere qualcuno nel ghetto col maggioritario – ma perché è radicalmente cambiata la costituzione materiale del paese e del sistema politico.
Al punto tale che sono vent’anni che si parla della necessità di un nuovo patto, e di una nuova reciproca legittimazione, ma poi l’unico discutibile terreno su cui questo è stato possibile è stata la riduzione del numero dei parlamentari, votata anche da Pd e Fratelli d’Italia. Una modifica dalla cifra tecnicamente populista, ma tant’è. Secondo quel voto una Repubblica dell’antipolitica è già nata, senza tanti esami del sangue su fascismi vecchi e nuovi.
(da Huffingtonpost)
Leave a Reply